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16 marzo 2024
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Cinquant'anni fa il "maggio francese"

Giulia Guazzaloca - 05.05.2018

Cinquant’anni fa la Francia tornava ad essere teatro della «rivoluzione»; non c’erano i sanculotti, gli anti-borbonici, i «banchetti» operai, ma Parigi era di nuovo invasa da migliaia di manifestanti al grido di «liberazione» e «contestazione». Liberazione dall’autorità e dalle gerarchie all’interno della famiglia, dell’università e dei luoghi di lavoro; contestazione dei partiti tradizionali e delle strutture della democrazia rappresentativa, delle discriminazioni legate alla razza, al sesso, alla classe sociale, degli stili di vita imposti dalla nuova società dei consumi. Quel maggio a Parigi costituì l’apice e il simbolo della ribellione giovanile; probabilmente senza il «maggio francese» il Sessantotto e l’immagine che ne è giunta fino a noi non sarebbero stati gli stessi. Fu a Parigi infatti che il movimento di contestazione studentesca apparve più simile ad una vera e propria «rivoluzione»: i giovani divennero il detonatore del malcontento della società tutta, scioperi, cortei, occupazioni e barricate arrivarono a paralizzare il paese e a far vacillare il sistema della Quinta Repubblica.

Tutto era partito da Nanterre, l’ateneo alle porte di Parigi, già scosso da incidenti e proteste nell’autunno precedente, dove nacque il «movimento del 22 marzo» guidato da Daniel Cohn-Bendit. La miccia che fece esplodere leggi tutto

Berlusconi, il “Partito VEG” e una storia che viene da lontano

Giulia Guazzaloca - 15.04.2017

In Italia la “propaganda veg” ha ottenuto nei giorni scorsi il supporto di un testimonial d’eccezione, Silvio Berlusconi: le immagini del presidente di Forza Italia che allatta col biberon uno dei cinque agnelli salvati dalla macellazione e ospitati nella villa di Arcore hanno fatto il giro di quotidiani e social network, scatenando un gran numero di analisi e polemiche. Si tratta di una campagna tatticamente costruita per intercettare il voto di un “popolo”, quello vegetariano/vegano, in continuo aumento? Berlusconi è stato in qualche modo costretto dalla sua compagna Francesca Pascale e da Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega Italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente? Loro smentiscono assicurando l’autentico amore del presidente per gli animali. Qualcuno ipotizza anche che si tratti di una sincera virata in senso salutista, animalista e “bucolico” di un Berlusconi ormai in declino politico, che avrebbe quindi abbandonato il machismo godereccio degli anni ruggenti.

Al di là dei motivi sottesi alla scelta di Berlusconi e delle criticheche ha suscitato da parte di Confcommercio, Coldiretti e produttori di carni, un dato è certo: in Italia esistono ormai due “partiti” che, pur non essendo equivalenti sul piano numerico, si presentano come interpreti di due opposte “filosofie di vita”. leggi tutto

Due modelli di "nazione " si sfidano in Gran Bretagna

Giulia Guazzaloca - 28.04.2016

La Brexit, il Labour, il Leicester City

 

Se si guardano tre dati apparentemente distanti tra loro, soprattutto i primi due col terzo, può sorgere il dubbio che in Gran Bretagna stia tramontando la stagione del nazionalismo aperto e cosmopolita, accogliente e multiculturale, così come quella della sinistra liberal, all’americana, socialdemocratica e neoliberista. Il primo dato riguarda ovviamente l’accesa campagna del Vote Leave in vista del referendum sulla Brexit (l’uscita del Regno Unito dalla UE) previsto per il prossimo 23 giugno; anche se gli ultimi sondaggi rivelano che il 54% della popolazione sarebbe a favore della permanenza nell’Unione Europea, per molti mesi il divario tra favorevoli e contrari è stato minimo. La seconda novità è la svolta, ideologica e programmatica, che Jeremy Corbyn sta imponendo al partito laburista; eletto alla guida del Labour lo scorso settembre, si colloca molto più a sinistra di tutti i leader che l’hanno preceduto dal 1935 in poi, intende azzerare (o quasi) l’eredità di Tony Blair e Gordon Brown, afferma che «la Gran Bretagna può imparare da Karl Marx».

Il terzo elemento non ha a che vedere con la politica, ma è a suo modo sorprendente; sta facendo discutere gli esperti del settore di tutta Europa e in parte può essere visto come una sorta di riscossa dell’Inghilterra «profonda», operaia, lontana dai circuiti dei grandi mercati internazionali. leggi tutto

In ricordo di Umberto Eco

Giulia Guazzaloca - 27.02.2016

Innumerevoli sono stati in questi giorni i ricordi, le commemorazioni, le analisi della personalità e dell’eredità intellettuale di Umberto Eco. Ma gli elogi in memoria della grandi personalità scomparse lasciano sempre il tempo che trovano; si tratta di un «genere» giornalistico che probabilmente Eco avrebbe incenerito con una battuta. Mentre era in vita, la sua personalità complessa e la sua opera non hanno goduto solo di successi e riconoscimenti. Il carattere caustico e sferzante, l’amore estremo per il paradosso gli hanno provocato, infatti, frequenti attacchi e polemiche; la sua produzione non è sfuggita a critiche anche dure, specie all’uscita de Il cimitero di Praga, e prima ancora con Il pendolo di Foucault.

Ma questo in fondo capita alle grandi personalità che lasciano il segno. Un segno che nel caso di Eco non sta tanto nelle singole opere, o non solo in esse: che fossero celebri romanzi o le note della Bustina di Minerva, rubrica che per trent’anni ha tenuto sul settimanale «L’Espresso»; che fossero complessi scritti avanguardistici sulla filosofia del linguaggio, dove Aristotele spiegava Joyce e viceversa, o saggi teorici sull’estetica. Il segno, Umberto Eco lo ha lasciato ancor più nel tipo di intellettuale che è stato: un intellettuale atipico, vulcanico, fuori dal coro. leggi tutto

Il fantasma della Brexit

Giulia Guazzaloca - 09.01.2016

L’«anno orribile» dell’Unione Europea

 

Un bilancio sullo stato dell’Unione Europea nel 2015 rimanda l’immagine di una realtà che pare lontanissima da quella in cui, solo tre anni fa, le venne assegnato il premio Nobel per la pace. Se la crisi economica le ha fatto progettare, per la prima volta nella sua storia, l’espulsione di uno dei suoi paesi membri, la Grecia, la massiccia ondata migratoria e la sfida del terrorismo islamico ne hanno pesantemente compromesso i valori fondanti. Non solo, infatti, sono in crescita un po’ ovunque i partiti anti-europeisti e xenofobi, ma la reintroduzione dei controlli alle frontiere da parte di Svezia e Danimarca sta mettendo a rischio gli storici accordi di Schengen e, più in generale, quei principi di libertà e libera circolazione delle persone che costituiscono l’architrave del progetto comunitario. Sono subito corsi ai ripari il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e il commissario europeo agli Affari Interni e all'Immigrazione: il primo dicendo che salvare Schengen è un «dovere collettivo », il secondo convocando un tavolo coi rappresentanti dei governi svedese, danese e tedesco per rispondere in modo coordinato all’emergenza migratoria.

In questa complessa situazione, nella quale si sommano il prosperare dei populismi nazionalistici, il moltiplicarsi delle sfide interne ed esterne, la crisi della leadership tedesca, un ulteriore pericoloso fantasma aleggia sul futuro della UE. leggi tutto

Elisabetta e Vittoria: due regine, due epoche

Giulia Guazzaloca - 12.09.2015

Il regno più lungo

 

La notizia è rimbalzata per giorni sui media di tutto il mondo, probabilmente assai di più di quanto la regina avrebbe gradito: nel pomeriggio del 9 settembre 2015 il regno di Elisabetta II è diventato ufficialmente il più lungo nella storia della monarchia britannica, avendo superato quello dell’antenata Vittoria rimasta sul trono per 63 anni e 217 giorni. Un altro dei tanti primati di Sua Maestà: Elisabetta è infatti attualmente il più anziano capo di Stato al mondo, nel 2007 era diventata la monarca britannica più longeva, essendo Vittoria morta all’età di 81 anni, e secondo un recente sondaggio del «Sunday Times» gli inglesi la ritengono il più grande sovrano che il paese abbia mai avuto.

A fronte delle tante celebrazioni, nei paesi del Commonwealth e non solo, delle migliaia di telegrammi e lettere arrivate da ogni parte del mondo, la regina ha preferito evitare cerimonie ufficiali ritenendole una mancanza di rispetto nei confronti dei suoi antenati; forse anche un modo per onorare la memoria di Vittoria, nota per la sua riservatezza. Business asusual, quindi, secondo una tipica massima britannica; e così, come previsto da mesi, nel giorno del «record» Elisabetta si è recata all’inaugurazione di un nuovo tronco ferroviario nella Scozia meridionale. Non si è trattato comunque di una scelta casuale, visto che i sentimenti indipendentisti degli scozzesi li hanno portati, nel referendum dell’anno scorso, ad un passo dalla separazione da Londra e alla vigilia della consultazione la sovrana si era spinta a chiedere al popolo della Scozia di «riflettere con grande attenzione» sul voto. leggi tutto

200 anni fa la sconfitta di Napoleone e il Congresso di Vienna: nasceva l'Europa moderna

Giulia Guazzaloca - 07.07.2015

Tra Waterloo e Vienna – Grandiose le celebrazioni, in Belgio ma non solo, e inevitabili le polemiche per il bicentenario della sconfitta di Napoleone a Waterloo. Era infatti il 18 giugno 1815 quando l’imperatore, che aveva riconquistato il potere in Francia cento giorni prima, fu battuto dagli eserciti inglese e prussiano facenti parte della cosiddetta Settima Coalizione; esiliato definitivamente presso Sant’Elena, vi morì il 5 maggio di sei anni dopo. Nonostante siano passati due secoli, è una sconfitta che brucia ancora l’orgoglio patriottico dei francesi e resta, come ha scritto Le Figaro, «un tabù». Per questo si è rischiato l’incidente diplomatico quando il governo belga ha avanzato l’idea di coniare una moneta commemorativa da due euro in ricordo di Waterloo.  

E tanto, naturalmente, si è scritto e detto nelle scorse settimane a proposito delle ragioni dell’esito di quella grandiosa battaglia o di cosa sarebbe successo se a Waterloo avesse vinto Napoleone e nuovamente ci si è chiesti se la sua fu «vera gloria». In chiave storica, tuttavia, sarebbe forse meglio soffermarsi sul significato di medio e lungo periodo di quegli eventi, sul loro valore di cesura periodizzante. Perché se è vero che è sempre difficile, e in parte arbitrario, fissare delle date simbolo» entro cui collocare il passato, leggi tutto

La Gran Bretagna dei Conservatori

Giulia Guazzaloca - 21.05.2015

La nuova squadra di Cameron

 

Dopo le innumerevoli analisi sull’esito sorprendente delle elezioni dello scorso 7 maggio, i riflettori sulla politica inglese non si sono spenti. Forte della maggioranza assoluta alla Camera dei Comuni, David Cameron ha formato la sua nuova squadra di governo, di soli tories, e c’è grande fermento per alcuni provvedimenti che l’esecutivo si accingerebbe a prendere: dalla revoca dello Human Rights Act a misure più stringenti per combattere il radicalismo islamico, dalla «guerra alla BBC»  – come l’hanno definita i media – all’opposizione ai piani europei di insediamento e redistribuzione dei migranti.

Nella composizione del nuovo governo è stata evidente la volontà del primo ministro di puntare alla stabilità e alla continuità: sono stati confermati, infatti, tutti i precedenti ministri nei dicasteri chiave delle Finanze (George Osborne), degli Esteri (Philip Hammond), della Difesa (Michael Fallon) e degli Interni (Theresa May). Conferme prevedibili, del resto, dopo i risultati elettorali che, secondo la maggior parte degli analisti, hanno premiato il partito conservatore proprio sui temi caldi dell’economia, dell’immigrazione e del rapporto con l’Europa; con la disoccupazione in calo al 5,6%, la sterlina forte sull’euro e la crescita attestata al 2,5%, Cameron non poteva che proseguire sulla linea dell’austerity promossa da Osborne; al tempo stesso Theresa May gli fornisce una sicura garanzia rispetto alle posizioni tradizionalmente euroscettiche e anti-immigrazione del suo elettorato. leggi tutto

Gli inglesi ricordano il loro leader più grande

Giulia Guazzaloca - 19.03.2015

Gli anniversari di Winston Churchill              

 

Sono passati 50 anni dalla morte di Winston Churchill, 75 dalla sua nomina a primo ministro mentre infuriava in Europa la guerra scatenata da Hitler, 70 dalla fine di quel tragico conflitto quando Churchill, eroe della «battaglia d’Inghilterra» e vincitore del nazifascismo, era probabilmente la persona più famosa al mondo. In occasione di questi anniversari sono iniziate lo scorso gennaio in Gran Bretagna una serie di celebrazioni e manifestazioni, «Churchill 2015», in ricordo dello statista che l’anno scorso la BBC ha proclamato il più grande britannico di tutti i tempi.

Non sono mancate, come spesso accade, le polemiche: il noto conduttore e giornalista Jeremy Paxman lo ha definito «un completo egocentrico, un opportunista e talvolta un ciarlatano» e c’è da aspettarsi che le commemorazioni diventino (anche) una sorta di «processo» alla sua intera carriera politica. È sempre utile che non si interrompano gli studi e le ricerche sui grandi eventi e personaggi del passato e l’interesse sempre vivo per la figura e le opere di Churchill è ben testimoniato dai tanti libri a lui dedicati negli ultimi anni. Ma non c’è dubbio che nell’immaginario collettivo degli inglesi egli occupi un posto diverso dagli altri, pur grandi, statisti di tutti i tempi: fa parte ormai dell’olimpo degli eroi e dei miti della nazione, assieme a Elisabetta I, Horatio Nelson, la regina Vittoria. leggi tutto

L’antisemitismo contagia gli inglesi

Giulia Guazzaloca - 12.02.2015

Inchieste shock sull’antisemitismo in Gran Bretagna                 

 

È vero che nella moderna storia britannica l’antisemitismo è stato presente sempre e in tutti i settori della società, sebbene in forme meno aspre e pervasive rispetto all’Europa continentale, e la più recente storiografia ha ormai sfatato anche il «mito» della tolleranza degli inglesi nei confronti della comunità ebraica. Nondimeno, i risultati di alcuni sondaggi e inchieste condotti all’inizio di quest’anno hanno suonato un preoccupante campanello d’allarme circa il radicamento dell’antisemitismo nel Regno Unito.

Un’indagine eseguita qualche settimana fa da YouGov per la Campaign Against Antisemitism ha rivelato infatti che il 45% dei cittadini nutre sentimenti antisemiti, nella forma dell’adesione ai più comuni pregiudizi e stereotipi riguardanti gli ebrei. Ad esempio, il 25% condivide l’idea che essi «bramino il denaro più degli altri britannici»; uno su cinque ritiene che la lealtà degli ebrei verso Israele li renda «meno leali al Regno Unito»; il 13% pensa che «gli ebrei parlino troppo dell’Olocausto» e, circa uno su sei, che esercitino «troppo potere nei media». Dati «scioccanti» secondo gran parte della stampa britannica, ai quali ha immediatamente risposto il ministro degli Interni Theresa May dicendo, durante una cerimonia in ricordo delle vittime degli attacchi terroristici di Parigi, che la Gran Bretagna deve raddoppiare gli sforzi per «spazzare via l’antisemitismo». leggi tutto