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Garanzia europea sui depositi: una buona notizia dall’Europa

Gianpaolo Rossini - 07.11.2015

Abituati alle critiche quotidiane ad un’Europa che si muove a stento in un mondo in fibrillazione dobbiamo essere felici dell’impegno esplicito della BCE e del suo presidente Mario Draghi a dare vita a breve ad una delle colonne portanti della unione monetaria e della integrazione bancaria. Si tratta della assicurazione federale dei depositi bancari dei risparmiatori e delle imprese. Se una banca appartenente all’area euro fallirà chiudendo i battenti i depositi dei suoi clienti saranno salvaguardati e liquidati interamente ai depositanti fino ad una somma che dovrebbe essere attorno ai centomila euro. Questo dovrà avvenire in maniera omogenea in tutta eurolandia e in modo indipendente dagli stati. Oggi invece ciascun membro  euro è dotato di una sua propria parziale salvaguardia sui depositi. Si tratta di assicurazioni difformi tra loro e basate su agenzie che hanno un carattere nazionale e che soffrono delle vicende finanziarie di ciascun paese. E quindi non riscuotono interamente la fiducia degli operatori e dei risparmiatori. Nelle recenti crisi di fiducia dal 2011 in diversi paesi del sud Europa e in Irlanda, colpiti dalle tempeste dei debiti sovrani, si sono avute forti fughe di capitali e corse agli sportelli per ritirare contante. Erano dovute in larga parte al timore che il sistema bancario del paese in difficoltà venisse travolto e non fosse più in grado di risarcire i depositanti. leggi tutto

Limite al contante o alla libertà?

Gianpaolo Rossini - 31.10.2015

Siamo in un periodo di deflazione che rischia di essere più profonda e lunga di quanto non ci aspettiamo.  I tassi d’interesse sui titoli di stato fino a due anni sono entrati in zona negativa. Questo a cascata impone alle banche di rasare quanto i risparmiatori e le imprese depositano su un conto corrente imponendo ai clienti tassi negativi. Se depositiamo 1000 euro in banca dopo 12 mesi ce ne ritroveremo 990 o 980. Se invece  tengo nel materasso i 1000 euro faccio un affare.  Già questo primo aspetto dovrebbe indurre a cautela i paladini della soglia per l’uso del contante a 1000 euro estesa dal governo Renzi a 3000.  Riportare la soglia  sotto i 3000 euro significa infatti imporre una tassa sul risparmio liquido che finisce in larga parte nelle casse delle banche.  Insomma un ennesimo balzello che,  ahimè,  non va all’erario.   Ci sono comunque ulteriori elementi che rendono incomprensibile la battaglia di una parte della magistratura e dei partiti politici per la riduzione drastica nell’uso del contante.

All’estero e in Italia sovente pago in contanti anche cifre alte perché mi fanno lo sconto – con regolare ricevuta o scontrino. Risparmiamo io e il venditore. Evitiamo la costosa intermediazione bancaria privata (implicita in pago bancomat o carta di credito). leggi tutto

Tanto gentile e tanto oneste paion l’italica deflazione e la manovra di Matteo

Gianpaolo Rossini - 17.10.2015

Non c’è politica espansiva della BCE che tenga. A Francoforte stampano moneta. Ma forse non lo fanno abbastanza o, come ho più volte scritto, hanno preso ad annaffiare l’economia europea di liquidità quando ormai buona parte delle piante si era seccata. E così ora siamo dentro fino al collo ad una bella deflazione con prezzi che scendono. L’Istat ci informa che a settembre 2015 i prezzi al consumo in Italia sono diminuiti dello 0.4% su agosto. Su base annua sono aumentati di un misero 0.2%. Il primo dato è preoccupante. In un solo mese i prezzi hanno ceduto quasi mezzo punto percentuale. Un evento raro nell’economia italiana degli ultimi 70 anni. Più simile ai ritmi della deflazione della grande crisi degli anni ‘30 del secolo scorso o alla grande deflazione della seconda metà ottocento. Il secondo dato è ancor meno rassicurante. Stiamo viaggiando velocemente verso inflazione zero o sottozero. Una anoressica deflazione ci sta soavemente abbracciando con le sue diafane e fredde membra. In molti osservano prezzi degli immobili in caduta, negozi che chiudono, capannoni sui quali cresce l’erba e faticano a legare il tutto alla deflazione. Dobbiamo fare qualcosa anche se c’è qualche aspetto positivo che però fatica a fugare interamente i nostri pensieri negativi. I nostri sistemi economici slittano e si inceppano con la deflazione. leggi tutto

Canone Rai, Tasi: Matteo lascia in pace la casa

Gianpaolo Rossini - 08.10.2015

L’ annuncio fa rumore. Dopo quello sul taglio dell’Imu ora viene quello sulla riduzione del canone Rai che però dovremmo saldarlo nella bolletta elettrica. Sul canone Rai il premier promette una riduzione a 100 euro da 113. Come misura contro l’evasione ce lo troveremo però sulle bollette elettriche. Ma quali? Tutte le utenze elettriche avranno associato il canone Rai? Se una persona ha più di una utenza, caso molto comune, dovrà pagare il canone Rai per ciascuna utenza? E chi non ha televisione o è ipovedente? Cadiamo nel ridicolo anche se l’iniziativa appare più grave di quello che sembra. Il tutto infatti si trasforma in una ennesima tassa sugli immobili che controbilancia e forse è ancor più pesante della Tasi in via di abolizione. Con l’aggravante che sposta le entrate dai comuni all’azienda Rai. Un bel risultato! Senza contare che ormai ci sono molti gestori elettrici tra loro indipendenti. Come facciano questi ad applicare il canone Rai sulle loro bollette senza produrre una enormità di sciocchezze e sovrapposizioni è un bel mistero. Tagliare il canone del 10% significa far scendere le entrate della Rai di circa 170 milioni all’anno. E questo potrebbe spinger qualcuno a che evade a pagarlo. In ogni caso la compensazione per il minor gettito potrebbe venire su due fronti. leggi tutto

Parametri di Maastricht e contabilità nazionale

Francesco Lefebvre D’Ovidio * - 08.10.2015

Dall’inizio della recessione in atto la stampa e i politici discutono con frequenza ossessiva i celebri “parametri” sulla finanza pubblica stabiliti nel Trattato di Maastricht, interpretati da molti come dei vincoli astratti e inutili, che costringerebbero i popoli a una condizione economica svantaggiosa, la deprecata “austerità”.

 

In questa sede prescindiamo dall’analisi delle ragioni per le quali i parametri vengono criticati e ci limitiamo a osservare come le istituzioni pubbliche hanno reagito alla loro imposizione – evidentemente sgradita – modificando le modalità di calcolo dei dati statistici.

 

Ormai hanno rilievo solo due dei 5 parametri originari: il tasso di inflazione è irrilevante in quanto da anni ormai è (ovunque) stabilmente vicino allo 0; la quotazione della valuta nazionale non è irrilevante da quando le valute nazionali sono state sostituite dalla “moneta unica”; il tasso d’interesse nominale a lungo termine degli Stati è irrilevante dal momento che i tassi oggi non sono determinati dal mercato ma dagli acquisti delle banche centrali.

 

Prendiamo quindi in esame l’obbligo previsto per gli Stati membri leggi tutto

Volkswagen: i danni di imprese troppo grandi e dominanti

Gianpaolo Rossini - 01.10.2015

Ci vorrà tempo per far metabolizzare al settore auto in Europa e ai mercati finanziari la truffa Volkswagen. E’ la prima volta che una grande impresa automobilistica europea viene colpita al cuore da uno scandalo così imponente che investe la qualità dei suoi prodotti. Eppure l’industria dell’auto in Europa è stata coccolata con incentivi di ogni tipo. I consumatori lo sanno e sono doppiamente amareggiati per aver buttato euro per auto la cui qualità sbandierata non corrisponde al vero e perché i produttori di auto hanno beneficiato negli anni recenti di numerosi favori. Vi sono state facilitazioni finanziarie che hanno consentito operazioni di ristrutturazione della governance (con dubbie regole sui sistemi di voto nei consigli di amministrazione a partire da Volkswagen per finire a Renault). Inoltre il settore auto ha avuto accesso privilegiato a risorse cospicue a prezzi di favore. Ha ricevuto aiuti diretti di stato, con incentivi agli investimenti e ripetuti sussidi all’acquisto di auto nuove. E infine l’auto ha goduto di una colpevole tolleranza per non corrette applicazioni delle norme sulle emissioni. Goccia che ha fatto traboccare il vaso ormai pieno in cui si è consumata l’ennesima eccezione europea. Ovvero una diversità industriale che ha visto l’incentivazione dell'utilizzo del gasolio per l'autotrazione privata. Il beneficio di questa scelta sarebbe stato quello di minori consumi energetici. Un risultato incerto in quanto molti consumatori finiscono per aumentare le percorrenze o usare auto più grandi. A fronte di danni certi. leggi tutto

Crisi cinese: solo un temporale d’estate?

Gianpaolo Rossini - 01.09.2015

Ai pessimisti sull’economia globale non mancano le occasioni. Dopo la crisi greca arriva quella cinese con borse mondiali sulle montagne russe e scosse sui tassi di cambio delle valute principali. Per gli ottimisti è solo un temporale d’estate quello che ha fatto scendere la borsa di Shangai da 5200 del 6 giugno a 3000 di questi giorni perdendo quasi la metà del suo valore in soli 2 mesi e riportando le quotazioni a dicembre 2014.

Dal 1980 il reddito procapite in Cina è decuplicato, correndo ad un ritmo annuale medio di quasi il 7%. Uno sviluppo così lungo e veloce è un evento storico quasi unico. Che però inesorabilmente deve fare i conti con i ritmi che un paese può sostenere sul lungo periodo. Con crescita zero della popolazione, la Cina dovrebbe convergere in pochi anni verso un tasso di crescita del PIL intorno al 2%, ovvero l’obiettivo dell’Europa. Negli Usa con popolazione che sale quasi dell’ 1% all’anno il numero magico è 3%. Dall’inizio 2015 le autorità cinesi hanno fatto intendere che la corsa nel 2015 si sarebbe “ridotta” al 7%, cifra edulcorata da statistiche compiacenti. Ma come far digerire al cinese medio che nei prossimi anni la corsa non potrà essere più quella degli anni scorsi?

In Cina è difficile. In un paese democratico si può. Ma costa caro ai partiti che hanno governato lo sviluppo impetuoso. E’ accaduto in Italia dopo un ventennio di crescita “cinese” il naturale rallentamento negli anni 60 del secolo scorso ha significato uno spostamento dell’asse politico e governativo. leggi tutto

Obbedienza greca: occasioni per l’Europa?

Gianpaolo Rossini - 04.08.2015

Come trasformare l’obbedienza greca alle autorità e ai partner dell’eurogruppo in una occasione per far crescere l’Europa? Una domanda ridicola? Nient’affatto. L’architettura del sistema  di relazioni commerciali e monetarie globali ancora in parte funzionante con Fondo Monetario e Banca Mondiale è stata creata nel 1944 a Bretton Woods ben un anno prima della fine della seconda guerra mondiale. Dunque perché non cominciare già ora, a negoziati in corso sul salvataggio della Grecia, a ideare innovazioni che numerose debolezze europee sembrano imporre? Eppoi i governi pro-Europa sono in debito d’ossigeno e hanno bisogno di un rilancio. I negoziati tra Grecia e sherpa europei avranno un esito positivo. Ma presto o tardi occorrerà affrontare il tema della ristrutturazione del debito greco o con un allungamento a 30 anni delle scadenze dei titoli di stato e riduzione interessi o con un taglio del loro valore nominale. Il che comporterà un onere per il resto di eurolandia, che potrà essere reso più sopportabile se il progetto europeo riprende slancio e la Grecia cresce.

E allora in primo luogo occorre accelerare l’integrazione bancaria con l’avvio da subito della assicurazione federale sui depositi bancari alla pari di quanto avviene negli Stati Uniti con la FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation). Questa assicurazione può essere costituita dalle aziende di credito senza aggravi per il cittadino e per la BCE, lasciando a questa solo il ruolo che sta svolgendo ora senza aggiunta di alcunché. A questa assicurazione federale sui depositi potrebbero partecipare, e sarebbe una vera innovazione, anche altri paesi europei come la Gran Bretagna se fosse disposta a scambiare le informazioni della sua vigilanza bancaria con la BCE. leggi tutto

Alcune mistificazioni sulla crisi greca

Massimo Bucarelli * - 14.07.2015

Nell’intervista al settimanale tedesco Die Zeit del 27 giugno scorso, l’economista francese Thomas Piketty ha aspramente criticato l’eccesso di rigore del governo tedesco nei confronti di quello greco impegnato nel difficile compito di trovare una soluzione al problema dell’enorme debito accumulato negli ultimi anni. Piketty ha sollecitato una maggiore flessibilità nel pretendere il risanamento del debito ellenico, ricordando che la Germania in passato non ha mai ripagato il proprio debito estero, né dopo la prima, né dopo la seconda guerra mondiale, per cui non è certo titolata a dare lezioni alle altre nazioni costrette ad affrontare ora le stesse difficoltà.

Il tema non è certamente nuovo. Subito dopo il suo insediamento, l’attuale governo greco, guidato da Alexis Tsipras, ha invocato tali precedenti storici, stabilendo possibili paralleli tra la situazione tedesca del primo dopoguerra e quella greca attuale o chiedendo il pagamento dei danni subiti dalla Grecia per l’occupazione nazista. Il tema, poi, è rimbalzato anche nel dibattito pubblico italiano, ad uso di quanti sostengono la necessità per tutti i paesi debitori in difficolta di derogare agli impegni presi o spingono addirittura per porre fine all’esperienza della moneta comune o sono semplicemente animati dalla volontà di polemizzare contro il governo italiano, colpevole di non sostenere la causa greca, essendosi appiattito sulle posizioni di Berlino. leggi tutto

La mossa del cavallo e lo scoglio del taglio del debito pubblico greco

Gianpaolo Rossini - 02.07.2015

Tsipras ha obbligato i suoi interlocutori ad interrompere il negoziato indicendo un referendum sulle proposte di UE-BCE-FMI. Una mossa avventata e molto rischiosa che rischia di fare molto male alla Grecia e a gran parte dell’Europa. E’ una mossa del cavallo che scompiglia il gioco dell’avversario ma che rischia di esporre in maniera irreversibile chi la mette in atto. Ma perché Tsipras ha sbattuto la porta alla troika? Le lunghe trattative tra le parti si fermano su diversi punti ma il vero scoglio è la ristrutturazione del debito pubblico greco. Tsipras la chiede da tempo. Ma appare una richiesta irricevibile per gran parte dei partners euro, specie quelli Est Europa che hanno sopportato sacrifici notevoli per entrare nell’euro e che hanno visto i sorci verdi quando Tsipras ha preso a cinguettare con Putin. . Il taglio del debito appare essenziale alla maggioranza dei greci. Un debito pubblico pari al 180% del Pil e con tassi nominali che mediamente sono intorno al 10% effettivamente non è sostenibile. Le ragioni per cui si è arrivati a tutto questo dipendono da gravi inadempienze del governo greco e da altrettanto pesanti errori delle autorità europee quando non si è intervenuti subito (nel 2010) sui titoli di stato dei paesi in difficoltà spinti nel 2008 ad aumentare la spesa pubblica anche se con finanze vacillanti. leggi tutto