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27 aprile 2024
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La «Cenerentola d’Europa» vista da Berlino. Da sorvegliato speciale a partner strategico?

Gabriele D'Ottavio - 31.05.2014
L'Italia vista dalla Germania

All’indomani del voto europeo, agli elettori italiani più esperti saranno forse tornate alla mente le elezioni amministrative del giugno 1975 e le successive elezioni politiche del 1976, quando il Pci balzò d’un tratto al 34,4%. È fin troppo ovvio rilevare che sul piano storico ogni possibile accostamento lascia il tempo che trova. Il Pd non è il Pci e il contesto del 2014 non ha nulla a che vedere con quello della metà degli anni Settanta. Eppure, può essere interessante ricordare la risonanza internazionale che ebbe all’epoca il risultato del Pci e riflettere sul modo in cui è stato accolto all’estero il recente successo del Pd, soprattutto in Germania.   

 

L’Italia «sorvegliato speciale»

 

A metà degli anni Settanta l’eventualità, improvvisamente divenuta plausibile, che i comunisti italiani potessero giungere al potere – sia pure non necessariamente attraverso il cosiddetto «sorpasso», ma piuttosto nel quadro di un ventilato compromesso storico con la Dc – suscitò grande preoccupazione negli Stati Uniti e nelle principali cancellerie europee, soprattutto per le possibili conseguenze che un tale scenario avrebbe potuto avere sulla vulnerabilità del sistema occidentale e sull’integrazione europea. All’epoca la situazione italiana venne valutata con particolare apprensione anche alla luce di quanto stava accadendo negli altri paesi dell’Europa meridionale: la Rivoluzione dei Garofani in Portogallo, la caduta del governo militare in Grecia e la fine del regime dittatoriale spagnolo con la morte di Franco. Accanto agli americani e ai britannici, anche i tedeschi occidentali espressero grande preoccupazione. È cosa nota che a margine del vertice delle maggiori potenze industrializzate, svoltosi a Puerto Rico nel luglio 1976, l’allora Cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt dichiarò che l’aiuto occidentale all’economia dell’Italia sarebbe stato condizionato all’esclusione dei comunisti da responsabilità governative. Da allora, e nonostante la scomparsa del Pci, lo sguardo dei tedeschi sull’Italia è rimasto vigile, preoccupato e talvolta anche prevenuto.

 

L’Italia partner strategico

 

Dopo il risultato di domenica scorsa l’Italia sembrerebbe avere qualche chance in più per affrancarsi dall’etichetta di «sorvegliato speciale», che, a torto o a ragione, all’estero si è continuato ad appiccicarle addosso anche dopo la fine della Guerra fredda. Segnali in questo senso si possono cogliere già dal modo in cui la stampa estera ha sottolineato l’eccezionalità del risultato italiano e, in particolare, da come il presidente del Consiglio è stato accolto a Bruxelles da Angela Merkel. «Ѐ arrivato il matador», avrebbe esclamato al suo arrivo. E in effetti, soprattutto a Berlino le ragioni per un mutamento di prospettiva nei confronti dell’Italia non mancano. Con il voto di domenica il governo Renzi ha avuto la legittimazione elettorale che ancora gli mancava e potrà ora affrontare il semestre di Presidenza dell’UE da una posizione di forza. Il Pd non solo è ora il primo partito del Gruppo socialista europeo, ma è stato anche il più votato in Europa: 11.203.231 voti contro i 10.374.758 ottenuti complessivamente dalla CDU/CSU.  È un dato di cui la Merkel, soprannominata la «regina d’Europa», non può non tenere conto. Come è stato notato oltralpe, anche il voto italiano ha certificato la presenza di un ostentato e diffuso euroscetticismo. Tuttavia, la sua portata politica non è evidentemente paragonabile a quanto è  avvenuto in Francia o in Inghilterra. Agli occhi dei tedeschi, che si sentono comprensibilmente accerchiati da forze ostili alla loro visione della politica europea, l’Italia appare ora un partner strategico indispensabile con cui formare l’annunciata Grande coalizione europea. L’Italia ha dunque una grande occasione per ritagliarsi un ruolo importante come alleato dei tedeschi nella lotta comune contro le forze nazionaliste e populiste. Al tempo stesso, ha tutte le carte in regole per diventare la portavoce delle istanze dei paesi economicamente meno «virtuosi» che hanno urgentemente bisogno di allentare la morsa dell’austerità.

 

 La «Cenerentola d’Europa» tra speranze e insidie

 

Dopo il voto di ieri l’Italia ha, dunque, l’opportunità di inserirsi al livello europeo nelle alleanze e nelle coalizioni non scritte che contano. Che non si tratti di un’operazione facile è ancora una volta la nostra storia a ricordarcelo. Sulle pagine del «Corriere della Sera» è stata per esempio evocata la vittoria della Dc di Fanfani del 1958. È bene ricordare a tal proposito che proprio nel 1958 furono gettate le basi del tandem franco-tedesco, un’intesa dalla quale nel lungo periodo la Germania beneficiò più della Francia, mentre l’Italia uscì fortemente ridimensionata nelle sue aspirazioni di contare di più sulla scena europea. Dietro la speranza di poter affrancare l’Italia dall’immagine di «Cenerentola d’Europa» si nascondono anche delle insidie. Per superarle potrebbe forse essere di una qualche utilità anche riflettere sugli errori commessi nel passato.