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20 aprile 2024
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Mal comune ….. mezzo gaudio?

Michele Marchi - 15.11.2014

La metà del mandato ha spesso colto gli inquilini dell’Eliseo in difficoltà. Ma a due anni è mezzo dalla sua elezione, François Hollande si trova nel bel mezzo di un vero e proprio incubo politico.

De Gaulle, eletto a suffragio universale diretto nel 1965, ha vissuto il trauma di metà mandato nel maggio ’68. La riscossa del voto anticipato è durata meno di un anno e poi sono giunte le dimissioni dopo la bocciatura del referendum sulla riforma del Senato. Per Pompidou eletto nel 1969, la metà del settennato ha coinciso più o meno con il non esaltante (per partecipazione) referendum sull’ingresso di Londra nella Cee. Il suo successore Giscard ha iniziato un po’ prima della metà, dall’aprile 1977, ad incontrare problematiche, soprattutto economiche, di complicata risoluzione. Ma sono forse Mitterrand e Chirac, nei loro due rispettivi primi mandati, ad avere vissuto in maniera peggiore il passaggio di boa. Per Mitterrand l’autunno 1984 giunge dopo la traumatica svolta del rigore dell’anno precedente, ma soprattutto dopo la doppia debacle di giugno: manifestazioni oceaniche contro la legge Savary (insegnamento laico e repubblicano) e disastrose elezioni europee. Nemmeno il cambio a Matignon, con l’arrivo del giovane Fabius, impedì la prima coabitazione dopo la sconfitta alle legislative del 1986. Addirittura Chirac ha “festeggiato” la metà del suo mandato, nel 1998, nel bel mezzo di una coabitazione da lui stesso provocata con l’inutile scioglimento dell’anno precedente. Dunque si potrebbe concludere che l’attuale situazione di Hollande non sia poi così “speciale”. Attenzione però. Prima di tutto nei casi citati l’orizzonte potenziale dei presidenti in carica era di altri tre anni e mezzo e il tempo trascorso in carica era stato della stessa durata. Oggi a stupire è quindi, innanzitutto, quanto rapidamente sia crollato il livello di fiducia nei confronti dell’attuale presidente e allo stesso tempo quanto esiguo sia oramai quello a disposizione prima dell’avvio della nuova campagna elettorale. leggi tutto

Valls il riformista: niente di nuovo sotto il sole?

Michele Marchi - 01.11.2014

La recente intervista al rinnovato “L’Obs” (“Le Nouvel Observateur”) del Primo ministro francese Manuel Valls è il “piatto forte” del dibattito politico francese. Valls è entrato con una certa decisione nella querelle che si è aperta dopo il rimpasto di governo di fine agosto e nel tentativo conseguente di strutturarsi di una vera e propria “opposizione interna” al PS, guidata dagli ex-ministri Filipetti, Hamon e Montebourg. A questi, peraltro, si è aggiunta dopo mesi di silenzio Martine Aubry, con una tagliente intervista il 19 ottobre scorso. Il tutto deve poi inserirsi nel quadro degli Stati Generali del PS, voluti dal segretario Cambadèlis, la cui conclusione è prevista per inizio dicembre.

Insomma i socialisti si dividono, litigano, meditano scissioni. Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire. La storia del socialismo francese è ricca di duelli, ideologici e personali. Senza rimontare alle differenze tra Guesde e Jaurès, si può ricordare lo scontro Blum-Mollet, all’indomani della Seconda guerra mondiale, passare a quelli tra Mitterrand e Rocard per giungere, naturalmente semplificando e sintetizzando, alla “rissa” tra Aubry e Segolène Royal nel 2008, dopo il congresso di Reims. In questo ennesimo scontro all’interno del PS alcune novità devono essere considerate.

Intanto bisogna partire dalle parole di Valls. Il Primo ministro in carica ha parlato di una sinistra “pragmatica, riformista e repubblicana”. Ha poi ribadito di non voler pronunciare il termine “socialista” e ha aggiunto di non escludere l’ipotesi di cambio del nome “parti socialiste”. leggi tutto

Alain Juppé, ovvero il momento di gloria dell’“usato sicuro”.

Michele Marchi - 21.10.2014

In Francia si è diffusa una vera e propria “Juppé-mania”. L’evento è doppiamente interessante. Se sulla competenza di Juppé non si è mai discusso, non hanno mai convinto il suo scarso carisma e la sua debole propensione ad essere in sintonia con il Paese, né è mai stata apprezzata la sua presenza negli angoli meno chiari, soprattutto da un punto di vista economico, della storia del movimento gollista. L’ondata di fiducia nei confronti del sindaco di Bordeaux è ancora più significativa se si pensa che non è stata scalfita nemmeno dal rientro in campo di Nicolas Sarkozy, impegnato oramai da un mese nella corsa per la presidenza dell’UMP. Come si spiega il consenso di Alain Juppé? Quali sono le reali possibilità di vederlo candidato all’Eliseo nel 2017? Per avanzare qualche ipotesi, è necessario ricordare chi è Juppé.

Da sempre uomo di fiducia di Jacques Chirac, Juppé viene eletto al Parlamento europeo nel 1984 sull’onda del trionfo della lista RPR-UDF guidata da Simone Veil. Ben presto lascia Strasburgo perché nel 1986 è ministro del Bilancio e portavoce del primo governo di coabitazione della Quinta Repubblica, non a caso guidato dallo stesso Chirac. Nel 1993 è poi nuovamente al governo, come ministro degli Esteri, nel secondo esecutivo di coabitazione, questa volta con Edouard Balladur a Matignon. L’elezione a presidente della Repubblica di Chirac nel 1995 lo conduce a sua volta a Matignon, dove resta due anni, sino alla scellerata scelta dello stesso presidente di sciogliere l’Assemblea nazionale. leggi tutto

Renzi e l’europeismo: bino e forse trino

Michele Marchi - 11.10.2014

Dopo l’introduzione del Trattato di Lisbona e quella conseguente del presidente fisso del Consiglio europeo, la presidenza di turno dell’Ue ha perso parte della sua rilevanza. A questo dato strutturale si deve aggiungere che l’attuale semestre di presidenza italiano sta risentendo della complessa congiuntura successiva alle elezioni europee del maggio scorso. In particolare la nascita della nuova Commissione ha tempi tecnici piuttosto lunghi, così come intense sono le audizioni parlamentari alle quali si devono sottoporre i Commissari incaricati. In definitiva il margine di manovra “politico” del presidente di turno in circostanze così eccezionali è ulteriormente ridotto. Eppure in alcune recenti occasioni Matteo Renzi ha fornito una descrizione piuttosto chiara e anche, a suo modo, coerente del tipo di europeismo che la “sua” Italia vuole, o almeno vorrebbe, incarnare. Più che nel discorso di avvio del semestre, pronunciato di fronte al Parlamento europeo, quando Renzi si è limitato a un non originale richiamo all’anima europea da contrapporre alla fredda e grigia eurocrazia, l’europeismo di Renzi lo si è scorto nell’azione. L’ex sindaco di Firenze offre il meglio di sé quando riesce a dispiegare il suo volontarismo e il suo approccio pragmatico e a-ideologico. Nella “battaglia” per ottenere la poltrona di Alto Rappresentante per Mogherini e al recente vertice milanese sulla disoccupazione si è mostrato, in tutta la sua evidenza, il Renzi pensiero/azione a proposito del ruolo italiano nel processo di integrazione europea. La battaglia per ottenere la poltrona di Alto Rappresentante e quella conseguente per imporvi un candidato considerato non particolarmente “forte”, è stata prima di tutto una scommessa “personale” di Renzi. leggi tutto

Sénat 2014: se Marine si invita al Palais …

Michele Marchi - 04.10.2014

Nel settembre del 2011 la storica conquista della maggioranza al Senato da parte del PS era stata l’ultimo segnale di una costante progressione socialista nel Paese e nelle sue istituzioni, culminata con l’elezione di Hollande all’Eliseo del maggio successivo. Con l’arrivo di Jean-Pierre Bel allo scranno più alto del Palais du Luxembourg, i socialisti, per la prima volta nella storia della Quinta Repubblica, guidavano il Senato. Tre anni di tempo, il rinnovo della metà dei senatori e il centro-destra (UMP e UDI) torna in sella, con 34 senatori di distacco ed elegge l’UMP Gérard Larcher alla testa della Camera Alta. La rincorsa della destra repubblicana all’Eliseo è dunque cominciata? La strada è ancora lunga, ma questo voto di fine settembre racchiude una molteplicità di significati politici, che vanno al di là della sola riconquista UMP della maggioranza al Palais du Luxembourg.

Prima di tutto bisogna ricordare le caratteristiche peculiari del Senato francese, a partire dal fatto che i suoi membri sono eletti a suffragio universale indiretto. A scegliere ogni tre anni la metà dei componenti della Camera alta sono poco meno di novantamila grandi elettori, per la stragrande maggioranza delegati dei consigli municipali. Per questo motivo il Senato della Quinta Repubblica rimane, come amava definirlo Léon Gambetta, “il grande consiglio dei comuni di Francia”. Nel corso della III Repubblica il Senato è nato con l’obiettivo di depotenziare il carattere “rivoluzionario” ed “eversivo” della Camera bassa, eletta a suffragio universale diretto. Al Palais du Luxembourg dovevano trovare espressione le esigenze della Francia rurale, spesso monarchica, ma comunque nazional-conservatrice. leggi tutto

Un duello tra deboli?

Michele Marchi - 23.09.2014

Tra il 18 e il 21 settembre la politica francese ha effettuato la sua vera rentrée. Prima la quarta conferenza stampa del quinquennato di Hollande, importante perché successiva al rimpasto di governo di fine agosto e alla pubblicazione del velenoso volume dell’ex compagna Valérie Trierweiler. A stretto giro, tra il 19 e il 21, l’ufficializzazione del ritorno sulla scena politica dell’ex presidente Sarkozy. Per molti osservatori è ufficialmente partita la campagna per le presidenziali del 2017. In realtà è presto per dire se Hollande e Sarkozy saranno davvero tra i candidati del 2017 e, ancora più azzardato, pronosticare un ballottaggio tra i due. Al momento si può rilevare che, ripresentandosi uno di fronte all’altro come nella passata campagna elettorale, i due non hanno nascosto le loro debolezze.

 

Hollande, il “non presidente”


Per quanto riguarda Hollande la sua conferenza stampa non è stata, in assoluto, negativa. In fondo non bisogna dimenticare che ci si trovava di fronte al presidente meno gradito della storia della Quinta Repubblica, alla guida di un Paese in difficoltà economico-finanziarie e socialmente e moralmente allo strenuo delle forze. Hollande ha “tenuto” e ha ribadito la sua intenzione di essere presidente sino alla fine (sottointeso del mandato). Non ha però potuto nascondere le sue quattro grandi mancanze. leggi tutto

Una Commissione “politica”

Michele Marchi - 16.09.2014

La lunga tessitura di Jean-Claude Juncker è giunta ad un primo traguardo. Ora che l’organigramma della sua Commissione è noto, è possibile provare ad ipotizzare verso quale direzione cercherà di puntare l’Unione europea nei prossimi cinque anni. Naturalmente non deve essere trascurato il complicato passaggio dei singoli commissari di fronte alle “bellicose” commissioni del Parlamento europeo. Ma già oggi, una riflessione sulla dimensione “politica” della nuova compagine è possibile farla.

Alcune novità … obbligate

I primi passi di Juncker sono stati condotti all’insegna di alcune novità. La sempre più profonda distanza tra cittadini e istituzioni europee, testimoniata dai continui successi dei partiti politici anti-europei o comunque euroscettici (dalla Francia alla Svezia, passando per la Germania), ha creato una sorta di clima da ultima spiaggia. Servivano messaggi forti e non a caso il neo presidente della Commissione ha parlato di “ultima possibilità per l’Europa”, aprendo la conferenza stampa di presentazione della sua equipe. I dieci anni di Barroso e soprattutto l’assenza della Commissione nella gestione della crisi economica-finanziaria, tutta demandata al Consiglio europeo e al vertice della BCE, imponevano una scossa. Juncker ha deciso di incarnarla prima di tutto con una svolta organizzativa, basata su due pilastri principali. leggi tutto

Un ultimo giro di Valls?

Michele Marchi - 28.08.2014

Il governo di “combattimento” di Manuel Valls è durato meno di cinque mesi. Ora via libera a quello della “chiarezza”. Se il Valls I non è stato protagonista di grandi “battaglie”, il Valls II ha, sin dalla lista dei suoi membri, il pregio della linearità e dell’omogeneità.

 

Una squadra compatta


La coppia Hollande-Valls sembra aver scelto la strada della decisione. Senza cambiare le caselle di ministeri di rilievo (Esteri, Interni, Difesa, ecc..), si è concentrata in maniera “chirurgica” sugli elementi di disturbo. Il nucleo “dissidente” era composto da tre ministri, più uno solidale a questi. Capeggiati da Arnaud Montebourg, ministro dell’economia, critico nei confronti della linea social-liberale della coppia Presidente-Primo ministro, la pattuglia comprendeva anche il ministro dell’Educazione nazionale BenoÎt Hamon e la ministra della cultura Aurélie Filippetti. A questi, più per affinità ideologica che per prese di posizione pubbliche, leggi tutto

Hollande ovvero il fatalismo della “crisi perpetua”

Michele Marchi - 21.08.2014

Dall’entourage del presidente Hollande emerge una frase, attribuita all’inquilino dell’Eliseo. Pare che egli sia solito ripetere, da almeno due anni, una massima che più o meno suona così: “nulla accade mai come previsto”. Ci sono due possibili letture di questa affermazione. Da un lato i detrattori di Hollande, oramai la stragrande maggioranza, la interpreta come l’ennesima boutade. In realtà egli si sbaglierebbe per l’ennesima volta. Tutto ciò che sta accadendo al Paese, perlomeno sul fronte economico-sociale, era ampiamente preventivabile. Solo la scelta di continuare a negare l’evidenza ha potuto nascondere la pessima situazione economica. Dall’altro lato i pochi commentatori e fedelissimi che credono ancora in lui, considerano le parole di Hollande l’ennesimo tentativo di spingere un’opinione pubblica sfiduciata e arrabbiata fuori dalle secche della stagnazione e del declino. leggi tutto

Silenzio, Juncker lavora …

Michele Marchi - 05.08.2014

A che punto è il lavoro del grande “tessitore” Jean-Claude Juncker? Il neo presidente vorrebbe comporre il puzzle della sua Commissione entro il 30 agosto, in modo che il Consiglio straordinario di fine estate sia soltanto un momento di cordiale ratifica da parte dei capi di Stato e di governo. Peraltro un risultato di questo genere fornirebbe a Juncker tempo prezioso per preparare i commissari al complicato passaggio di fronte alle varie commissioni parlamentari, che dovranno ufficialmente dare il via libera alle sue scelte.

Nonostante questi buoni propositi e un lavorio diplomatico tra le capitali, che non permetterà all’ex premier lussemburghese un agosto di riposo, i dubbi e le incognite sono ancora molti e il quadro pare ben lungi dall’essere completato. leggi tutto