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Riflessioni sulle elezioni

Stefano Zan * - 31.05.2014
Renzi dopo i risultati delle elezioni

Nelle prossime settimane assisteremo da parte di politici e studiosi a numerose interpretazioni dei risultati elettorali di domenica scorsa. Per parte mia mi sento di proporre, a caldo, una chiave di lettura che mette al centro due termini fondamentali: discontinuità e cambiamento. Le elezioni politiche dello scorso anno ci avevano consegnato un Paese bloccato da una situazione tripartita in cui i tre partiti maggiori avevano tutti lo stesso peso (circa il 25%). Oggi il primo partito ha il 40, il secondo il 20, il terzo il 16%. La situazione si è sbloccata. Ma al di là dei numeri sul piano culturale possiamo dire che si è sbloccata perché con queste elezioni finiscono definitivamente alcuni totem che avevano caratterizzato gli ultimi 20 anni. Comunismo, anticomunismo, postcomunismo; berlusconismo e antiberlusconismo per la prima volta da anni non hanno trovato posto nella campagna elettorale. La maggior parte degli elettori ha premiato i partiti che più di altri proponevano cambiamenti radicali e significativi (PD, Grillo, Lega). La proposta del PD è risultata evidentemente la più credibile e vale la pena di chiedersi perché. La mia ipotesi è che Renzi, e dopo le difficoltà iniziali l’intero partito, hanno dimostrato di volere e potere cambiare tutte le “vecchie istituzioni” intese come persone, organizzazioni, prassi comportamentali. Per quanto riguarda le persone non solo sono nuovi i gruppi dirigenti, i componenti del governo, i candidati alle elezioni con uno spazio ai giovani e alle donne che non si era mai visto, ma sono stati marginalizzati i vecchi capi storici che, a prescindere da qualsiasi giudizio di merito, erano ed apparivano appunto vecchi. Per quanto riguarda le organizzazioni tutte le proposte in fase diversa di elaborazione ci propongono uno Stato nuovo, più snello, meno costoso, meno ridondante con l’abolizione del CNEL, delle province e la trasformazione del Senato, delle prefetture, delle camere di commercio e la rivisitazione del titolo quinto. Sul piano delle prassi comportamentali il superamento della concertazione, le nuove modalità di nomina nelle imprese pubbliche, il tetto agli stipendi esorbitanti rafforzano l’idea che il cambiamento proposto non è solo di facciata o limitato ad alcuni interventi marginali, ma danno l’idea della volontà di cambiare davvero il Paese. Ovviamente non entriamo nel merito delle riforme proposte perché agli effetti delle scelte degli elettori quello che conta, almeno in questa fase, sono le percezioni e i risultati elettorali confermano la credibilità della proposta complessiva del PD. Meno credibile è apparsa la proposta, certamente di cambiamento anch’essa, del movimento 5stelle che ha visto un ridimensionamento sensibile del suo consenso per almeno due ragioni che mi sembrano rilevanti agli occhi degli elettori. Le proposte di Grillo sono al contempo velleitarie e volgari. Velleitarie perché al di là di ogni giudizio di merito sui singoli progetti, spesso improbabili, sono destinate a sicuro insuccesso nel momento in cui si continua a rifiutare ogni forma di collaborazione con le altre forze politiche tutte ugualmente demonizzate. Volgari perché insultare sistematicamente il capo dello Stato e chiamare ebetino il segretario del principale partito nonché presidente del Consiglio starà nelle corde del comico, del guitto, del buffone, ma non in quelle dell’80% degli italiani. Grillo dovrebbe andarsene non perché l’aveva promesso in campagna elettorale (la coerenza non è mai stata la principale virtù dei leader) ma perché ha perso la sua scommessa politica. Non avrà mai la maggioranza degli italiani e non può cavarsela dicendo che sono un popolo di pensionati visto che hanno dimostrato domenica scorsa di voler cambiare. Grillo ha messo in freezer la volontà di cambiamento del 20% degli italiani. Un vero capitan Findus.

Più difficile è interpretare il risultato nel suo genere significativo della Lega. Ma anche qui discontinuità e proposta di cambiamento sembrano tenere. La Lega di Salvini sancisce il definitivo superamento della Lega di Bossi così come la proposta di uscire dall’euro, per quanto sconsiderata, convince un certo numero di italiani. Se discontinuità e cambiamento sono le cifre con cui leggere i risultati elettorali di domenica scorsa saranno probabilmente anche la cifra con cui leggere l’attività politica dei prossimi mesi, posto che con questi risultati nessuno ha interesse ad andare ad elezioni anticipate.

 

* Docente universitario di Teoria delle organizzazioni