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Politica e (è) passione

Michele Marchi - 24.07.2019
Sarkozy Passions

In quindici giorni il suo ultimo libro ha venduto 100 mila copie. Primo nelle vendite su Amazon.fr. Alla libreria La Martine di Parigi (XVI arrondissement) 650 libri autografati in circa quattro ore. Pienone in libreria a Strasburgo e a Bordeaux. La piazza del mercato di Deauville, nota località turistica della Normandia, ospitava almeno settecento persone per la presentazione, seguita anche qui da lunga sessione di dediche. Il corso principale di La Baule, una sorta di Riccione di lusso nella Loira Atlantica, era stracolmo sotto il sole delle 14.30 del 22 luglio in attesa di una dedica sul volume. Di chi stiamo parlando? Di Nicolas Sarkozy, in “tour” per il Paese per presentare la sua ultima fatica Passions (Editions de L’Observatoire).

Un interessante volume che racconta, in prima persona, la carriera politica dell’ex presidente della Repubblica francese dai suoi primi passi nel movimento gollista nel 1974, sino all’ingresso all’Eliseo nel 2007. Il volume non è banale perché da un lato è una storia interna movimento gollista, in tutte le sue mutazioni appunto nell’ultimo trentennio. Sarkozy bussa alla porta della sezione dell’allora UDR il mese precedente alla morte di Georges Pompidou, marzo 1974. Comincia ad attaccare manifesti del partito e da quel momento scala tutti i gradini all’interno del movimento, poi come cariche elettive (sindaco, deputato, ministro) sino a raggiungere l’Eliseo. Dall’altro lato è di un certo interesse perché emblematicamente dipinge la centralità della figura di Jacques Chirac per il gollismo post de Gaulle e Pompidou. La carriera di Sarkozy è strettamente legata a quella dell’ex presidente (dal 1995 al 2007), ma in un rapporto contraddittorio e quasi edipico, fino a quando il figlio non riesce ad uccidere il padre costruendo la sua candidatura del 2007 proprio come antitesi ai grigi anni Chirac (2002-2007).

Il libro è questo ma è anche molto di più. In questo frangente il volume non è altro che l’occasione per fare qualche riflessione su Nicolas Sarkozy e in generale sul leader politico nei nostri tempi di crisi della politica e del politico.

Per molti versi Sarkozy è una figura cerniera, di passaggio. Politico di formazione tradizionale, con tanta “gavetta” alle spalle, tanti comizi, tanta militanza giovanile, politico di “prossimità” come amano dire i francesi, che una volta giunto all’Eliseo si fa travolgere da un’ondata mediatica, una sovraesposizione e un uso sfacciato dei vecchi e nuovi media che ben presto tramutano il suo livello altissimo di sostegno presso l’opinione pubblica, nell’incubo di quattro anni di potere vissuti ai minimi storici del gradimento dei francesi. E poi cosa accade oggi, a dodici anni dal suo ingresso all’Eliseo, a sette dalla sua sconfitta contro Hollande? Successo travolgente di pubblico alle presentazioni del suo libro e sondaggi che parlano del 60% dei francesi che apprezzano la sua immagine. Un Sarkozy che interviene raramente sulle questioni politiche correnti e se lo fa, sempre con toni bassi e un’immagine da “padre della Repubblica”. Un ottimo rapporto con il presidente Macron, che vede (e alcuni dicono consiglia) regolarmente a cena, spesso anche con le rispettive consorti.

In molti parlano di un progetto per preparare un ritorno sulla scena politica. L’interessato smentisce e chi scrive, sinceramente, preferisce lasciare l’arte della previsione a ben più preparati giornalisti o scienziati della politica.

Guardare oggi a questo nuovo exploit dell’ex iperpresidente, di quello che un bel libro di Massimo Nava del 2007 aveva definito il “francese di ferro”, serve a riflettere su tre punti troppo spesso trascurati nel barnum della politica attuale, italiana ma non solo.

La prima questione è direttamente connessa al titolo e al tema del volume di Sarkozy. Le passioni o meglio la passione per la politica. Sarkozy che scrive: “nessuno mi ha regalato niente nella carriera, mi sono dovuto andare a prendere tutto da solo” traccia l’idealtipo del personaggio politico delle liberal-democrazie post-belliche. Osservandolo il quadro odierno è evidente come tutto sia stato travolto e stravolto. Il cambiamento d’epoca è impressionante. Carriere costruite con perseveranza, annullamento della vita privata e sottomissione agli imperativi del servizio e della militanza, hanno oggi lasciato il posto a carriere costruite con pochi e mirati commenti su facebook o messaggi su twitter.

La seconda questione sulla quale ci invita a riflettere la vicenda di Sarkozy, perlomeno del Sarkozy presidente, poi candidato alla successione e ancora candidato alle primarie della destra in vista del voto del 2017, è il carattere oramai ondivago e imponderabile degli umori dell’opinione pubblica. La “durata” non appartiene più al mondo 4.0 e naturalmente la politica ha rapidamente introiettato questa evoluzione. Ma vi è qualcosa di ancora più profondo, che assomiglia molto a quel trionfo dell’irrazionale o forse ancora meglio a quel narcisismo che di recente Giovanni Orsina ha così ben descritto.

Vi è infine un’ultima riflessione, che in realtà deriva da una recente affermazione proprio di Sarkozy. Solleticato sui rapporti con il presidente in carica Macron, dopo aver cortesemente declinato la definizione di “consigliere ombra”, la vecchia volpe della politica Nicolas ha lanciato una frase sarcastica quanto sibillina: “La gioventù è un grande atout, per raggiungere il potere, una debolezza al momento di esercitarlo”. E su questo punto si aprirebbe una lunga riflessione sulla preparazione e l’esperienza di governo della cosa pubblica in epoca di improvvisazione e pressappochismo dominanti. Si finirebbe per uscire dal tema trattato e ci si unirebbe al coro dei critici dell’attuale classe dirigente politica italiana. Un esercizio sin troppo banale, sterile e per nulla appassionante. E invece, come ci ricorda Nicolas Sarkozy, la politica è passione! Per chi la fa, almeno quanto per chi cerca di interpretarla.