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15 maggio 2024
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Comunicazione, guerra e diplomazia: una riflessione

Stefano Cavazza * - 26.04.2023
Zelensky e Putin

Il 21 febbraio 1916 i tedeschi catturarono il forte di Douaumont, parte della cintura difensiva di Verdun. Presi in contropiede dalla notizia, i francesi risposero con un comunicato che descriveva un’aspra battaglia, costata ai tedeschi pesanti perdite, e un’avanzata francese in corso attorno al forte. La realtà era completamente diversa. Come scrisse Walter Lippmann all’indomani della Grande Guerra, non c’era stata alcuna battaglia né perdita. La maggior parte della ridotta guarnigione francese si era rifugiata nei piani inferiori per via dei bombardamenti e un piccolo gruppo di genieri tedeschi riuscì ad evitare la sorveglianza e ad entrare di nascosto facendo prigionieri gli occupanti senza scontri. Di fronte alla perdita del forte, lo stato maggiore francese mise in scena una rappresentazione immaginaria per trasmettere all’opinione pubblica l’idea di un’offensiva francese vincente. Nemmeno i tedeschi raccontarono la verità tanto da decorare inizialmente un ufficiale estraneo all’azione e solo negli anni Trenta chi era stato alla guida del manipolo di soldati tedeschi. Lippmann usò questo caso per mostrare l’impatto distorsivo della propaganda di guerra rispetto alla verità, un’asserzione che vale per tutti i conflitti che sono seguiti e che ritroviamo oggi nei resoconti della guerra in Ucraina.

La gestione dell’informazione durante i conflitti è parte integrante dello sforzo militare e non solo per l’ovvia ragione di nascondere informazioni di natura militare al nemico. Orientare l’informazione in tempo di guerra serve a mantenere alto il morale delle truppe, a conservare o aumentare il consenso interno, a mandare messaggi agli altri paesi. In Vietnam il giornalismo contribuì alla presa di coscienza dell’opinione pubblica americana sulla realtà della guerra sia attraverso la pubblicazione dei Pentagon papers sia attraverso le immagini di ciò che realmente avveniva. In Iraq gli americani consentirono la circolazione di giornalisti embedded al fine di non ripetere quanto accaduto in Vietnam. Nell’epoca dei social media anche le agenzie di intelligence curano i rapporti con la stampa e hanno profili sui social media. Questo posizionamento pubblico rispecchia la necessità di guadagnare attenzione e/o consenso presso l’opinione pubblica e contrastare l’influenza di altri attori interni ed esterni. Nel luglio 2022 il servizio segreto interno inglese MI5 e l’FBI americana tennero un’insolita conferenza stampa congiunta lanciando moniti sul pericolo cinese (Guardian, 7 luglio 2022).

In Russia oggi il controllo sull’informazione si è ampliato fino a spegnere ogni voce critica. In Ucraina – un regime in transizione verso la democrazia - i giornalisti hanno dato un contributo significativo alla lotta contro la corruzione, ma l’informazione sulla guerra sembra conoscere negli ultimi tempi restrizioni e forme di autocensura. Nei paesi impegnati a sostenere l’Ucraina, la comunicazione svolge un ruolo non meno importante per mantenere il consenso sulle ingenti risorse trasferite in Ucraina.

Nella guerra in corso l’informazione è diventata sempre di più un’arma, resa più efficace dai nuovi strumenti rappresentati dai social media. Il Ministero della difesa inglese tiene aggiornati i suoi oltre settecentocinquantamila followers su twitter sull’evoluzione della guerra. Grazie alle sue capacità performative e al suo eccellente team di comunicazione, il presidente ucraino è così diventato un’icona mediatica in grado di esercitare una notevole influenza nella sfera pubblica mondiale. Se la guerra sul campo pare essere in fase di stallo, diversamente dal 2014, ad occidente la guerra della comunicazione sembra essere stata già vinta dagli Ucraini. Diverso il caso dei paesi del cosiddetto global south in cui la lettura del conflitto si discosta in parte da quella occidentale per effetto di antichi legami con la Russia e della sfiducia maturata verso un occidente percepito come ipocrita e non sempre coerente nella propria azione con i propri principi ispiratori. Nei due paesi in conflitto il consenso interno sembra rimanere solido, compresa - pur con tutte le cautele del caso - la Russia dove, eliminata ogni voce critica contro la guerra, lo sforzo si indirizza a preparare la popolazione ai cambi di strategia del Cremlino.

Tuttavia, il successo nella comunicazione può essere un’arma a doppio taglio e ostacolare la diplomazia. Secondo Anatol Lievan (Foreign policy 11 aprile 2023) l’intento ucraino ribadito nella comunicazione pubblica della riconquista della Crimea, proprio perché popolare presso l’opinione pubblica, potrebbe risultare un boomerang per la classe dirigente in caso di un compromesso diplomatico che non dovesse includerla. Nel caso della Russia, il controllo capillare sull’informazione facilita l’accettazione di risultati inferiori alle attese, anche se - come le analisi dell’Institute for the study of war sembrano suggerire – l’ala ultranazionalista - l’unica voce a cui è permesso esercitare qualche critica ai modi della guerra - potrebbe creare qualche fastidio al regime, se non problemi in caso di una sconfitta militare. Per quanto riguarda l’Unione Europea al momento i sondaggi ne premiano le scelte e la politica di comunicazione, come documenta anche l’ultima rilevazione dell’Eurobarometro. Secondo Ivan Krastev e Mark Leonard dello European Council on Foreign Relations, il consenso verso l’UE e le sue scelte si è rafforzato e unifica trasversalmente elettori di destra e sinistra, ma esso presenta elementi potenziali di fragilità di fronte al sopraggiungere di una congiuntura economica negativa o di un mutamento nella strategia americana. In effetti, alla luce di quanto detto, un accordo tra Russia e Ucraina non conforme alle aspettative generate dalla comunicazione potrebbe essere accolto con difficoltà anche dalle opinioni pubbliche dei paesi della UE, benché per ora l’andamento del conflitto lasci aperti molteplici esiti.

 

 

 

 

* Ordinario di Storia Contemporanea -  Università di Bologna