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24 aprile 2024
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Merkel e Alternative für Deutschland: un «dramma» politico dall’esito non scontato

Gabriele D'Ottavio - 07.09.2016
Frauke Petry e Angela Merkel

«Poche cose s’intraprenderebbero, se si volesse sempre riguardarne l’esito. E poi, non sono io di già preparata anco al più fatale?» Con un pizzico d’immaginazione, queste parole – tratte da un’opera teatrale del 1755 del drammaturgo tedesco Gotthold Ephraim Lessing – si potrebbero attribuire retrospettivamente ad Angela Merkel nel momento in cui, nell’agosto 2015, annunciò la sua politica di accoglienza dei profughi siriani. Un anno dopo sono molti gli osservatori che ritengono che con quella apertura ai migranti la Cancelliera abbia compiuto un grave errore politico, forse il più grave da quando è al potere, che potrebbe mettere seriamente a repentaglio la prospettiva di un suo quarto mandato consecutivo. In effetti, da quando il dibattito politico tedesco è dominato dall’emergenza profughi, la Kanzlerin e il suo partito stanno registrando nei sondaggi e nelle elezioni regionali un significativo calo di consensi, mentre Alternative für Deutschland (AfD), l’unico partito esplicitamente contrario alla politica migratoria della Cancelliera, continua a macinare voti. Dopo le brillanti performances in Baden-Württemberg, Renania-Palatinato e Sassonia-Anhalt nel marzo scorso, il partito di destra radicale guidato da Frauke Petry è uscito come il principale vincitore anche dalle elezioni di domenica scorsa in Meclemburgo-Pomerania, il Land orientale dove Merkel ha il suo collegio elettorale. Con il 20,8% dei consensi AfD ha superato i cristiano-democratici (CDU), che con il 19% hanno conseguito in quella regione invece il loro peggior risultato di sempre. La disfatta per la principale forza politica, scavalcata a destra e relegata al terzo posto dietro i socialdemocratici (SPD) e AfD, è netta. E come tale è stata riconosciuta dalla stessa Cancelliera, la quale all’indomani del voto si è assunta tutte le responsabilità per un’elezione locale condizionata da un tema di rilevanza nazionale. Tuttavia, l’insoddisfacente esito della tornata elettorale non ha spinto la Cancelliera a prendere le distanze da quella che è stata da più parti individuata come la causa principale: la crescente impopolarità delle sue scelte sull’emergenza profughi. Anzi dalla Cina, contravvenendo alla sua abitudine di non commentare a caldo l’esito delle elezioni locali, ha voluto ribadire che le decisioni dei mesi scorsi sulle politiche migratorie «sono fondamentalmente giuste». A fronte di questa perseveranza, si potrebbe davvero essere indotti a pensare che Merkel stia cercando di «intraprendere cose senza riguardarne l’esito». In realtà, è proprio guardando con più attenzione a quell’esito – cioè al fenomeno AfD e ai possibili scenari che potrebbero scaturire dalle prossime elezioni politiche – che l’azzardo della Cancelliera appare meno avventato di quanto si possa ritenere sulla base delle fosche previsioni avanzate da alcuni osservatori precipitosi. Beninteso, nessuno può negare che la politica di accoglienza, rivendicata con orgoglio da Merkel con il suo mantra «ce la facciamo» (wir schaffen das), stia indebolendo la sua leadership a livello nazionale e irrobustendo invece quello che allo stato attuale appare l’unico vero competitor dei cristiano-democratici sul lato destro dello spazio politico, AfD. È altresì vero, però, che all’orizzonte non si scorgono ancora alternative concrete alla Cancelliera per la futura guida del governo tedesco. Il principale partito di opposizione, l’SPD, e la stessa CDU/CSU non hanno ancora trovato un candidato leader in grado di sfidare sul serio la credibilità e l’autorevolezza di Merkel. Dal punto di vista dei consensi, poi, nessun partito sembra aver fatto significativi passi avanti, esclusa ovviamente AfD, la quale, d’altro canto, continua a sottrarre voti non solo al partito della Cancelliera, ma anche ai suoi potenziali avversari. Anche le più recenti analisi dei flussi elettorali corroborano questa tendenza. Come era già accaduto a marzo e in altre precedenti elezioni locali, così anche domenica scorsa AfD è riuscita a mobilitare gli astensionisti (56.000) e a sottrarre voti a tutti i partiti tradizionali, tra cui 27.000 sia alla CDU che alla Linke e 21.000 all’SPD. Il dato che emerge dagli ultimi sondaggi condotti su scala nazionale è che il partito guidato da Angela Merkel, sia pure fortemente indebolito, rimane la principale forza politica, con un distacco di oltre dieci punti percentuali sull’SPD. Se gli elettori tedeschi dovessero continuare a sanzionare i partiti tradizionali e a premiare AfD, nell’autunno prossimo ci potrebbero essere rilevanti conseguenze sui futuri equilibri politici. In particolare, nel caso in cui dopo le elezioni politiche dell’autunno 2017 non ci dovessero essere le condizioni per formare un governo di centrodestra o uno di centrosinistra – eventualità che allo stato attuale appare molto probabile – la grande coalizione potrebbe non essere più l’unica soluzione praticabile. D’altra parte, anche se il numero dei possibili scenari di governi di coalizione alternativi dovesse aumentare, i cristiano-democratici appaiono tuttora la forza politica più accreditata a esprimere il futuro candidato cancelliere, anche in ragione dell’abilità di Merkel nel conservare la posizione mediana su tutte le questioni rilevanti, compresa l’emergenza profughi, mentre AfD sembrerebbe destinata a restare isolata ed esclusa dalla politica di coalizione. In conclusione, in assenza di uno sfidante interno al suo stesso partito, Angela Merkel può forse ancora legittimamente aspirare a eguagliare nell’autunno prossimo il record di longevità al potere tuttora detenuto da Helmut Kohl, senza tradire le sue più profonde convinzioni e senza temere eccessivamente i riverberi di singole scelte politiche controverse.