Ultimo Aggiornamento:
24 aprile 2024
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Una politica da psicanalisi

Paolo Pombeni - 05.04.2023

Mentre la casa rischia di bruciare i pompieri discutono su chi di loro ha pagato le bollette dell’acqua e su che colore debbano avere le bocchette a cui attaccare le pompe antincendio. È questo l’azzardata metafora che ci viene alla mente osservando il dibattito politico attuale. Da un lato l’avviarsi più che stentato della “messa a terra” del PNRR mette a rischio i finanziamenti del Recovery europeo fino al punto che si ipotizza di rinunciare ad una parte di essi. Dal lato opposto le forze politiche si perdono in giochetti che dipendono dalle pulsioni a sfruttare le scorciatoie dei pregiudizi e dei riflessi condizionati da cui ampiamente dipendono i vari schieramenti.

Ci viene difficile non inquadrare in questo secondo ambito sia le sparate su fascismo e antifascismo delle due sponde, sia le trasformazioni in sterili dibattiti sui “diritti” di quanto dovrebbe riguardare il governo dei cambiamenti sociali e culturali che sono cresciuti senza gli opportuni interventi di mediazione lasciando tutto vuoi all’individualismo sfrenato vuoi alla cieca illusione di ritornare ad un mondo che non c’è più.

La contingenza del rischio di disperdere una opportunità unica come è il finanziamento del Recovery europeo dovrebbe spingere tutti a “mettersi alla stanga” come ha autorevolmente chiesto il presidente Mattarella. leggi tutto

I problemi profondi del paese

Paolo Pombeni - 29.03.2023

Le piccole baruffe della politica politicante appassionano poco il paese. Le sistemazioni correntizie in Forza Italia e nel Partito Democratico sono roba per addetti ai lavori, le intemerate di Salvini sull’immigrazione opera di oscuri burattinai sono battute di repertorio. Andrebbe rilevato che la politica al momento coinvolge poco la gente e che i media per aizzare le curiosità degli utenti devono ricorrere a rappresentazioni emotive: i bambini senza diritti concepiti con le gravidanze per procura, quelli morti nei naufragi delle carrette del mare. Non che siano, in particolare i secondi, eventi immeritevoli di compassione, ma toccano fenomeni circoscritti, mentre di quelli di interesse generale ormai ci si occupa molto poco.

Sulle nostre debolezze strutturali messe a nudo dalla gestione dei fondi del PNRR c’è un’attenzione superficiale, così come è scivolata rapidamente nel nulla la constatazione delle molte disfunzioni del nostro sistema di sanità pubblica emerse con le indagini della procura di Bergamo. Quando i politici ne parlano lo fanno solo per colpevolizzare gli avversari, come se chi denuncia fosse privo di responsabilità.

Qualsiasi obiettivo indagatore delle origini delle nostre difficoltà non ha esitazioni a ricostruire come tutto abbia origini da una dissennata gestione della nostra struttura di burocrazia pubblica, un fenomeno leggi tutto

Un momento politico serio

Paolo Pombeni - 22.03.2023

A seguire i dibattiti sui media non sembrerebbe che si stia vivendo un momento politico molto delicato. Non perché in quelle sedi manchino drammatizzazioni e denunce di fatti che, ci viene detto, richiederebbero decisioni supreme, ma perché ciò di cui si discute non rappresenta la delicatezza di questa fase.

Intendiamoci: ci sono senz’altro fenomeni allarmanti che richiedono una seria presa in carico come è per esempio la questione ambientale, ma si tratta di emergenze la cui soluzione richiede tempi lunghi e un lavoro per passi successivi (insieme ad un contesto più ampio). Ci sono invece fatti che incombono e su cui sarebbe necessario lavorare per la costruzione di una consapevolezza largamente condivisa perché vanno accelerati gli interventi per fronteggiarli.

Il più rilevante al momento è l’incancrenirsi della situazione in Ucraina. C’è infatti una guerra in Europa che si è trasformata in uno scontro imperiale per il ridisegno degli equilibri mondiali. La Russia di Putin non riuscendo a portare a compimento in tempi brevi un atto di espansionismo vecchia maniera ha trasformato questa sua avventura scellerata in una prova generale per la sconfitta del ruolo egemone degli USA. Lo sta facendo spingendo la Cina a sostenerla proprio in virtù di questa trasformazione del conflitto

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I dilemmi della politica: polarizzazione o centro vitale?

Paolo Pombeni - 15.03.2023

Di fronte a quanto stiamo assistendo in questi giorni viene in mente una vecchia diatriba che ha diviso per decenni gli studiosi di politica, specie italiani: se la miglior organizzazione di un sistema politico sia quella che vede contrapporsi due fronti netti e distinti, la destra e la sinistra, o se sia quella che ne affida la guida ad un centro “vitale” in quanto capace di comporre il buono che c’è da una parte e dall’altra.

Detta così la teoria è un poco schematica, ma riflette l’andamento del dibattito pubblico nel nostro paese dopo la fine della cosiddetta repubblica dei partiti. Quando quella era in auge molti studiosi si lamentavano che da noi non ci fosse il bipolarismo che allora si pensava caratterizzare le grandi democrazie: Gran Bretagna e USA in primis, ma, sia pure con qualche sbavatura, anche la Germania Federale. I pochi che non accettavano questa impostazione badavano a dire che al contrario da noi la forza del sistema veniva da un grande centro, nella fattispecie la DC, che era, per usare una famosa definizione di De Gasperi, un partito di centro che guardava a sinistra (lui a destra, lo si dimentica, non voleva guardare). leggi tutto

La conoscenza affidata ai PM?

Paolo Pombeni - 08.03.2023

È accesa la polemica sull’indagine avviata dalla procura di Bergamo circa la gestione del Covid in quell’area. Siamo davanti ad una situazione curiosa. Da un lato quasi tutti a dire che non tocca ai magistrati la ricerca della verità “storica”, ma solo quella dei reati perseguibili. Dal lato opposto tutti i media che approfittano di quel che hanno scoperto gli inquirenti per ricostruire ciò che accadde in quei terribili giorni. Val la pena di farci una riflessione.

Che non sia compito dei magistrati far luce sulle “verità” dei comportamenti quando questi non si configurino come reati è abbastanza pacifico. Diciamo che una parte almeno della magistratura inquirente e anche di quella giudicante non è esattamente di questa opinione e si lascia volentieri andare, vuoi nei rapporti con i media, vuoi anche nel motivare le sue azioni negli atti formali a rivendicare il ruolo di supremi censori dei mali sociali. Non è un bel vedere né è una buona pratica: si mette a rischio il ruolo della magistratura come “potere neutro” rispetto al governo e al parlamento, ma anche rispetto ai cittadini. Farsi schermo della possibilità di intravvedere “reati” nei vari comportamenti non è poi particolarmente difficile con leggi che non possono dettagliare bene i confini delle leggi tutto

PD: la vittoria del massimalismo intellettuale

Paolo Pombeni - 01.03.2023

Di fronte alla vittoria di Elly Schlein su Stefano Bonaccini la prima riflessione che viene d’istinto è che ha vinto “occupy pd”. Era la scimmiottatura di “occupy Wall Street” ed era stata messa in campo per protestare contro la bocciatura della candidatura di Prodi alla presidenza della repubblica da parte di una componente del partito che l’aveva approvata all’unanimità (i 101 traditori nel segreto dell’urna). L’attuale segretaria del PD faceva parte di quella manifestazione e grazie ad essa era stata subito assorbita da un partito che era alla ricerca di raccogliere nel suo seno i fermenti barricadieri. Che alla (relativamente) lunga quelli sarebbero riusciti ad occuparlo per davvero allora non ci pensava nessuno.

Eppure quel che è successo è esattamente questo: le sceneggiate di moda, le parole d’ordine delle narrazioni dei nuovi predicatori della politica televisiva, la frustrazione degli intellettuali che per sentirsi interpreti del futuro se lo devono inventare a loro uso e consumo, hanno portato a sconvolgere le normali dinamiche dei partiti politici, cioè la loro capacità di esprimere leadership producendola nel crogiolo del lavoro concreto dei propri militanti e simpatizzanti.

La vittoria di Schlein è stata netta, per quanto non strabordante, ma certo non è venuta da quel mondo dei “margini” a cui leggi tutto

Uno strano partito s’avanza?

Paolo Pombeni - 22.02.2023

L’elezione del segretario del PD che avverrà domenica 26 febbraio con le cosiddette primarie dovrebbe suscitare qualche riflessione sullo stato della “forma partito” nel nostro contesto italiano. Nonostante le non poche vicissitudini che hanno portato alla sua formazione, il Partito Democratico rimane forse l’unico che aveva conservato un rapporto con la tradizione dei partiti di massa novecenteschi: una articolazione territoriale con una tradizione di partecipazione popolare, un sistema di selezione delle classi dirigenti che derivava dal percorso interno nella vita del partito, un sistema decisionale di tipo competitivo fra le sue componenti.

Negli altri partiti si è affermata ormai una deriva leaderistica che identifica ciascuno con un “capo” (massimo due o tre), con scarso o per lo più inesistente dibattito interno, con una selezione delle classi dirigenti legate alle fedeltà col vertice, con insediamento territoriale per lo più di facciata. Fa una parziale eccezione FdI, che aveva le caratteristiche della forma partito classica, ma che le sta perdendo, anzi forse le ha già perdute travolta dell’improvviso balzo elettorale.

Ma torniamo al PD. Ciò che colpisce nella vicenda di un presunto percorso costituente è innanzitutto la sua lungaggine. In astratto in una “comunità” (come usano definirsi) che dovrebbe discutere e confrontarsi di continuo e leggi tutto

Interpretare il test elettorale

Paolo Pombeni - 15.02.2023

Adesso abbiamo i risultati del tanto atteso primo test elettorale che doveva verificare se quel che è accaduto il 25 settembre è stato un episodio contingente o rappresenta l’inizio di un trend destinato a durare. Come sempre si possono esaminare i dati con la lente degli specialisti nelle analisi elettorali (non è il nostro mestiere, per noi lo farà questo sabato Luca Tentoni), ma si può anche tentare una lettura più panoramica, pur con tutti i rischi che questo comporta.

Partiamo dal dato dell’astensionismo che è indubbiamente rilevante. I votanti oscillano tra il 41% in Lombardia e il 37% in Lazio. Non è la prima volta che si vede, perché il 37% si era già registrato in Emilia-Romagna nel 2014: anche allora c’era un vincitore dato per scontato (Bonaccini che nelle primarie di partito aveva sconfitto il prof. Roberto Balzani) e pochi interpretarono il dato come preoccupante. Tuttavia il vedere che questa volta su 12 milioni e più di elettori ha disertato le urne il 60% è senz’altro preoccupante. Però, se ci è permesso, è la base per capire quel che è successo.

La politica non è più una questione che coinvolge la grande maggioranza dei cittadini, convinti che ci sia un dovere di partecipare scegliendo fra le alternative in campo. Togliamo subito dal tavolo la sciocchezza leggi tutto

Una politica in mano alla faziosità

Paolo Pombeni - 08.02.2023

Ad inizio della prossima settimana avremo come si usa dire scavallato anche le regionali di Lombardia e Lazio, la più probabile spiegazione del perché stiamo assistendo ad uno sfoggio notevole di faziosità. Non che i cosiddetti test elettorali finiscano lì: il 2-3 aprile le urne si apriranno in Friuli Venezia Giulia, altro caso non certo marginale; si è in attesa di avere una data per il Molise e in autunno sarà la volta del Trentino-Alto Adige. Ma ovviamente la scadenza del 12-13 febbraio incombe e siccome tocca due regioni non solo importanti, ma anche molto popolate i risultati assumeranno un rilievo notevole.

Più cresce la preoccupazione per una partecipazione ridotta (alcuni prevedono un astensionismo intorno al 50% degli aventi diritto), più si punta a giocare tutte le carte possibili per uscire dalla prova. La contrapposizione radicale si ritiene abbia un ruolo di mobilitazione: se si prende il caso dell’Emilia Romagna, nella tornata del 2014, quando non c’era praticamente competizione e la vittoria del candidato del PD (Bonaccini) era data per scontata votò il 37% degli aventi diritto; nel 2021 quando la lotta fra il ricandidato Bonaccini e il centrodestra trainato personalmente da Salvini (sebbene la candidata fosse Lucia Bergonzoni) produsse una battaglia esasperata votò il 67,6 %. leggi tutto

Il governo e la sfida delle riforme

Paolo Pombeni - 01.02.2023

Giorgia Meloni ha ragione nel sottolineare che le condizioni economiche del nostro paese non sono peggiorate, ma anzi sono un poco migliorate sotto il suo governo, così come a rivendicare l’avvio di qualche azione in politica estera che potrebbe dare risultati interessanti (è doverosa cautela non darli per acquisiti a priori). Giustamente osserva che ha appena superato i 100 giorni di attività e che non sta correndo i 100 metri ma una maratona, cioè che chiede di essere misurata sulla lunga distanza.

Questo non può però far dimenticare che al momento siamo ancora alle bandierine per quel che riguarda alcuni nodi molto importanti che sono se non dei colli di bottiglia, certo dei “rallentatori” (pesanti) sulla strada dell’uscita dalla crisi degli ultimi decenni. Si tratta di tre riforme di grande significato: quelle sulla giustizia, sul presidenzialismo, sulla autonomia differenziata (lasciamo da parte quella che sarebbe decisiva, la riforma del sistema fiscale, perché ci rendiamo conto che lì c’è da aprirsi la strada in una giungla).

Abbiamo usato le etichette correnti, sebbene esse spieghino solo malamente ciò di cui si dovrebbe discutere. Il problema della giustizia non può per esempio essere ridotto alla discussione sulle intercettazioni o sulla separazione delle carriere. leggi tutto