Ultimo Aggiornamento:
20 aprile 2024
Iscriviti al nostro Feed RSS

Una riforma ben poco istituzionale

Paolo Pombeni - 07.02.2024

Sulla legge costituzionale che istituisce il cosiddetto premierato siamo ancora impelagati in parte negli appetiti dei partiti di maggioranza in parte nella voglia di barricate delle opposizioni. Parlarne come una riforma istituzionale per ora pare improprio: di senso delle istituzioni ce n’è davvero poco.

È già piuttosto negativo dover constatare che su un argomento tanto delicato è stata presentata una legge mal scritta e mal pensata tanto da non trovare sostegno nemmeno fra i costituzionalisti che pure erano sensibili agli argomenti del centro destra, i quali se hanno difeso il principio si sono ben guardati dal giudicare positivamente le modalità di scrittura del progetto di legge. Così il ministro Casellati ha dovuto tornare sui suoi passi e mettere mano ad un aggiustamento del testo. Di nuovo però è finita nella appiccicosa ragnatela che hanno costruito i partiti, soprattutto la Lega, sicché siamo lontani da un testo che possa ambire ad una dignità costituzionale.

Il nodo è facile da individuare. L’obiettivo, di per sé accettabile, era rafforzare la presenza di un potere di direzione del sistema da parte del presidente del Consiglio e per farlo si è puntato sull’investitura popolare diretta. Si può concordare o meno con questa impostazione, ma essa è presente sia negli Stati Uniti leggi tutto

Politica estera e polemiche di routine

Paolo Pombeni - 31.01.2024

Ci interroghiamo su quanto conti la politica estera nel raccogliere il consenso di un paese (anche di quello elettorale a cui tanto si guarda in questi mesi). La domanda sorge spontanea nel momento in cui la premier Meloni ha insistito molto su quest’ambito, mentre l’opposizione non la prende adeguatamente in considerazione.

Se dovessimo giudicare dal nostro retroterra storico, concluderemmo che l’opinione pubblica italiana non è mai stata particolarmente attratta dai temi della politica internazionale. Sebbene da qualche decennio i giornali abbiano ampliato gli spazi di analisi per quel che accade nel mondo (prima l’attenzione a questi aspetti era assai più limitata), nel complesso non si può dire che il modo di approcciare le tematiche di politica estera vada oltre qualche ripetizione di slogan e pregiudizi che ciascuna delle parti in campo ha elaborato nella lunga vicenda della sua propaganda politica.

L’eccezione è data dalle figure che guadagnano uno spazio di governo dopo momenti di crisi o anche solo di sbandamento. De Gasperi dimostrò una notevole capacità di cogliere l’importanza delle relazioni internazionali (ma l’aveva sempre fatto anche quando era suddito dell’impero asburgico), ma anche Fanfani e Craxi si impegnarono su quei terreni. Lo stesso fece, pur in modo più che pasticciato, Berlusconi. leggi tutto

Il mito della politica radicalizzata

Paolo Pombeni - 24.01.2024

Sarà per la battaglia elettorale ormai avviata a tutta forza, sarà per l’avvento al potere di nuove generazioni politiche allevate più al movimentismo che alla ricerca di soluzioni da proporre e governare, sta di fatto che ogni giorno che passa cresce la radicalizzazione della comunicazione di partito.

Scriviamo della comunicazione e non necessariamente della politica in sé, perché abbiamo l’impressione che siamo di fronte più ad un universo retorico che non ad un contesto in cui si faccia azione di governo, vuoi come maggioranza, vuoi come opposizione. Il messaggio che si cerca di far passare per tenere compatte le proprie schiere è che siamo ormai in una lotta finale fra il bene e il male e dunque non c’è spazio se non per un confronto che non ammette punti di sintesi e di incontro.

Per la verità, accanto a questo teatro politico c’è ancora nei meandri dei contatti più o meno riservati qualche spazio in cui si cerca di uscire dalle sceneggiate da talk show (per inciso: vi siete accorti che anche quelle sedi diventano sempre più palcoscenici per duelli senza alcun interesse a dare agli spettatori strumenti per valutazioni equilibrate?). Non stupisce dunque che la grande attesa dei media non leggi tutto

Una politica senza memoria

Paolo Pombeni - 17.01.2024

Mentre le crisi nel mondo diventano sempre più incombenti (dalla guerra fra Israele e Hamas con tutti i vari coinvolgimenti, alla situazione dell’Ucraina dove quel paese rischia di non avere più gli strumenti per contenere l’espansionismo russo), la politica italiana è ingessata su questioni veramente di poco conto: come spartirsi le candidature (a destra come a sinistra), se avere o no il grande duello Meloni-Schlein, come continuare nel giochino della contrapposizione fra chi si dichiara antifascista e chi evade la domanda giusto per non dare soddisfazione all’avversario.

Quest’ultima rappresentazione di maniera è fatta passare per una questione di mantenimento della memoria. Sarà, ma temiamo che questo paese la memoria corta ce l’abbia strutturalmente e non solo per eventi che peraltro hanno già avuto la loro condanna definitiva dalla storia. Ci colpisce molto di più che non si riesca ad affrontare la memoria delle radici di molti fallimenti con cui dobbiamo fare i conti.

Tanto per dire, non si capisce perché dobbiamo spendere energie in una inchiesta parlamentare sulla gestione dell’epidemia di Covid-19 (o meglio lo capiamo benissimo: solo per farne una zuffa politica senza capo né coda), mentre su una autentica tragedia che incombe sull’equilibrio del nostro paese, come è quella del futuro

  leggi tutto

La partita che si giocherà in Europa

Paolo Pombeni - 10.01.2024

L’attenzione verso la politica si concentra su aspetti certo non marginali, ma non per questo decisivi: molta eccitazione per il previsto duello televisivo Schlein-Meloni (spettacolo più che altro), conflitto interno alla maggioranza sulle candidature alle regionali in Sardegna (ma qualcosa di non troppo diverso c’è anche a sinistra), polemichette varie su parlamentari pistoleri, manifestazioni neofasciste, inchieste per corruzione. Eppure la questione fondamentale per il nostro futuro si colloca in Europa e su questo, almeno pubblicamente, l’interesse sembra scarso.

La tornata di elezioni per il parlamento della UE che si terrà il 9 giugno è vissuta dalla nostra classe politica come una specie di grande sondaggio certificato: l’obiettivo è testare quanto consenso avrà ciascun partito e magari anche ciascun leader. Della quota di elettorato che non si pronuncia nei sondaggi, circa il 40%, ci si preoccupa poco, nonostante che visto quel che è successo nelle precedenti tornate elettorali ci sia da aspettarsi una quota anche maggiore di astensionismo. Temiamo che in fondo i politici non vogliano impegnarsi più di tanto a risvegliarlo, per la semplice ragione che nessuno sa in quali direzioni si orienterebbe (ovviamente in pubblico ogni partito sostiene che il ritorno in campo degli astenuti farebbe crescere il suo bottino elettorale, ma sono parole al vento). leggi tutto

Un 2024 da affrontare ad occhi aperti

Paolo Pombeni - 03.01.2024

Il tradizionale discorso di fine anno del Presidente della Repubblica costituisce ormai un’occasione chiave per valutare la pedagogia politica che intende svolgere il Quirinale. Mattarella si attiene a questa consolidata tradizione e lo fa, come è ovvio, con il suo stile e il suo linguaggio. Parla alla gente perché usa parole ben comprensibili e un fraseggio che si può seguire senza fatica in una serata particolare come è quella di San Silvestro. Al tempo stesso manda dei messaggi alle classi dirigenti, che non sono solo quelle politiche e parlamentari, perché è ben consapevole che la formazione dell’opinione pubblica dipende dall’azione del complesso dei media che trasmettono informazioni, riflessioni, e non di rado anche manipolazioni.

È stato la costruzione di un comune sentire ciò che ha fatto da filo conduttore ad un discorso che ha voluto fare perno su due polarità: non tacere sul momento difficile, persino drammatico in cui ci tocca vivere, proclamare con la consapevolezza di questo che la speranza è possibile ed è affidata a tutti, ma in particolare alle giovani generazioni.

Certamente Mattarella si è fatto carico di presentare un catalogo il più ampio e articolato possibile dei problemi chiave che il paese, ma più in generale il nostro mondo ha davanti a sé. leggi tutto

Bipolarismo? Si fa per dire …

Paolo Pombeni - 20.12.2023

L’idea che la politica si fondi su una contrapposizione secca destra/sinistra è una costante nella storia politica europea dall’Ottocento in avanti. La sua incarnazione esemplare doveva essere il confronto fra due partiti come si riteneva fosse avvenuto nel mitico modello inglese del XIX secolo, ma proprio dal secolo successivo anche lì le cose si erano complicate perché era arrivato il partito laburista e il confronto non era più stato rigidamente a due. Si era ripiegato sulla sublimazione del modello statunitense, ma anche questo caso sarebbe un po’ complicato inquadrare rigidamente repubblicani e democratici in uno schematico confronto destra/sinistra.

In Italia, visto che il bipartitismo non è mai esistito se non come qualcosa di “imperfetto” secondo la brillante definizione di Giorgio Galli nel 1966, ce la siamo cavata con la mitizzazione del “bipolarismo”, la banale semplificazione per cui sarebbe sempre esistito un polo di destra (conservatore?) ed uno di sinistra (progressista? riformista?), con buona pace della DC che si teneva dentro l’uno e l’altro e nella sua azione pencolava fra i due. Naturalmente se vogliamo farla facile possiamo anche accettare la banalizzazione per cui in politica coesistono sempre le due componenti di chi vuol più o meno tenersi le cose come stanno e di leggi tutto

L’eterno problema delle coalizioni

Paolo Pombeni - 13.12.2023

Una volta si pensava che fosse una questione solo italiana, almeno fra gli stati più rilevanti, perché Gran Bretagna, USA, la stessa Repubblica Federale Tedesca fino agli anni Ottanta avevano sistemi sostanzialmente bipolari. La Francia aveva ottenuto quel risultato col semipresidenzialismo. Perciò chi vinceva le elezioni non doveva misurarsi più di tanto con coalizioni di partito, al massimo con fibrillazioni interne che però venivano contenute dal prevalere di un partito chiave.

In Italia non è mai stato così. Anche quando la DC aveva percentuali rilevanti intorno al 35% il suo obbligo a fare coalizioni la metteva sotto il ricatto dei suoi alleati, i quali poi abilmente giocavano sulle lotte interne fra le sue correnti per metterne in crisi il ruolo centrale. La tradizione, se vogliamo chiamarla così, non si è mai interrotta. Dopo il crollo dei partiti storici della prima repubblica abbiamo avuto coalizioni di vario tipo, ma sempre sottoposte al problema di dover tenere insieme componenti non esattamente fraterne nei loro rapporti reciproci. Così è stato per le formazioni di centrodestra federate da Berlusconi, peggio ancora per quelle di centrosinistra federate da Romano Prodi. Non parliamo delle coalizioni che non avevano alla testa personaggi di quel calibro.

La situazione si ripropone oggi con leggi tutto

La discriminante europea

Paolo Pombeni - 06.12.2023

Giorgia Meloni è sempre più attesa al varco delle elezioni europee: ci saranno fra sei mesi, ma la battaglia, come tutti ripetono, è già cominciata e non certo in sordina. Non è soltanto questione di sparate da comizianti, tipo quella organizzata da Matteo Salvini a Firenze domenica scorsa. Quella è roba per far un po’ di spettacolo televisivo, neppure riuscita veramente bene, visto che metteva insieme di tutto e di più: da partiti robusti, per quanto poco attraenti come quelli di Marine Le Pen e di Geert Wilders (per tacere della impresentabile tedesca AfD) a partitelli insignificanti che propugnavano teorie che non si sa definire folkloristiche o pazzoidi. Non è da ammucchiate di quel genere che ci si può aspettare una svolta in Europa.

Il tema chiave è il ruolo che il governo italiano e il suo vertice possono scegliere di giocare oggi in una Unione Europea percorsa da tensioni e fratture. Lo si vedrà ben prima della scadenza elettorale del giugno 2024, perché è in questi mesi che si affrontano alcuni nodi cruciali, il primo dei quali è indubbiamente la decisione sul sistema di bilancio che si sceglie per la UE post pandemia. Come si sa, il tema è molto dibattuto, perché non si trova l’accordo fra la difesa leggi tutto

Una fine d’anno impegnativa

Paolo Pombeni - 29.11.2023

Da vari punti di vista l’attuale congiuntura complessiva non va male per il governo. Certo la sua propaganda gonfia un poco i dati, ma fa parte del gioco. Prendete la vicenda del PNRR. Abbiamo ottenuto le revisioni richieste, le tranche arriveranno, non sono alle viste conflitti con Bruxelles. È il frutto senz’altro di un lavoro abile del ministro Fitto e dei vari uffici ministeriali (è un po’ deprimente che nessuno riconosco il lavoro positivo di una parte almeno della burocrazia pubblica, mentre quasi tutti sono pronti a darle addosso per indubbie inefficienze di altre componenti).

I risultati positivi sono stati però agevolati da una sorta di … mal comune. Praticamente tutti gli stati che hanno avuto finanziamenti hanno rinegoziato piani che erano stati preparati non solo con una certa fretta, ma anche in fasi diverse da quelle che si sono succedute dalla pandemia in poi, per cui diventava difficile per gli uffici della Commissione UE mettersi a fare i severi maestrini. In più in fase ormai pre-elettorale, con scossoni non proprio insignificanti all’interno di vari stati membri, sarebbe stato autolesionista mettersi a fare i rigoristi con il governo italiano, il quale, al contrario delle aspettative, si è mostrato consapevole del quadro complessivo in cui doveva muoversi. leggi tutto