Ultimo Aggiornamento:
11 maggio 2024
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Il Guazzabuglio dello spoils system

Paolo Pombeni - 11.01.2023
Spoils system

Da molti giorni ormai si discute del sistema impropriamente importato dagli USA noto come spoils system. Si tratta del potere dei vertici politici di nominare i detentori dei ruoli apicali della burocrazia al servizio delle istituzioni che essi hanno “conquistato” col consenso elettorale, per cui dovrebbe valere il vecchio detto “al vincitore le spoglie” (ovvero una sorta di diritto di saccheggio).

Il problema è delicato ed è trattato in modo molto confuso, per cui crediamo che sarebbe utile fare un poco di chiarezza. Tutto nasce dalla constatazione che in moltissimi casi non esiste una neutralità oggettiva nell’azione della burocrazia. In teoria i vertici politico-istituzionali decidono il che fare e le burocrazie attuano quelle decisioni. In pratica i vertici burocratici hanno strumenti per agevolare o per boicottare quanto è stato deciso, usando per esempio il potere interpretativo delle norme, il controllo delle filiere di esecuzione e via elencando. Di qui un contrasto possibile quando i detentori dei due poteri facciano riferimento a partiti diversi, e per di più, coi tempi che corrono, a fazioni dei partiti, a lobby e quant’altro.

È chiaro che un contesto di guerre e guerricciole fra politici e burocrati produce inefficienza amministrativa e gestionale, ma come impedire che ciò accada non è affatto semplice. Se si dà carta bianca al potere politico costringendo semplicemente la burocrazia ad eseguire, c’è il rischio che il primo prevalga nell’imporre anche sue fantasie e/o demagogie. Se, come accade oggi, si costringe il burocrate a farsi corresponsabile di quel che gli viene prescritto dalla politica, finisce che non “firmi” gli atti che ritiene dubbi bloccando le capacità d’iniziativa del potere politico e naturalmente i suoi “dubbi” possono essere speciosi, infondati e ispirati all’obiettivo di nuocere a chi ha elaborato la decisione politica perché il burocrate la considera incompatibile con la scelta di schieramento politico a cui si ispira.

Per uscire da questo guazzabuglio si sono escogitate due linee di intervento, che hanno entrambe dato risultati per lo più poco brillanti. La prima è quella che per “oggettività” non consente al politico di scegliersi il vertice burocratico di riferimento, in quanto questo deve essere prodotto da procedure competitive e di valutazione che gli daranno un competente di livello che sarà comunque tenuto a comportarsi con lealtà verso il vertice politico-istituzionale. Poiché i politici non credono all’oggettività dei concorsi e alle lealtà dei burocrati, hanno semplicemente corrotto sistematicamente le procedure di selezione per far prevalere gli “amici”, essendo quelli di cui si possono fidare.

La seconda linea, che è quella adottata con la pasticciata riforma Bassanini, è fatta semplicemente per tagliare la testa al toro. Il politico non avrà bisogno di manipolare e corrompere i concorsi perché è libero di assegnare i ruoli di vertice della burocrazia a chi vuole. In teoria se in presenza di adeguato curriculum, in pratica senza vincoli perché i curricula in questo paese si costruiscono ad arte senza temere riscontri veri.

Il guazzabuglio è complicato dal fatto che le fattispecie di designazione sono molte. La Bassanini riguarda alcune figure apicali limitate, ma non vale per molti “uffici” che non detengono ruoli decisionali rilevanti (specie nelle varie articolazioni dei governi locali, che reclamano anch’essi “discrezionalità”). È ambigua per designazioni di posizioni nella direzione e nei consigli di amministrazione di società economiche pubbliche o partecipate. Di qui per esempio il gran discutere che si sta facendo sulle centinaia di rinnovi in questi enti, designazioni a cui il governo metterà mano in questi mesi.

Eppure qualche elementare regola, vorremmo dire di buon costume, basterebbe per contenere i disastri che si sono fatti e che si continueranno a fare in questi ambiti. Stiamo parlando del classico abuso per cui solo chi è senza peccato sarebbe legittimato a scagliare la pietra, e siamo certi che quelli che lo faranno sono semplicemente degli ipocriti più o meno consapevoli.

La prima regola dovrebbe escludere dall’assegnazione di ruoli burocratici di alto livello coloro che hanno un passato o un presente di militanza politica pubblica: chi ha ricoperto ruoli elettivi di rappresentanza politica o anche solo è stato trombato in queste competizioni non può essere investito di responsabilità che devono dare ai cittadini la garanzia della sua estraneità dalle scelte di parte (mentre è esattamente la garanzia contraria che chiede il decisore politico).

La seconda regola è che può ricoprire un determinato incarico rilevante chi ha le competenze certificate per farlo (vale sia che la scelta avvenga in forma competitiva sia che avvenga in maniera discrezionale). Sappiamo bene che le competenze si inventano: se uno è stato amministratore in una cooperativa di paese viene considerato capace di amministrare anche una multinazionale e avanti di questo passo. Ora con un po’ di serietà questi trucchetti potrebbero venire sbugiardati. Non si capisce per esempio perché nelle nomine i curricula dei designati e loro stessi non vengano sottoposti ad un esame pubblico da parte di commissioni degli organi rappresentativi dove siano presenti sia le forze di maggioranza che quelle di opposizione. Il meccanismo non sarebbe perfetto, ma certo le porcherie più evidenti farebbero fatica a rimanere nascoste.

Il tema è delicato, ce ne rendiamo conto, ma affrontarlo andrebbe a vantaggio di tutte le forze politiche iscritte in un sistema istituzionale competitivo che vede alternanze nell’occupazione dei vertici e che dunque guadagnerebbero tutte da un sistema che funziona correttamente. A meno che esse non preferiscano la lotteria dell’oggi tocca a te, ma domani toccherà a me, sicché meglio conservare la possibilità di mantenersi clientele e “amicizie”. Cosa di cui poi i burocrati e i personaggi più spregiudicati non avranno difficoltà ad approfittare perché passare dal servizio di un signore a quello del suo avversario non è particolarmente complicato.