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Verso le comunali dell'11 giugno - 6) La continuità territorale dei poli (1948-2013)

Luca Tentoni - 27.05.2017
Italia della Prima e Seconda Repubblica

Nelle precedenti tappe del nostro percorso verso il voto dell'11 giugno abbiamo comparato i dati relativi ai venticinque capoluoghi di provincia chiamati alle urne, confrontando i risultati ottenuti dai partiti e dalle coalizioni per area geo-politica, nel complesso e in rapporto col voto dell'intero Paese. Qui vogliamo invece chiederci fino a che punto sia dimostrabile una continuità fra le tendenze politiche della Prima e della Seconda Repubblica e se le mutazioni elettorali degli ultimi cinque anni abbiano interrotto tale continuità. Gli indici di correlazione fra voto a FI nel 2014 e al Pd nel 2013 e nel 2008, per esempio, ci spiegano che la distribuzione territoriale del voto al partito di Berlusconi è rimasta pressochè uguale, nonostante la notevole perdita di voti in valore assoluto e percentuale. L'indice è 0,87 nel Nord bianco, 0,91 nella Zona rossa e 0,71 nel Mezzogiorno allargato (dove la tenuta "azzurra" è stata meno costante e più messa alla prova dall'ascesa del M5S). La Lega Nord, invece, mantiene le sue aree di insediamento tradizionale, così come il Pd nella Zona rossa (0,86) e nel Mezzogiorno allargato (0,78) ma un po' meno nel Nord bianco (2013-2014: 0,66). In quanto al M5S, conferma la sua distribuzione territoriale dei consensi fra il 2013 e il 2014 nel Nord bianco (0,86) e nella Zona rossa (0,90), mentre l'indice più basso che si registra nel Mezzogiorno (0,75) è dovuto alla conflittualità col Pdl, come si accennava. Il M5S sembra avere ottenuto i propri voti del 2013-2014 affrontando avversari e circostanze diverse nelle tre aree del Paese (almeno, stando all'analisi dei 25 capoluoghi): nel Nord bianco il maggior interscambio sembra essere stato quello col Pd (la correlazione fra gli scarti 2008-2013 è pari a -0,90; col Pdl è solo -0,29); nella Zona rossa con Pd e Pdl (rispettivamente -0,71 e -0,65); nel Mezzogiorno allargato col Pdl (-0,71) ma non col Pd. Nell’area “antisistema”, però, come si nota dall’analisi territoriale, le percentuali di voto a Lega e FdI sono inversamente correlate (2014: -0,75) a quelle del M5S. Tornando per un attimo in dettaglio all'analisi del Nord bianco, si nota che il Pdl scambia (o meglio, perde) voti con Lega, Destra, M5S (solo -0,29) e astensione (-0,44), mentre la Lega ha uno stretto rapporto col Pdl (-0,91: il Carroccio guadagna o perde meno dove il partito di Berlusconi perde di più). Il Pd, in queste città, è in concorrenza con Sel (-0,43) e sinistra radicale (-0,65) ma soprattutto, come si accennava, col M5S (-0,90); Scelta civica, invece, "drena" voti da Lega (-0,56) e Idv (-0,42). Se il passaggio fra 2008 e 2014 sembra segnato da travasi di voti non omogenei sul territorio nazionale, si possono tuttavia trarre delle conclusioni. Il Pdl del 2014, a livello globale, perde voti rispetto alle politiche di sei anni prima verso la Lega (al Nord), il M5S, l'astensione; i Cinquestelle "pescano" da Pd e Pdl; l'astensione ottiene voti dal Pdl e dall'area dei partiti alla sinistra del Pd. Detto ciò, la continuità territoriale fra i poli della Seconda Repubblica e quel che ne resta ai giorni nostri è confermata dagli indici di correlazione relativi a tutti i passaggi fra il 2006 e il 2014. Se consideriamo come Centrodestra-CD l'insieme dei partiti che si sono presentati alleati alle politiche 2013 (la CDL senza i centristi, quindi) e chiamiamo Centrosinistra-CS la vecchia Unione prodiana del 2006, otteniamo che: 1) il CD 2006 ha un'altissima correlazione col CD 2008 (0,92), che scende nel rapporto col 2013 a 0,78 e a 0,74 in quello con le europee del 2014; 2) il CS 2006 è correlato quasi perfettamente col CS 2008 (0,98), ma resta praticamente lo stesso, sul territorio, in relazione agli appuntamenti elettorali del 2013 (0,89) e - un po' meno, ma ancora molto - del 2014 (0,71). In altre parole, le percentuali di voto sono cambiate, ma le basi territoriali dei poli della Seconda Repubblica molto meno. Se poi compariamo il CD e il CS del 1994 e del 2008 osserviamo una notevole continuità (CD 0,81; CS, 0,76). Così, ci spingiamo oltre. Proviamo a disegnare, per il periodo che va dal 1948 al 1992, un Centrodestra formato dai partiti anticomunisti (Dc, Pli, Psdi, Msi, monarchici) e una Sinistra che vada dai Verdi e Radicali fino a Pdup-Dp, passando per Psi e Pci. In questa classifìcazione lasciamo volutamente fuori il Pri (per il suo ruolo particolare di cerniera dialogante fra i due poli) così come per la Seconda Repubblica abbiamo escluso i centristi come Udc e Udeur, per esempio. Il confronto fra questi due schieramenti ci restituisce un risultato impressionante: la correlazione fra il voto al Centrodestra 1948 e al CD 1987 nei venticinque capoluoghi è 0,87; quella fra la Sinistra 1948 e la S1987 è 0,89. Si attenua col passaggio alla Seconda Repubblica, ma resta visibile nel CD fino al 1996 (0,54) per poi scendere ancora nel 2013 (0,44) e nel 2014 (0,36), mentre nel CS è ancora 0,64 nel 1996, 0,51 nel 2008 e 2013, addirittura 0,62 alle comunali 2012-'14. In altre parole, qualcosa della struttura territoriale dei poli del '48 resiste ancora. Se poi consideriamo CD e Sinistra nel confronto 1972-2013 abbiamo coefficienti rispettivamente pari a 0,47 e 0,60. Infine, il CD1987 e il CD2013 hanno un indice pari a 0,61, mentre quello fra la S1987 e il CS2013 è 0,69. Infine, passiamo in rassegna i risulati ottenuti dai due schieramenti (Centrodestra 1948-2013, Sinistra 1948-'92 diventata CS 1994-2013) nelle diverse elezioni politiche. Nel 1948 il CD ha il 57,8% dei voti nelle città oggetto del nostro esame, contro il 33,5% della Sinistra. La distanza fra la città dove il CD ha la percentuale più alta (Oristano, 83,7%) e la più bassa (La Spezia, 45,2%), che chiameremo DiffCD, è del 38,5%, mentre la DiffS1948 fra La Spezia (50,3%) e Lecce (13,5%) è del 36,8%. La media di questi due dati ci dà la DiffGl1948, che è 37,75, contro il 24,3% della differenza media complessiva dei due schieramenti. Questa operazione ci serve per misurare il grado di polarizzazione e di forza degli insediamenti dei due poli, che nel 1948 è, appunto 37,75 (24,3% in voti in più per il CD), resta stabile nel periodo 1953-1963 fra 34 e 36 (con una differenza media di voti intorno al 20-22%), si attesta a quota 30-32 nel 1968-1972 (diff. voti: 16,4%) per poi scendere nel periodo 1976-1987 a 27-29 (differenza media del 5-6% nel '76-'79, del 3,4% nel 1983, del 2,9 a favore della Sinistra, per la prima volta, nel 1987). In altre parole, mentre nel complesso dei 25 capoluoghi le differenze di voti fra Centrodestra e Sinistra si azzerano in circa 40 anni, lo scarto fra le roccaforti e le zone di scarso insediamento resta alto. Con la Seconda Repubblica addirittura risale (31-33 nel periodo 1992-1996, a fronte di uno scarto fra i poli che è solo del 6-7% a favore del CD), a dimostrazione che la cultura politica e gli insediamenti tradizionali resistono, non tanto come singoli partiti o simboli, ma come "voto di area". Nel periodo 2001-2008 la DiffGl scende a quota 25-27, restando 20-25 punti oltre lo scarto nazionale fra i poli. In valori percentuali, il CD è fra il 56 e il 61% dal 1948 a tutto il 1972, per attestarsi nel 1976-'79 poco sopra il 50%, scendere al 46-49% nel 1983-'92 e al 43,8% del 1994, per risalire a quota 45-48% fra il 1996 e il 2008. La Sinistra (poi CS) è al 33,5% nel 1948, si stabilizza sul 38-40% fra il 1953 e il 1972, quindi sale al 45,5% (1976-'79) e scende - salvo il picco del 48,9% nel 1987 - al 43,5% nel 1983 e al 41,8% nel '92, fino al 37,9% del 1994; in seguito inizia a riprendersi, portandosi al 40% nel '96, al 47-48% nel 2001-2006 e attestandosi sul 43,8% nel 2008. Nell'ultima elezione prima del 2013, dunque, in questi 25 capoluoghi le posizioni del centrodestra sono circa le stesse degli anni '80 e quelle del centrosinistra sono tornate al livello del 1983. È nel 2013 che ha luogo la discontinuità che in questa comparazione non avevamo ancora osservato, quasi come se il passaggio fra Prima e Seconda Repubblica non fosse avvenuto. Alle ultime politiche il CD ha perso il 20,2%, il CS il 10,6%. Il distacco (6,1 per il CS) è tornato al livello del 2006, mentre la DiffGl2013 è ancora alta, a quota 21 (contro il 25-26 del 2006-2008), segno che le differenze territoriali restano. Eppure è nato un terzo polo, il M5S, che ha l'1,3% in più del CD e il 4,8% in meno dell'ex Unione. Ciò dimostra che l'affermazione dei Cinquestelle non distrugge le roccaforti dei partiti e dei poli tradizionali, ma li indebolisce entrambi in modo marcato anche se non del tutto uniforme. In ogni caso, da questi dati sembra che il passaggio 2008-2013 sia più incisivo, sulla bipartizione destra-sinistra dell'elettorato, rispetto a quello del 1992-'94, perchè introduce altre linee e altre categorie di divisione. I dati sui capoluoghi ce lo mostrano abbastanza chiaramente. Vogliamo introdurre, a questo punto, un ulteriore strumento di valutazione: l’indice di frammentazione elettorale. Varia fra 0 (il minimo della frammentazione: un partito ottiene il 100% dei voti) e 1 (miriadi di partiti ottengono percentuali infinitesimali). L’indice è estremamente sensibile, perché nel caso di un sistema caratterizzato da due partiti non restituisce un valore di 0,5: lo fa soltanto se le due liste hanno entrambe il 50% dei voti, ma se il rapporto cambia (75 a 25, 70 a 30, 60 a 40) l’indice muta (è pari, rispettivamente, a 0,375, 0,42 e 0,48); l’indice di bipolarismo, invece, ci darebbe 100 (la somma delle percentuali dei due partiti) in tutti i casi. Nei capoluoghi oggetto del nostro esame, quelli con la minore frammentazione sono le roccaforti bianche del Nord e rosse del Centronord, con valori medi che, nel periodo 1948-’68, risultano pari, nelle prime, a 0,719 e - nelle seconde - a 0,740, mentre nel Mezzogiorno allargato la frammentazione è più elevata (0,773) sia rispetto alla media dei comuni (0,755) che a quella nazionale (0,734). Col passare del tempo, il Nord “bianco” che vedeva il dominio della Dc e dell’area di centro-centrodestra in generale, vede aumentare la frammentazione, a causa dell’arrivo delle Leghe (la Liga Veneta e il Carroccio). Nel 1987, con un indice pari a 0,808 nei 25 capoluoghi e a 0,782 a livello nazionale, l’indice Fe nel Nord bianco è 0,809 (+0,90 rispetto al periodo ’48-’68), nella Zona rossa 0,785 (+0,45) e nel Mezzogiorno allargato 0,801 (+0,28). Il ricompattamento nel Sud intorno alla Dc (con la scomparsa dei partiti monarchici e poi con il drenaggio di voti dal Msi verso il partito democristiano nelle occasioni di maggior mobilitazione, come nel ’76) oltre alla comparsa di nuovi soggetti politici (radicali, verdi) avevano fatto aumentare anche l’indice dei comuni (da 0,755 del ventennio 1948-’68 a 0,808: +0,53) e quello nazionale (da 0,734 a 0,782: +0,58). La caratteristica dei nostri venticinque capoluoghi era stata, in tutta la Prima Repubblica, quella di una maggiore frammentazione (media 1948-’92: 0,775 contro 0,754 della Mnaz). Invece, nel passaggio fra Prima e Seconda Repubblica, si azzera: nell’ultima elezione col vecchio sistema dei partiti (1992) il divario di frammentazione è pari a 0,024 (Mcap 0,871, Mnaz 0,847), all’esordio del nuovo (1994) scende a 0,004 (Mcap 0,869, Mnaz 0,865). In altre parole, in tutta la Seconda Repubblica la frammentazione elettorale di questi capoluoghi si “omogeneizza” a quella nazionale (differenza media Mcap-Mnaz 1994-2013: -0,002). L’indice segue, a livello locale, l’evolversi delle vicende globali: bassissimo nel 1948 (Mcap 0,678, Mnaz 0,666), si attesta ad un livello più elevato fra il ’53 e il ’72 (Mcap 0,765-0,786, Mnaz 0,740-0,761) per poi diminuire in occasione dello storico “duello” fra Dc e Pci (1976: Mcap 0,731, Mnaz 0,717) e tornare a salire, costantemente, fino a raggiungere il picco nel periodo 1992-’94 (Mcap 0,869-0,871, Mnaz 0,847-0,865) in coincidenza col passaggio alla Seconda Repubblica e ancora attenuarsi, con la stabilizzazione del nuovo sistema dei partiti (2001-2008 Mcap da 0,834 a 0,735, Mnaz da 0,840 a 0,735). La “rivoluzione elettorale” del 2013, in realtà, riporta l’indice di frammentazione ai livelli del 2006 (Mcap: 0,803 del 2013 contro 0,813 del 2006; Mnaz, 0,812 contro 0,815) vanificando l’effetto “bipolarizzante” indotto nel 2008 dalla nascita di Pd e Pdl e dalla formazione di coalizioni elettorali minime (si aggiunge, inoltre, in quella occasione, la scomparsa dal Parlamento delle formazioni a sinistra del Pd). Nel passaggio fra il 2012 e il 2015 l’indice di frammentazione nei venticinque capoluoghi muta a seconda del tipo di consultazione: 0,802 alle politiche, 0,737 alle europee (un effetto causato dal risultato del Pd), 0,862 alle regionali 2012-’15 e 0,895 alle comunali. La presenza di “liste del sindaco” (o del presidente di regione) e di soggetti “civici” rende la frammentazione più elevata. Va però considerato che – aggregando i dati delle liste “di area” a quelli dei partiti presenti alle elezioni nazionali, si osserva che alle regionali la frammentazione aumenta poco rispetto alle politiche (0,009) mentre alle comunali la specificità si attenua ma resta ben visibile (differenza Com-Pol: 0,032).