Ultimo Aggiornamento:
27 marzo 2024
Iscriviti al nostro Feed RSS

Vertice UE di Bratislava: fedeli alla visione (anche quando non c'è)

Duccio Basosi * - 28.09.2016
Incontro Bratislava

Fedeli alla linea, anche quando non c'è,

quando l'imperatore è malato,

quando muore o è dubbioso o è perplesso.

CCCP Fedeli alla linea, 1986

 

 

Nei giorni scorsi la stampa internazionale ha commentato il vertice UE di Bratislava del 16 settembre principalmente sotto il profilo dell'inconcludenza, mettendo poi in rilievo come quelle poche decisioni pratiche, effettivamente prese nella capitale slovacca, indichino l'attuale predominio, nel continente, di una coalizione di fatto tra forze conservatrici in economia e forze nazionaliste (e xenofobe) in politica. Dal canto suo, la stampa italiana ha dovuto declinare questa stessa lettura dal punto di vista specifico del governo di Roma, sconfitto su tutta la linea, nonostante l'attivismo diplomatico delle settimane precedenti il vertice.

 

In effetti, scorrendo la seconda parte del comunicato finale, quella dedicata ai topolini partoriti dalla montagna, non vi è molto che si possa contestare a tale interpretazione.[1] Tuttavia, sul piano generale della politica internazionale, sono piuttosto le prime venti righe del comunicato a meritare di essere lette con attenzione. E' lì, infatti, che si rivelano nella loro pienezza tanto la profondità della crisi europea, quanto l'assenza di una qualsivoglia idea finalizzata a risolverla. Per molti versi, le frasi scritte nero su bianco in quelle righe configurano il comunicato finale del vertice come uno dei documenti più bislacchi della storia della diplomazia moderna.

 

Si parte, al terzo capoverso, con l'affermazione secondo cui “la UE non è perfetta”, che è semplicemente straordinaria: dal Congresso di Vienna in poi, non si ha memoria di un vertice internazionale che si sia prodotto in un'escusatio non petita così spassionata. Naturalmente, per chi non abbia a cuore la sacralità del potere, sempre e comunque, potrebbe anche trattarsi di un inizio promettente (parrebbe un'apertura del sovrano alle critiche del popolo). Purtroppo, quanto segue si incarica subito di mostrare che la situazione può solo peggiorare. Le righe successive, infatti, declinano il possibile miglioramento della UE nella forma di una specie di terapia di gruppo dei capi di governo: “dobbiamo migliorare la comunicazione tra noi […], ma soprattutto con i nostri cittadini. Dovremmo iniettare maggior chiarezza nelle nostre decisioni. Dovremmo usare un linguaggio chiaro e onesto”. Pare di vederli mentre si abbracciano e piangono gli uni sulle spalle degli altri, sotto gli occhi sbigottiti dei rispettivi consiglieri diplomatici. In ogni caso, forse proprio per l'effetto dell'“iniezione” evocata qui sopra (metafora eccezionale, che restituisce perfettamente il senso di una riunione di persone bisognose di essere medicalizzate), al quinto capoverso arriva finalmente l'impegno collettivo preso al vertice: “ci siamo impegnati a offrire ai cittadini […] una visione di una UE attraente”.

 

E' la frase cruciale del comunicato, ma anche quella che indica con chiarezza il niente che sta sotto il testo. Evocare immagini, non c'è bisogno di dirlo, è una componente naturale del discorso politico. Ma qui non siamo in presenza di un Martin Luther King che afferma di avere un “sogno” e si premura di spiegare che quel sogno è fatto di figli di ex-schiavi e figli di ex-schiavisti che un giorno potranno sedersi insieme al tavolo della fratellanza. Non siamo in presenza di un Nelson Mandela che rivendica la sua “visione” di un Sud Africa libero, coltivata nei lunghi anni del carcere, e passa subito a spiegare che ciò significa che il suo governo darà sostegno economico e legale a chi è stato per decenni vittima dell'apartheid. Ma non siamo nemmeno in presenza di un più prosaico Robert Schuman, con la sua “proposta” di iniziare il cammino per la pace mondiale dall'integrazione dei settori del carbone e dell'acciaio di Francia e Germania.

 

Niente di tutto ciò. I leader europei riuniti in conclave dichiarano di aver preso l'impegno di fornire ai cittadini “una visione di una UE attraente”, ma si dimenticano di enunciare, sia pure a grandi linee o persino in modo puramente retorico, una qualsiasi caratteristica di tale visione. Del resto, lo stesso articolo determinativo pare essere stato bandito dalla frase, per evitare il rischio di trasmettere l'impressione di avere le idee chiare. Così, in questo corto circuito, da un lato già si perde il senso della promessa di un “linguaggio chiaro ed onesto”, dall'altro si resta stupiti dalla goffaggine di chi non ha capito che una campagna pubblicitaria non funziona, se sotto le immagini compare il sottotitolo “questa è solo pubblicità, in realtà le nostre scarpe sono uguali a tutte le altre”. E invece, in un'epoca in cui ogni politico ha il suo consulente speciale esperto di comunicazione, Bratislava ha prodotto proprio questo capolavoro: fedeli alla visione, anche se la visione non c'è.