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Tocca ad Alain Juppé?

Michele Marchi - 29.10.2016
Nicolas Sarkozy e Alain Juppé

Quindi sarà Alain Juppé a vincere le primarie del centro-destra francese? E di conseguenza avrà ottime possibilità di diventare l’ottavo presidente della Quinta Repubblica francese?

Almeno cinque elementi possono realisticamente far pensare ad un successo del sindaco di Bordeaux alle primarie di fine novembre, così da proiettarlo poi con ottime possibilità verso la vittoria alle presidenziali della primavera 2017.

Il primo dato è quello dei sondaggi. Juppé è costantemente in testa e, anche dopo l’avvio della campagna del suo competitor più temibile, l’ex presidente Sarkozy, questo trend non è mutato. Dopo alcune settimane di lieve flessione, i punti di distanza tra Juppé e Sarkozy si sono attestati sui 10-12, a suo favore. Si può dissentire sul valore di questi sondaggi, ma non si può discutere il fatto che la “dinamica” sia tutta a suo favore.

Un secondo dato importante è quello del numero degli eletti della destra e del centro che lo sostengono. Anche qui il trend è in aumento costante. Sono oltre seicento tra deputati ed eletti locali e il significato politico è evidente: si sceglie di stare accanto a chi oggi può offrire più garanzie di ri-elezione futura. Peraltro molti deputati di peso stanno sfilandosi dal campo di Sarkozy per avvicinarsi a quello che presumono sarà il “carro del vincitore”.

Il terzo elemento riguarda la strategia scelta per condurre la campagna delle primarie da parte di Sarkozy: Juppé sembra aver trovato nella campagna identitaria e divisiva del suo principale avversario il suo atout principale. Juppé sta in queste settimane lasciando campo libero a Sarkozy e al suo tentativo di riproporre i temi utilizzati nella campagna presidenziale del 2012 (all’epoca per tentare di arrestare l’emorragia di voti verso il FN), ai quali aggiungere un’attenzione particolare a quelli della sicurezza e della lotta al terrorismo, considerato il tremendo biennio che il Paese ha vissuto tra 2015 e 2016.

Ebbene, e questo è il quarto elemento, l’impressione generale è quella di una Francia non disposta a giocare le prossime competizioni elettorali accentuando il clivage destra-sinistra. Sarkozy, e specularmente Hollande, rappresentano una contrapposizione frontale che l’emergenza terrorismo così come quella economico-sociale, destinata a scivolare in secondo piano. Ad emergere è allora una figura in grado di unire (rassembler) e di proporre soluzioni credibili, sensate e moderate. Juppé, e la sua decisione di impostare la campagna per le primarie attorno allo slogan della “France heureuse” (felice), pare al momento aver fatto la scelta giusta. Peraltro se dovesse confermarsi questo “superamento”, almeno temporaneo, di una forte contrapposizione destra/sinistra (decisivo in un eventuale ballottaggio presidenziale Juppé/Marine Le Pen), ne uscirebbe vincente la scelta dello stesso Juppé di limitarsi a condurre la sua campagna tutta in difesa, mostrandosi propositivo e programmatico e polemico solo per rintuzzare eventuali attacchi diretti e personali.

Il quinto elemento è strettamente legato all’ultimo e concerne la serietà e solidità della sua proposta. Juppé da un lato può vantare una lunghissima carriera ministeriale e una certa competenza soprattutto sui temi della politica internazionale e di quella economica. D’altra parte la sua scelta di non insistere sui temi identitari si accompagna ad una grande attenzione per quelli dell’educazione e dell’economia, nella convinzione che in realtà l’elettorato dei Républicains sia molto preoccupato proprio della crisi del modello francese sui temi economici e sociali.

Se questi sono alcuni dei fattori che fanno propendere per Juppé futuro candidato all’Eliseo con buone probabilità di essere eletto, non bisogna nemmeno trascurare alcuni elementi di debolezza della sua candidatura.

Il primo riguarda proprio la convinzione, sempre più veicolata dai media, che tutto sia già deciso: per le primarie e poi, di conseguenza, per la presidenza della Repubblica. In particolare riguardo alle primarie di fine novembre una tale diffusa convinzione potrebbe rivelarsi molto controproducente per Juppé. Se dovesse infatti calare il livello di partecipazione alle primarie, le possibilità di vittoria per Sarkozy aumenterebbero. Ad oggi egli è sostenuto in modo maggioritario dai militanti del partito, coloro che solitamente più si mobilitano. Gli ottimi sondaggi di Juppé si spiegano invece grazie ad un suo indubbio successo tra l’elettorato di “opinione”, fatto di simpatizzanti dell’area di centro-destra, di centristi e anche di una quota, seppur minima ma potenzialmente importante, di delusi socialisti (bisognerà valutare quanti realmente andranno a votare alle primarie del centro-destra). Juppé non potrà prescindere da questo voto e se dovesse in parte non riuscire a convogliarlo alle urne già il prossimo 20 novembre, le sue possibilità comincerebbero a calare.

Il secondo dato riguarda ancora i sondaggi che spesso non rivelano l’alta quota di indecisi ancora presente. Siamo ad un terzo di coloro che dichiarano di volere recarsi alle urne tra tre settimane. Su un bacino potenziale di due milioni di elettori (queste sono le stime che farebbero parlare di una primaria di successo), significa che circa 700 mila elettori sono ancora nel limbo dell’indecisione e di conseguenza tutti i sondaggi potrebbero essere stravolti.

Infine sono il profilo stesso di Juppé e la sua storia politica a costituire forse il più evidente paradosso di fronte a questo grande successo a livello di opinione pubblica. I francesi intenzionati a non fornire un’altra possibilità all’ex Presidente Sarkozy, imputandogli gravi errori politici nel periodo 2007-2012 (e qualcosa di simile accade anche al presidente uscente) paiono disposti a scommettere su una “discontinuità” in realtà solo apparente. Che Juppé costituisca la grande “novità” del panorama politico transalpino fa un po’ sorridere. Ci troviamo di fronte ad un personaggio politico per la prima volta ministro trent’anni fa (era il 1986, nel primo governo di coabitazione guidato da Jacques Chirac) e da allora protagonista assoluto della vita politica, come ministro (del Bilancio, degli Esteri, della Difesa e poi ancora degli Esteri) e Primo ministro ma anche come rifondatore del gollismo nel 2002 con la nascita dell’UMP. Inoltre colui che oggi si presenta come il candidato del rassemblement, è stato negli anni passati “uomo divisivo” per eccellenza, basti pensare agli scioperi sulla riforma delle pensioni all’epoca della sua permanenza a Matignon. E questo tralasciando i riferimenti all’opaco caso giudiziario (finte assunzioni di dipendenti del partito gollista al municipio di Parigi, all’epoca “feudo” di Chirac) che nel 2004 ha portato Juppé alla condanna ad un anno di prigione (con condizionale) e a 12 mesi di ineleggibilità, oltre che di sospensione dai pubblici servizi. Infine il dato anagrafico. Se dovesse arrivare all’Eliseo Juppé sarebbe eletto a 71 anni. De Gaulle nel 1958 ne aveva tre in meno (eppure la sua anzianità fu molto stigmatizzata) e Mitterrand nel 1981 sei in meno. Si tratterebbe poi di un’elezione per un solo andato? Un’eventuale rielezione avverrebbe con Juppé a 77 anni e il quinquennato si concluderebbe con un presidente ultra ottantenne.

In definitiva se al momento è giusto parlare di Alain Juppé come del candidato favorito sia per le primarie, sia per l’elezione all’Eliseo, non bisogna trascurare il carattere potenzialmente mutevole del quadro complessivo. Che dopo gli anni del bling-bling e quelli della présidence normale (ma anche bla-bla, vista la passione di Hollande per i rapporti personali con la stampa) si vada verso la guida consensuale, austera e competente dell’anti-carismatico Juppé è più che probabile, ma, attenzione, non ancora scontato.