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17 aprile 2024
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Ha ragione la Consulta. O forse no.

Gianpaolo Rossini - 05.05.2015
Articolo 81

Il vecchio articolo 81 della carta costituzionale recitava “ Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte. ». Il nuovo articolo 81 di 3 anni fa, che ci ha chiesto l’Europa, dice  “Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. »

La sentenza della Consulta di fine aprile blocca una parte della legge Fornero. Questa elimina le perequazioni ovvero l’adeguamento al tasso d’inflazione delle pensioni che superano i 1486 euro mensili. La riforma delle pensioni della Fornero ha imposto costi rilevanti ad alcune categorie come gli esodati e a coloro che hanno pensioni medio alte. Ma ha soprattutto obbligato al metodo contributivo le giovani generazioni sulle quali ricade forse l’onere più alto della riforma. Infatti una fascia ampia di coloro che iniziano a lavorare in questi ultimi anni percepirà pensioni molto più basse dei colleghi nelle stesse mansioni ma già occupati da anni.

Ciò che stupisce della sentenza della corte è il non avere considerato tre  aspetti fondamentali. Il primo riguarda la nuova versione dell’articolo 81. Il secondo deriva dal fatto che nel paese una percentuale molto alta di salariati percepisce redditi più bassi della fascia di pensionati che la Fornero protegge. Ovvero la riforma Fornero è già sbilanciata a favore dei pensionati (o diritti acquisiti) rispetto alle giovani generazioni. Il terzo aspetto tocca i salari nel pubblico impiego che a tutti i livelli sono bloccati dal 2010 a seguito dell’intervento del ministero Tremonti.

Sul primo punto credo che la Consulta, organo giurisdizionale supremo, possa intervenire su questioni che hanno carattere fiscale (l’erogazione di gran parte delle pensioni in Italia grava sul bilancio INPS e dunque bilancio dello stato) ma dovrebbe consultarsi con la Corte dei Conti per poter anche indicare la copertura richiesta dall’applicazione delle sue sentenze. Se queste sono pronunciate in violazione dell’articolo 81 sorge un piccolo grande problema che lascio ai costituzionalisti. Non di facile soluzione. O forse senza soluzione perché la corte non può  violare l’articolo 81 così come non può farlo il parlamento.

Il secondo aspetto è più politico ma forse più dirompente. Una grande massa di salariati sotto i 1486 non ha oggi diritto a compensazioni del tipo che la Consulta chiede di reintrodurre per le pensioni sopra i 1486. La copertura fiscale della sentenza della consulta avrà inoltre un impatto negativo sui salari reali dei settori pubblico e privato perché saranno necessarie nuove tasse (Iva più alta?) o minori spese per welfare, opere pubbliche e via dicendo. La sentenza dà dunque un notevole contributo negativo alla competitività del paese e alla ripresa.

 

Il terzo aspetto concerne tutto il settore pubblico dove il blocco dei salari nominali dal 2010 è mal sopportato da tutte le fasce di reddito, ma in particolare è penalizzante per stipendi di grandi categorie, come gli insegnanti che percepiscono in media somme prossime a quelle della soglia citata sopra. Sarà il governo, che è obbligato ad aumentare le pensioni medio alte, in grado di frenare lo tsunami del settore pubblico che chiede stipendi adeguati?

Chissà se alla Consulta hanno tenuto conto di tutto questo. Il dubbio è forte.