Ultimo Aggiornamento:
24 aprile 2024
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Arriva il Conte due e mezzo?

Paolo Pombeni - 30.09.2020

Dopo un lungo periodo di stallo il premier Conte accelera. Lo fa a modo suo, puntando sulla comunicazione personale con interventi spot a iniziative varie, snobbando le sedi istituzionali (consiglio dei ministri, parlamento, vertici dei partiti). A quale fine? Vuol davvero rispondere al perentorio invito del PD a cambiare passo? In qualche modo certamente, ma, a nostro avviso, soprattutto come strategia per evitare che il suo governo possa andare a gambe all’aria e lui con esso.

Dubbioso che se il Conte due dovesse cadere si potrebbe passare ad un Conte tre, così come sarebbe anche nel caso di un rimpasto, si è messo a varare quello che scherzosamente potremmo chiamare il Conte due e mezzo: un esecutivo che non tocchi composizione ed equilibri attuali, ma che dia l’impressione di avere svoltato pagina rispetto al passato.

Da bravo organizzatore della scena, il premier lancia così tre operazioni con forte contenuto emblematico: riforma dei decreti sicurezza, superamento di quota 100 nel sistema pensionistico, revisione decisa del reddito di cittadinanza. Prova così a sottolineare la rottura col Conte 1 a cui risalgono tutti e tre i provvedimenti, picchiando più forte, almeno a parole, su quelli cari a Salvini e potendo sfruttare un bel po’ di ambiguità

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Né spallata, né stabilizzazione

Paolo Pombeni - 23.09.2020

E’ sicuro che la spallata preconizzata da Salvini non c’è stata: è la seconda o la terza volta che il Capitano si fa travolgere dal suo entusiasmo. Se ne deve dedurre che una volta di più registriamo una stabilizzazione del sistema, che Conte e il suo governo hanno davanti mesi tranquilli?  E’ possibile, ma non ne saremmo così certi.

I risultati della tornata elettorale del 20-21 settembre non si prestano ad una lettura in bianco e nero: tizio ha vinto, caio ha perso. Sono piuttosto un ennesimo passo in direzione della ridefinizione del nostro sistema politico e non sappiamo ancora dove realmente andremo a finire.

Partiamo pure dai risultati del referendum costituzionale: il sostanziale 70 a 30 per il sì non segna esattamente il trionfo dei Cinque Stelle. E’ semplicemente la registrazione di un certo distacco del paese dalla questione che riguarda i meccanismi di rappresentanza. C’è una larga sfiducia che il parlamento sia un baluardo della volontà di partecipazione dei cittadini, tanto è vero che quasi la metà degli elettori non si è neppure presa la briga di andare a votare e che la riduzione dei parlamentari è stata approvata sull’onda della tesi che un bel taglio nel numero dei parlamentari non avrebbe cambiato nulla leggi tutto

Ultimi fuochi sul referendum

Paolo Pombeni - 16.09.2020

La questione referendaria continua a premere sul futuro del governo. Quella che sembrava una passeggiata verso una plebiscitaria vittoria del sì, si sta rivelando un sentiero tortuoso che non si sa dove sfocerà, perché il no è in rimonta costante. Decisivo sarà probabilmente, oltre al numero di elettori che si recheranno ai seggi, l’orientamento degli indecisi, che non sono pochi. In effetti anche per noi è difficile scegliere fra la padella e la brace: la padella del sì che emana il profumo poco gradevole dell’olio bruciato del populismo grillino (che non demorde: vedi l’annuncio di passare come punto successivo al taglio dello stipendio dei parlamentari); la brace del no, piena del fumo confuso di un conservatorismo che si veste ogni volta da difensore della Costituzione (che è già cambiata rispetto a quel che sostengono loro).

Sembrava che il PD si fosse finalmente deciso a prendere l’iniziativa necessaria a motivare un sì da riformisti e non da populisti, varando un progetto di riforma costituzionale articolato. Purtroppo, almeno fino al momento in cui scriviamo, disponiamo solo di un comunicato stampa che riassume il lavoro dei tre personaggi (autorevoli) che hanno predisposto la bozza: i parlamentari Ceccanti e Parrini nonché l’ex presidente Violante. leggi tutto

Il problema della seconda Camera

Paolo Pombeni - 09.09.2020

Finalmente Nicola Zingaretti si è accorto, con molta cautela, che il vero nodo che si potrà porre dopo una eventuale conferma della riduzione dei parlamentari è la questione del Senato. La decisione presa a cuor leggero di farne del tutto la fotocopia della Camera dei deputati per la verità non passa dalla riforma grillina, ma da quella, costituzionalmente indecente, dell’on. Fornaro (di LeU) di equiparare i criteri dell’elettorato attivo e passivo fra le due Camere ed abolire il vincolo delle circoscrizioni regionali per il Senato. Sta di fatto che così il Senato diventerebbe ancor più un doppione senza significato, e, come ha notato Enzo Cheli (uno dei migliori costituzionalisti italiani ed ex giudice della Consulta), si scivolerebbe inesorabilmente verso il monocameralismo.

Ma sarebbe questa una buona soluzione, anche lasciando perdere che così si tradirebbe quanto deciso dai Costituenti che respinsero espressamente una scelta per il monocameralismo che allora il PCI sosteneva in prima battuta? Crediamo che la questione meriti qualche considerazione, tanto più che recentemente il segretario del PD Zingaretti, accogliendo un buon suggerimento di Violante, si è pronunciato per avviare un processo di ripensamento su come rendere il Senato una Camera che abbia un contenuto e un significato.

Per capire la natura leggi tutto

Adesso si comincia a ballare ….

Paolo Pombeni - 02.09.2020

Col passare dei giorni la situazione politica torna a surriscaldarsi. Non che si fosse mai veramente raffreddata, ma era sembrata rimanere nell’ambito della cosiddetta pretattica politica. alla scena pubblica non trovava approvazioni né sul fronte politico, né su quello degli osservatori.

Le questioni sul tappeto sono tante, ma quella che, almeno per ora, sembra infiammarsi di più riguarda il referendum costituzionale. Come si è già avuto modo di osservare era un tema che la politica aveva preso sottogamba, convinta che la battaglia fosse decisa a priori dalla diffusione dell’antipolitica. Progressivamente questa convinzione ha cominciato a vacillare e non solo perché un numero notevole di “opinion maker” sulla stampa e in TV si stanno pronunciando per la scelta di votare no il 20-21 settembre, ma perché anche nel corpo elettorale più in generale qualcuno vede movimenti che non vanno nella direzione prevista.

La scelta di Berlusconi di schierarsi a favore del no è significativa, perché l’uomo non è di quelli che si buttano alla leggera a far operazioni di pura testimonianza. Probabilmente anche dalle parte di FI si è ragionato su quanto fosse sensato regalare ai Cinque Stelle una vittoria che avrebbe consentito loro di mettere in ombra quella che potrebbe essere una loro mezza debacle leggi tutto

Una ripartenza più che complicata

Paolo Pombeni - 26.08.2020

Con l’arrivo di settembre ricomincia la vita normale: basta guardare alla programmazione televisiva che riprende con le trasmissioni consuete. Così è anche per la politica, ma quest’anno tutto è più complicato del solito. C’è l’incognita sull’andamento dell’epidemia che ha ripreso ad espandersi, quella sugli assetti dell’economia (solo Gualtieri vede rosa con riprese del PIL da impennata), ma soprattutto quella dell’esito della tornata delle amministrative e del referendum costituzionale del 20-21 settembre.

A questi impegnativi appuntamenti non si arriva molto bene. Sull’epidemia ci viene detto che adesso siamo preparati, ma non è chiarissimo a cosa: basta guardare alla confusione sulla ripresa dell’attività scolastica. Quanto all’economia siamo sballottati da una previsione pessimistica ad una catastrofica e anche qui di condivisione delle linee di intervento non è che si veda gran che: governo, associazioni dei datori di lavoro, sindacati non sembra trovino una solida intesa e sono ciascuno arroccati su posizioni corporative.

Quanto al versante politico la situazione è a dir poco confusa. Le opposizioni di centrodestra sono al momento coalizzate nel tentativo di mostrare coi dati delle urne di settembre che ormai nel paese la maggioranza dei consensi è loro. Naturalmente il campione è molto esteso, ma non totale e in molti casi nelle elezioni comunali non sarà chiarissimo vedere leggi tutto

Un'estate sospesa

Paolo Pombeni - 29.07.2020

Difficile capire se davvero l’autunno sarà così terribile come descritto da molti. Le variabili sono molte, a cominciare da quella sanitaria per finire a quella economica, ma dipenderà anche dal clima che si diffonderà nel paese, il quale a sua volta sarà influenzato dal contesto internazionale. Se le difficoltà sono generalizzate la gente sopporta con maggiore fatalismo quello che accade, mentre, se dovessimo trovarci in condizioni peggiori dei nostri vicini, la capacità di accettare un contesto difficile si ridurrebbe notevolmente.

La politica italiana non si prepara bene all’autunno: per tante ragioni, ma principalmente per l’incapacità di costruire, o almeno di provare a costruire quel minimo di concordia nazionale necessaria per affrontare l’impegno assai oneroso di rimodulare il nostro sistema. In fondo la domanda essenziale che pone l’ingente finanziamento europeo che è atteso, sia pure in tempi meno incalzanti di quelli che talora si lasciano trasparire, è proprio questa: sarà l’Italia capace di ritrovare quel posto importante che pure ha avuto in Europa almeno sino a metà degli anni Ottanta del secolo scorso? Su questo punto non avremo indulgenze, né dai nostri grifagni avversari, ma neppure da coloro che hanno voluto scommettere sull’opportunità di un aiuto che ci consentisse la famosa “ripartenza”.

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Europa-Italia: un buon primo tempo

Paolo Pombeni - 22.07.2020

La chiusura del lungo vertice di Bruxelles segna la svolta nella politica europea? Può essere, se si pensa che il buon giorno dipende dal mattino. C’è da essere più cauti se si considera che quella appena conclusa non è la battaglia finale, ma solo il primo tempo di un confronto destinato a proseguire. Naturalmente si può dire che la sproporzione delle forze in campo era palese: 5 cosiddetti frugali contro 22 altri stati, 5 piccoli e poco significativi nella storia dell’Unione, fra i 22 tutti grandi paesi che ne hanno connotato in vario modo la storia. C’è però da dire che i sentimenti (perché di questo si tratta e non di “ragioni”) che i frugali hanno imposto fanno breccia in una quota non marginale dell’opinione pubblica europea nel suo complesso, e dunque la loro sconfitta non è detto sia definitiva.

Tenere conto di questa realtà è molto importante soprattutto per un paese come l’Italia, ma vale anche per il motore franco-tedesco. Al momento è giustamente prevalsa la consapevolezza che dopo aver costruito un sistema economico integrato, se si lascia saltare una componente si incepperà tutto il meccanismo. Il tabù dei sovranismi economici, che faceva comodo a tutti, ma che aveva la potente sponda britannica ora fortunatamente venuta meno leggi tutto

Le eccezioni e la regola: considerazioni sullo stato di emergenza

Paolo Pombeni - 15.07.2020

Ormai negli ultimi anni dell’attuale fase politica abbiamo esaurito tutti gli aggettivi che descrivono i dibattiti in corso: lunari, stellari, senza capo ne coda, improvvisati e via elencando. Vale ovviamente anche per la questione della proroga dello stato di emergenza improvvidamente buttata lì dal premier Conte e poi subito ridimensionata, pasticciata e quant’altro (ma nessuno gli ha insegnato l’opportunità di pensare prima di aprire bocca?).

Tuttavia più che insistere sulla scarsa sensibilità dell’attuale presidente del Consiglio nel valutare la portata della situazione in cui si trova ad operare, vale la pena di sottolineare come si stia perdendo l’occasione storica per regolamentare una condizione che non si pensava potesse presentarsi, ma che adesso sappiamo essere nel novero delle cose possibili. Perché il problema non è solo discutere di quanto possa essere opportuno disporre di poteri d’intervento veloci per far fronte ad emergenze molto complesse, e neppure perdersi a ragionare se Conte possa avere la tentazione di fare l’Orban de noantri, quanto piuttosto quello di prendere coscienza che in questo momento il nostro paese non ha un quadro legislativo, di profilo costituzionale, con cui gestire emergenze di grande portata.

Partiamo da una premessa: strumenti per operare in stato di emergenza ce ne sono leggi tutto

I dilemmi di una riforma elettorale

Paolo Pombeni - 08.07.2020

A fine mese la maggioranza, ma sarebbe meglio dire il PD, proverà a far approvare almeno alla Camera il disegno di legge che rinnova il nostro sistema elettorale. Era parte dei patti che avevano dato vita al governo giallorosso per compensare il taglio senza logica del numero dei parlamentari. I Cinque Stelle hanno portato a casa quel risultato, ma poi non hanno fatto molto per tenere fede al patto, tranne il fatto che la bozza in discussione  è intitolata al loro presidente della Commissione Affari Costituzionali, l’on. Brescia.

Si tratta del cosiddetto “Germanicum”, un sistema battezzato così solo perché dal sistema tedesco prende la soglia del 5% per ammettere al conseguimento della rappresentanza parlamentare (peraltro pasticciandolo con un ambiguo “diritto di tribuna” che è una spiritosa invenzione della politica). Del sistema tedesco è l’unico elemento che prende e, a dire al verità, in questo momento anche quel sistema è messo in discussione anche in Germania per problemi vari.

Però oggi il dibattito è ripreso sul solito classico tema: ha senso andare ad un sistema proporzionale, come è nel caso della bozza in discussione, o non sarebbe meglio un sistema che obbliga a scegliere fra due coalizioni, così si sa subito chi ha vinto e chi ha perso? leggi tutto