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Un rifondatore al 10 di rue Solférino?

Michele Marchi - 01.05.2014
Segolene Royal

Il nome di Jean-Christophe Cambadélis può non dire molto all’opinione pubblica italiana. Eppure il suo arrivo alla guida del PS, dopo che il terremoto elettorale di fine marzo ha certificato i due anni di fallimentare presidenza Hollande, getta luce sia sul tentativo di ripartenza dello stesso inquilino dell’Eliseo, sia sullo stato di salute del socialismo transalpino.

Prima di tutto bisogna ricordare il profilo politico-ideologico di Cambadélis. Militante trotzkista e presidente del sindacato universitario UNEF-ID a metà anni ‘80, nel 1986 rompe con l’estrema sinistra e conduce molti giovani militanti all’interno del PS di Jospin. Lo stretto legame con Jospin si conferma negli anni ’90, quando Cambadélis è l’animatore delle Assises de la transformation sociale, laboratorio ideologico della futura gauche plurielle, alla guida del Paese con Jospin Primo ministro nella coabitazione 1997-2002. Il 1997 è però l’anno del primo insuccesso personale, infatti proprio Jospin sceglie Hollande e non Cambadélis per la guida del PS. Quest’ultimo allora si avvicina a Dominique Strauss-Kahn e fonda una strana corrente che unisce jospenisti e rocardiani. Nel 2008 contribuisce a portare alla testa del PS Martine Aubry (nella contesa con Ségolène Royal) e ancora una volta Cambadélis è protagonista nel fondere due gruppi apparentemente inavvicinabili, quello di Fabius e quello dei seguaci di Strauss-Kahn. Proprio la caduta di quest’ultimo nell’affaire del Sofitel tarpa di nuovo le ali all’ambizioso “Camba” (questo il nomignolo di battaglia), che però questa volta non sale sul carro del probabile vincitore Hollande. Così al momento della distribuzione delle poltrone nel maggio 2012, i “quattro moschettieri” di Hollande al governo (Le Foll, Moscovici, Peillon e Valls) gli sbarrano la strada verso rue Solferino e gli preferiscono l’impalpabile Harlem Désir. Da quel momento Cambadélis è il numero due del partito, leale in apparenza, ma costantemente critico nelle interviste off-the-record. Con quasi tutti i pesi massimi del PS impegnati in ruoli istituzionali, si ritaglia uno spazio sempre più ampio di critica, nemmeno troppo velata, nei confronti del segretario e, indirettamente, dell’inquilino dell’Eliseo.

Perché Hollande ha optato per Cambadélis? Sono essenzialmente due le ragioni che permettono di comprendere una decisione comunque azzardata.

Cambadélis è la scelta migliore in un quadro di completa tabula rasa, così come Hollande ha deciso a due anni dall’elezione all’Eliseo. Hollande ha rovesciato i termini della sua politica economica (con il “patto di responsabilità) e allo stesso tempo ha deciso di azzerare tutto il dispositivo politico dispiegato dal maggio 2012. Ha dimissionato il Primo ministro Ayrault, ha cambiato il segretario generale dell’Eliseo (optando per la competenza e l’esperienza di Jean-Pierre Jouyet, legato al presidente sin dai tempi dell’Ena, ma anche ministro degli Affari europei nel 2007-2008 con Sarkozy all’Eliseo) e ha “promosso” al governo l’opaco Désir, sostituendolo con il volontarista Cambadélis. Il nuovo numero uno del PS si inserisce insomma a pieno titolo nel rilancio di Hollande, nel suo desiderio di chiudere definitivamente con la présidence normale. Valls-Jouyet-Cambadélis dovrebbero essere le tre frecce all’arco della nuova présidence de combat.

In secondo luogo la scelta è strettamente legata agli obiettivi strategici e teorici dal nuovo segretario più volte avanzati. Cambadélis ha un progetto di rifondazione ideologica del socialismo francese. In un pamphlet del 2012 ha parlato di troisième gauche, in grado di unire (ma anche superare) il meglio della prima (di tradizione mitterrandiana) e della seconda (di matrice rocardiana). La sinistra francese deve porsi alla guida della costruzione di una société décente, dominata da libertà, emancipazione sociale e rettitudine morale. Allo stesso modo Camba vuole un partito di lotta, che ricominci a parlare agli strati popolari (che votano FN o Front de gauche) e appoggi l’esecutivo senza esservi subalterno. Nell’ultimo libro L’Europe sous la menace National-populiste, addirittura non esita a definire “totale” l’insuccesso del PS di fronte alla strategia del FN di Marine Le Pen.

A questo punto resta da chiedersi se Cambadélis da segretario a tempo determinato (incarico ad interim sino al Congresso di fine 2015) si trasformerà in rifondatore del partito. Le difficoltà non mancano. Innanzitutto è possibile rifondare mentre il PS si trova a gestire il potere e una profonda crisi economica? Come trascurare le recenti difficoltà incontrate dal neo Primo ministro Valls per ottenere l’approvazione del nuovo piano di tagli (50 miliardi) dai deputati PS, querelle conclusasi con 41 astensioni socialiste al momento della conta all’Assemblée nationale? In secondo luogo non ci si può nascondere dietro ad un dito: il partito è frazionato in miriadi di correnti e Cambadélis è stato uno dei protagonisti di queste faide personali. Da corresponsabile della malattia si trasformerà in dottore?

Indicando l’erosione subita dal PS a vantaggio del FN, Cambadélis mostra di aver compreso come il partito non abbia mai affrontato in profondità il “trauma del 2002”. Da allora al trionfo di Hollande del 2012 ci si è occupati della conquista del potere e lo si è fatto piuttosto bene (al momento il PS guida ogni centro decisionale). Il vuoto ideologico e programmatico sta però emergendo e il rapidissimo crollo del livello di fiducia del Presidente e la batosta elettorale delle municipali ne sono solo gli esempi più evidenti. Se i sondaggi saranno confermati, un nuovo colpo arriverà dalle prossime europee, con il PS accreditato del 18%, dietro a UMP e a FN.

L’attuale condizione del PS assomiglia a quella al termine del lungo regno mitterrandiano, descritta da Rocard come “un campo di rovine, svuotato di idee, forza ed influenza”. Allora Jospin non operò una vera rifondazione aiutato ma anche sviato dal tragico errore di Chirac che, anticipando la fine della legislatura, di fatto gli regalò in maniera insperata cinque anni a Matignon. L’ultima vera rifondazione del socialismo francese è allora quella del 1969-1971, operata dalla coppia Savary-Mitterrand.

Ad oltre quarant’anni dalla trasformazione dell’allora SFIO nel PS, per Cambadélis la sfida è di quelle da far tremare i polsi. L’alternativa però è semplice quanto spietata: rifondatore o curatore fallimentare?