Ultimo Aggiornamento:
16 marzo 2024
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Argomenti

Verso le europee tra molte insidie e poche certezze

Francesco Provinciali - 09.03.2024

Il 2024 sarà probabilmente un anno decisivo nel processo di configurazione di un nuovo ordine mondiale. Il primo appuntamento – tra due settimane – sancirà per la quinta volta la leadership incontrastata di Vladimir Putin: l’ultimo ostacolo interno che poteva essere rappresentato dall’oppositore Alexei Navalny è stato rimosso secondo i metodi spicci di Putin. La vedova Navalnaya, parlando al Parlamento europeo ha chiaramente ribadito il profilo di autarchia assoluta del Cremlino e la caratterizzazione definita “criminale e mafiosa” dello Zar. Siamo di fronte – dopo le tragedie delle dittature del XX secolo – ad un regime altrettanto autoritario e privo di remore morali: la devastazione dell’Ucraina iniziata due anni fa sembra arrivata ad un punto di non ritorno. Nel discorso annuale sullo stato della nazione – durato oltre due ore – Putin ha adombrato ancora una volta il ricorso all’uso di armi nucleari qualora l’Occidente e la Nato – come ipotizzato da Macron – inviassero truppe ed armi pesanti nel territorio Ucraino. Un discorso duro e sferzante che va letto anche come programma legato alla campagna elettorale e accreditamento personale: una competizione peraltro senza rivali, ricordiamo la fine di Evgenij Prigožin, quella spietata di Navalny che è l’ultimo anello di una lunga catena di eliminazione fisica degli oppositori. Si leggi tutto

La partita che si giocherà in Europa

Paolo Pombeni - 10.01.2024

L’attenzione verso la politica si concentra su aspetti certo non marginali, ma non per questo decisivi: molta eccitazione per il previsto duello televisivo Schlein-Meloni (spettacolo più che altro), conflitto interno alla maggioranza sulle candidature alle regionali in Sardegna (ma qualcosa di non troppo diverso c’è anche a sinistra), polemichette varie su parlamentari pistoleri, manifestazioni neofasciste, inchieste per corruzione. Eppure la questione fondamentale per il nostro futuro si colloca in Europa e su questo, almeno pubblicamente, l’interesse sembra scarso.

La tornata di elezioni per il parlamento della UE che si terrà il 9 giugno è vissuta dalla nostra classe politica come una specie di grande sondaggio certificato: l’obiettivo è testare quanto consenso avrà ciascun partito e magari anche ciascun leader. Della quota di elettorato che non si pronuncia nei sondaggi, circa il 40%, ci si preoccupa poco, nonostante che visto quel che è successo nelle precedenti tornate elettorali ci sia da aspettarsi una quota anche maggiore di astensionismo. Temiamo che in fondo i politici non vogliano impegnarsi più di tanto a risvegliarlo, per la semplice ragione che nessuno sa in quali direzioni si orienterebbe (ovviamente in pubblico ogni partito sostiene che il ritorno in campo degli astenuti farebbe crescere il suo bottino elettorale, ma sono parole al vento). leggi tutto

L'anno che verrà

Luca Tentoni - 06.12.2023

Il 2024 sarà un anno determinante per la politica italiana, perché tutte le scommesse di leader e partiti si dovranno confrontare con i dati di numerose e importanti tornate elettorali. In primo luogo, avremo le comunali: si voterà in ventisette capoluoghi di provincia, fra i quali Bari, Bergamo, Cagliari, Campobasso, Ferrara, Firenze, Forlì, Livorno, Modena, Perugia, Pescara, Potenza, Reggio Emilia e Sassari. Le amministrative del 2023 hanno visto il centrosinistra in grave difficoltà, quindi le città - soprattutto le maggiori - saranno il campo di battaglia dove si misureranno la destra capeggiata dalla Meloni e il centrosinistra della Schlein (con o senza il M5s, che in questo tipo di elezioni vede i suoi elettori defezionare in massa, dunque è quasi sempre ininfluente). Poi avremo le regionali in Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria, dove la destra ha tutto da perdere, perché gli uscenti sono tutti della coalizione della Meloni. In queste realtà non si vedrà soltanto se il centrosinistra avrà la capacità di rianimarsi, ma anche se i "governatori" uscenti saranno ricandidati (c'è il problema di un riequilibrio a favore di Fratelli d'Italia, visto che la scorsa volta il partito della premier era il terzo della coalizione per numero di voti, non come adesso che leggi tutto

La discriminante europea

Paolo Pombeni - 06.12.2023

Giorgia Meloni è sempre più attesa al varco delle elezioni europee: ci saranno fra sei mesi, ma la battaglia, come tutti ripetono, è già cominciata e non certo in sordina. Non è soltanto questione di sparate da comizianti, tipo quella organizzata da Matteo Salvini a Firenze domenica scorsa. Quella è roba per far un po’ di spettacolo televisivo, neppure riuscita veramente bene, visto che metteva insieme di tutto e di più: da partiti robusti, per quanto poco attraenti come quelli di Marine Le Pen e di Geert Wilders (per tacere della impresentabile tedesca AfD) a partitelli insignificanti che propugnavano teorie che non si sa definire folkloristiche o pazzoidi. Non è da ammucchiate di quel genere che ci si può aspettare una svolta in Europa.

Il tema chiave è il ruolo che il governo italiano e il suo vertice possono scegliere di giocare oggi in una Unione Europea percorsa da tensioni e fratture. Lo si vedrà ben prima della scadenza elettorale del giugno 2024, perché è in questi mesi che si affrontano alcuni nodi cruciali, il primo dei quali è indubbiamente la decisione sul sistema di bilancio che si sceglie per la UE post pandemia. Come si sa, il tema è molto dibattuto, perché non si trova l’accordo fra la difesa leggi tutto

Cose di un altro mondo?

Paolo Pombeni - 11.10.2023

Con quel che sta accadendo in Israele la situazione in Europa e in Italia rimarrà o ritornerà ad esser quella di prima? Difficile pensarlo. La guerriglia terroristica su larga scala intrapresa da Hamas è qualcosa di diverso da quel che avevamo visto sin qui nel lungo conflitto israelo-palestinese: per intensità, per obiettivi e per il contesto in cui si inserisce. Crediamo di poter dire che si intravede un altro mondo rispetto a quello che era stato costruito fino all’inizio del nuovo millennio.

È abbastanza evidente che un’azione di quella ampiezza e di quella portata non è pensabile come nata semplicemente dalla pur agguerrita organizzazione di Hamas. Servivano troppi soldi (mille razzi hanno un costo proibitivo per una componente non statale e limitata) e un addestramento meticoloso delle forze impiegate che hanno anche usato mezzi non usuali come i deltaplani (impossibile che questo sia stato fatto nella striscia di Gaza monitorata costantemente dagli israeliani). Dunque qualcuno o più d’uno ha dato soldi e spazi ed opportunità per prepararsi.

Poi c’è il contesto particolare: tutto avviene nel momento in cui la guerra in Ucraina sembra in un relativo stallo, mentre in Europa cresce una opinione pubblica stanca di sostenere attivamente quella guerra. Al tempo stesso leggi tutto

Il gioco pericoloso con la questione europea

Paolo Pombeni - 20.09.2023

Una volta di più la questione dei flussi migratori scuote la politica italiana e quella europea. C’è la solita guerra di numeri, in cui ciascuno gioca a dir poco disinvoltamente. Il ministro francese degli interni Darmanin (un giovane leone che sembra punti a correre alle prossime presidenziali per succedere a Macron) dice che la Francia non può farsi carico di parte degli sbarcati a Lampedusa perché ha già accolto più dell’Italia: secondo Eurostat 93mila persone contro le 62mila presenti in Italia. Prontamente si accodano Germania ed Austria, ma anche tutti gli altri stati che evitano però di dirlo.

Facciamo qualche piccolo raffronto semplicemente preso da Internet ed è quello delle dimensioni. L’Italia secondo i dati ufficiali 2021 ha un territorio di 302.068 kmq, e 59,11 milioni di abitanti; la Francia occupa 551.695 kmq ed ha 67,75 milioni di abitanti; la Germania 357.592 kmq e 83,2 milioni di abitanti. Dunque i problemi non sono quelli della capienza per l’accoglienza.

Il problema è chiaramente quello del rapporto che ogni paese ha con le proprie opinioni pubbliche interne che sono poco disponibili a vedere incrementi nel numero di immigrati sul loro territorio. Del resto il Front National in Francia è forte, in grande crescita AfD in Germania e via elencando. Per scaricarsi la leggi tutto

Piano con le parole

Paolo Pombeni - 26.07.2023

Un tempo l’estate era il momento del libero sfogo delle provocazioni politiche: li chiamavano “ballon d’essai” e si pensava servissero a buttare dei sassi nello stagno di un’estate in cui la gente, sotto l’ombrellone o sui monti, lasciava correre dando a quelle parole il peso inconsistente che avevano.

Non è più così, un po’ perché i periodi di ferie si sono ridotti anche per i politici, un po’ perché nella pubblica opinione le preoccupazioni per il futuro crescono: sia quelle dipendenti dalle angosce esagerate a cui indulge la comunicazione, sia quelle che nascono da analisi più serie su una contingenza che non si capisce ancora come potrà evolversi.

Proprio per questo sarebbe bene che i politici imparassero a misurare le parole in vista delle scadenze che ci attendono. Un esercizio certo non facile con la pressione dei talk show e con la convinzione che se non si sta costantemente sotto i riflettori non si guadagnano voti. Eppure, come si è visto più volte, il buttarsi in spericolati esercizi retorici porta poi a vedersi chiedere conto di quel che si è promesso e delle intemerate sui più diversi argomenti propalate a piene mani.

Sarebbe bene che tutti iniziassero a prendere in considerazione il fatto leggi tutto

Due destre e mezzo

Paolo Pombeni - 05.07.2023

Come hanno già detto tutti, e noi con loro, le elezioni europee costituiscono una prova piuttosto impegnativa per le forze politiche: non solo per le variegate opposizioni di sinistra che si vedranno fotografate nel loro consenso (anche se non quello vero per le competizioni italiane, ma quello più o meno di opinione), ma anche per la coalizione di destra-centro che si rivelerà meno solida di quanto vuole apparire.

I temi unificanti nelle contese elettorali sono pur sempre la conquista di posizioni di potere. Nel caso delle urne europee, stante il peso limitato che ha quel parlamento, il più si risolve, almeno in prima battuta, nella designazione del presidente della Commissione europea. Da come si chiuderà quella partita dipendono poi in piccola parte gli equilibri nell’intera commissione (ma in questo caso i singoli membri vengono principalmente designati dagli stati, semmai c’è qualche spazio per negoziare su vicepresidenti e altre cariche), ma soprattutto dipenderà la presidenza dell’europarlamento. Non sono posizioni di scarso significato e questo spiega i calcoli e le tattiche che si stanno mettendo in campo anche in Italia.

Ridotta in termini semplici la questione è se la precedente maggioranza che faceva perno sull’accordo PPE+PSE sia riproponibile dopo i risultati delle urne leggi tutto

La riforma elettorale tedesca

Stefano Cavazza * - 03.05.2023

Il Bundestag conta attualmente 736 deputati, il numero più alto nella storia del paese. Inizialmente fissato a 402 seggi e poi salito fino a 598 nel 2002, in realtà il numero dei seggi è sempre variato in funzione dei meccanismi della legge elettorale. Il sistema elettorale - introdotto nel 1949, modificato nel 1953 e poi soggetto a piccole modifiche - prevede che ogni elettore assegni due voti: dal 2002, con il primo, vengono scelti 299 candidati di collegio applicando il maggioritario semplice, con il secondo si partecipa alla distribuzione proporzionale di tutti i 598 seggi a condizione di superare la soglia del 5% o di avere conquistato almeno tre mandati diretti con il primo voto. Tuttavia, fino al 2009, nel caso che il numero dei seggi di collegio fosse stato superiore ai seggi attribuiti con il proporzionale, questi seggi sarebbero stati assegnati come mandati in eccedenza (Überhangmandate). Se tra il 1949 e il 1987 l’impatto della misura era stato limitato con un massimo di 5 mandati attribuiti nel 1961, con l’aumento del numero dei partiti e la diversificazione del voto, la quota di questi mandati era successivamente cresciuta arrivando a 24 nel 2009.

Nel 2008 e nel 2012 la Corte costituzionale di Karlsruhe si espresse in difesa del mantenimento della proporzionalità fissata dal secondo voto e di conseguenza, il legislatore introdusse i leggi tutto

Comunicazione, guerra e diplomazia: una riflessione

Stefano Cavazza * - 26.04.2023

Il 21 febbraio 1916 i tedeschi catturarono il forte di Douaumont, parte della cintura difensiva di Verdun. Presi in contropiede dalla notizia, i francesi risposero con un comunicato che descriveva un’aspra battaglia, costata ai tedeschi pesanti perdite, e un’avanzata francese in corso attorno al forte. La realtà era completamente diversa. Come scrisse Walter Lippmann all’indomani della Grande Guerra, non c’era stata alcuna battaglia né perdita. La maggior parte della ridotta guarnigione francese si era rifugiata nei piani inferiori per via dei bombardamenti e un piccolo gruppo di genieri tedeschi riuscì ad evitare la sorveglianza e ad entrare di nascosto facendo prigionieri gli occupanti senza scontri. Di fronte alla perdita del forte, lo stato maggiore francese mise in scena una rappresentazione immaginaria per trasmettere all’opinione pubblica l’idea di un’offensiva francese vincente. Nemmeno i tedeschi raccontarono la verità tanto da decorare inizialmente un ufficiale estraneo all’azione e solo negli anni Trenta chi era stato alla guida del manipolo di soldati tedeschi. Lippmann usò questo caso per mostrare l’impatto distorsivo della propaganda di guerra rispetto alla verità, un’asserzione che vale per tutti i conflitti che sono seguiti e che ritroviamo oggi nei resoconti della guerra in Ucraina.

La gestione dell’informazione durante i conflitti è parte integrante leggi tutto