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Obbedienza greca: occasioni per l’Europa?

Gianpaolo Rossini - 04.08.2015
FDIC logo

Come trasformare l’obbedienza greca alle autorità e ai partner dell’eurogruppo in una occasione per far crescere l’Europa? Una domanda ridicola? Nient’affatto. L’architettura del sistema  di relazioni commerciali e monetarie globali ancora in parte funzionante con Fondo Monetario e Banca Mondiale è stata creata nel 1944 a Bretton Woods ben un anno prima della fine della seconda guerra mondiale. Dunque perché non cominciare già ora, a negoziati in corso sul salvataggio della Grecia, a ideare innovazioni che numerose debolezze europee sembrano imporre? Eppoi i governi pro-Europa sono in debito d’ossigeno e hanno bisogno di un rilancio. I negoziati tra Grecia e sherpa europei avranno un esito positivo. Ma presto o tardi occorrerà affrontare il tema della ristrutturazione del debito greco o con un allungamento a 30 anni delle scadenze dei titoli di stato e riduzione interessi o con un taglio del loro valore nominale. Il che comporterà un onere per il resto di eurolandia, che potrà essere reso più sopportabile se il progetto europeo riprende slancio e la Grecia cresce.

E allora in primo luogo occorre accelerare l’integrazione bancaria con l’avvio da subito della assicurazione federale sui depositi bancari alla pari di quanto avviene negli Stati Uniti con la FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation). Questa assicurazione può essere costituita dalle aziende di credito senza aggravi per il cittadino e per la BCE, lasciando a questa solo il ruolo che sta svolgendo ora senza aggiunta di alcunché. A questa assicurazione federale sui depositi potrebbero partecipare, e sarebbe una vera innovazione, anche altri paesi europei come la Gran Bretagna se fosse disposta a scambiare le informazioni della sua vigilanza bancaria con la BCE.  Ne verrebbe un vantaggio alla Gran Bretagna e ad eurolandia. Analogo discorso vale per Svezia, Danimarca, Polonia e così via. Per ora disponiamo solo di assicurazioni nazionali che sono inefficaci di fronte a crisi di fiducia che colpiscono un paese o più paesi. Gran parte dei capitali fuggiti dalla Grecia in Svizzera o in Germania o che dall’Italia scapparono nel 2011, nel pieno della crisi dello spread, sarebbero rimasti nel paese d’origine se ci fosse stata questa assicurazione. Si sarebbero evitati drammi e avremmo avuto una politica monetaria dell’area euro efficace in ogni angolo d’Europa e non sfilacciata e sbeffeggiata da differenze insopportabili nei tassi d’interesse. Dopo 16 anni euro non si capisce perché nella nuova casa comune (l’euro) non  disponiamo ancora del sistema antincendio. O vogliamo che oltreatlantico seguitino a ridicolizzare l’Europa come pasticciona e inconcludente sul piano istituzionale?

In secondo luogo la BCE deve poter acquistare sul mercato secondario ciò che giudica necessario, come fa la FED americana la quale non esclude titoli con basso merito di credito, anzi a volte ne acquista di più proprio per evitare il crack di istituzioni private ( e pubbliche) in difficoltà. E’ una sciocchezza che le agenzie di rating americane tanto criticate per gli infiniti errori e conflitti d’interesse che le affliggono dettino con le loro classifiche la politica di acquisto di titoli ad una istituzione fondamentale per la stabilità monetaria globale come la BCE. Se la BCE non fosse stata costretta in ristretti recinti avrebbe già dal 2010 potuto acquistare titoli greci impedendo l’esplosione degli spread e la insostenibilità del debito greco nonostante la contrazione della spesa pubblica ellenica. Questa strada sarebbe costata molto meno ai cittadini europei di quella che oggi è stata intrapresa. Al momento la BCE sta fornendo liquidità d’emergenza con l’OMT alle banche greche afflitte da corsa ai depositi e da scarsa liquidità. In tempi migliori queste banche potrebbero comprare bond greci. Se lo facessero dovrebbero godere della rete di assicurazione dei depositi, che non c’è, per impedire che comprando bonds del governo greco i risparmiatori scappino.

In terzo luogo il FMI non dovrebbe più prestare a paesi dell’area euro. Le posizioni debitorie dovrebbero essere liquidiate con l’ausilio della BCE e in futuro le relazioni tra FMI e area euro dovrebbero essere gestite dalla BCE su mandato pieno da parte degli stati membri che sono privi di sovranità monetaria. Mentre il FMI ha relazioni solo con entità dotate di sovranità monetaria. Occorrerà certo rivedere lo status di membro del FMI dei paesi euro. Ma  spingere un paese euro, come si è fatto con Grecia e Irlanda, a chiedere prestiti al FMI è un segnale di impotenza delle autorità monetarie europee e una spinta disgregatoria nei confronti dell’unione monetaria indebolita dall’intrusione del FMI nei rapporti tra i membri. Gli unici interlocutori della Grecia devono essere BCE ed eurogruppo assistito dalla Commissione.

In quarto luogo dobbiamo studiare regole per la ristrutturazione del debito (o semi fallimento) di entri sovrani all’interno dell’area euro. Si potrebbe ad esempio prevedere la restituzione del capitale sottoscritto dagli investitori in bonds sottraendo a questo l’eccedenza di interessi rispetto ai corrispondenti titoli tedeschi. Se il capitale è restituito significa che il rischio non c’è più. Il premio per il rischio contenuto nello spread, pagato dal governo greco, viene restituito. Questo potrebbe condurre ad una riduzione del debito greco pari a circa il 10%. Se a questo si aggiunge un taglio solidaristico del 10% la ristrutturazione del debito greco potrebbe essere accettabile per entrambe le parti che la stanno negoziando in sede europea.  Con una tale regola si potrebbe stabilire per il futuro una sorta di linea guida   adottabile per altre eventuali ristrutturazioni. Ovviamente si tratta solo di una prima indicazione. Altre regole dovrebbero essere disegnate per rendere in futuro semifallimenti di enti sovrani meno drammatici nell’area euro e per separarli dalla questione della partecipazione all’euro che invece non deve essere messa in discussione. L’Europa potrebbe fare da pioniera nel cominciare a fornire linee guida. Dopotutto affrontare una ristrutturazione del debito tra partners di una unione così profonda come è (o dovrebbe) essere l’Europa è più semplice che sul piano globale dove opera il FMI. Anche questa è un’occasione per ridare all’Europa il ruolo di guida cultuale e istituzionale del pianeta che ha sempre avuto.

Infine alcuni paesi che hanno speso tanto (fin troppo) per difesa e devono oggi diminuirla perché insostenibile. Altri, invece, che hanno speso poco dovrebbero aumentarla. Il problema della difesa europea è un po’ speculare a quello dell’accoglienza dei migranti che a fatica affrontiamo. La Grecia è uno dei paesi che ha speso di più e una riduzione salutare è possibile se le spese per il dispositivo militare greco sono compensate da spese di alleati più ricchi e con bilanci pubblici  più sani. Insomma le spese militari della Grecia devono cominciare ad essere considerate in un quadro europeo e non più solo ellenico.

Di occasioni per spingere avanti l’Europa la crisi greca ce ne fornisce tante. Chissà se sapremo sfruttarne almeno qualcuna.