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17 aprile 2024
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Tassare i giganti del web e non solo

Gianpaolo Rossini - 20.09.2017
Web tax

L’Ue sta muovendosi con una  sorprendente buona armonia tra i partners per tassare i giganti del web. E’ una buona notizia per tante ragioni.  Perché i membri della Ue si rendono conto che muoversi in ordine sparso di fronte ad imprese con dimensioni che sono di gran lunga superiori dal punto di vista economico di non pochi stati europei significherebbe votarsi ad una sconfitta perdendo entrate fiscali significative. Facebook ha una capitalizzazione pari a circa un terzo del Pil del bel paese, poco sopra quella di Amazon che è attorno ai 500 miliardi di dollari. Fattura 27 miliardi di dollari nel 2016, cresce di circa il 50% sull’anno precedente e ha un margine operativo stratosferico del 52%!!!! Paga complessivamente imposte con una aliquota media pari a circa il 20%.  Dove siano riscosse queste tasse non è dato sapere ma certamente solo una parte negli Usa dove l’imposta sulle società è al 38%. E ancor meno in Italia. L’Ue si sta muovendo bene avanzando l’idea di tassare i ricavi invece dei profitti. Questi ultimi infatti possono essere spostati facilmente da paesi a più alte aliquote a stati con aliquote più basse manipolando i prezzi dei trasferimenti di risorse interne ad una stessa impresa da un paese all’altro.  Per esempio, una azienda che produce auto in Germania dove è alta l’aliquota d’imposta sulle società compera motori da una sua unità produttiva in Romania dove è bassa l’aliquota. Gonfia il prezzo dei motori prodotti in Romania e i profitti ottenuti in quel paese riducendoli in Germania e alla fine paga meno imposte a livello globale.  Tutto questo incide non poco sulla disuguaglianza dei redditi disponibili all’interno dei paesi.  Queste operazioni di elusione fiscale globale sono effettuate anche dai giganti del web su larga scala e con metodi molto sofisticati. Il che significa che tassarne i profitti è una rincorsa ardua se non impossibile in presenza di aliquote e sistemi di tassazione molto diversi tra paesi anche dentro la stessa Ue.Invece se si tassano i ricavi non ci saranno più incentivi per imbrogliare sul prezzo di trasferimento. Anche se tassare i ricavi presenta alcune controindicazioni. Comunque l’idea di tassare i ricavi o di usarli come indicatore andrebbe estesa a tutte le imprese multinazionali che evadono con il sistema del transfer price gonfiato somme enormi salvo poi magari rifarsi una verginità con bilanci socialmente responsabili, donazioni e quant’altro.

L’Ue deve procedere con coraggio e forza su questa strada percorrendola tutta sino in fondo. Dovrà cercare però di compensare quei paesi (piccoli)  eletti dai giganti del web per le loro operazioni di banditismo fiscale e che partecipano un po’ di questi guadagni,  come i paesi che davano ospitalità ai pirati della corona britannica cinque secoli fa.  E’ il caso dell’Irlanda, anni fa maltrattata dall’autorità della concorrenza della Ue che ha bloccato con argomentazioni  infondate  il matrimonio tra Ryanair e la compagnia di bandiera irlandese Air Lingus. La motivazione addotta era che si sarebbe creata una compagnia  con una posizione dominante sul mercato irlandese. Peccato che il mercato rilevante fosse invece quello europeo. Purtroppo la motivazione vera era che la nuova compagnia avrebbe insidiato il triopolio un po’ colluso formato da Lufthansa, KLM-Airfrance, British-Iberia aggiungendo un nuovo intruso. Certamente l’atteggiamento benevolente di paesi piccoli come l’Irlanda nei confronti delle grandi multinazionali è dovuta al fatto che queste, proprio perché grandi, possono permettersi spendendo poco di piegare i governi ai loro voleri. Per questo l’Ue deve tenere conto di tutto ciò sia in campi come quello della concorrenza sia per eventualmente compensare i piccoli che fanno free riding fiscale affinché smettano.

La tassazione dei giganti del web è in ogni caso una buona occasione per rinsaldare l’Ue. Ma occorre farlo bene tenendo conto non solo dei problemi sopra ma del fatto che i giganti del web hanno posizioni dominanti delle quali è troppo facile abusare con frequenza. La storia dei contenziosi della Ue con le grandi multinazionali americane è un po’ bizzarra. Di solito l’autorità per la concorrenza parte in quarta con sanzioni severe. Qualche anno fa toccò a Microsoft che si vide rifilare una multa da quasi mezzo miliardo di euro in prima istanza, ma che in seconda istanza venne ridotta, non ridete gente, a zero euro. Storia analoga qualche settimana fa quando la Corte di Giustizia Europea ha annullato una multa di qualche centinaia di milioni di euro al gigante Usa dei chip Intel, molestatore seriale di concorrenti, fornitori e altri. Al di là delle giustificazioni contenute nei dispositivi delle sentenze è forte il sospetto che in alcuni settori della amministrazione europea ci siano alti livelli di connivenza con grandi imprese.

In ogni caso il problema della tassazione dei giganti del web porta con sé il problema di fondo della posizione dominante di giganti in primis Usa ma che presto potrebbero cinesi o di altri paesi. Sia negli Usa che in Cina le autorità per la concorrenza hanno talvolta imbarazzanti prossimità con grandi campioni nazionali e globali e così pure le autorità fiscali. Circa un anno fa perfino l’amministrazione Obama intervenne direttamente in difesa di grandi imprese Usa finite sotto inchiesta in Europa da parte di autorità fiscali nazionali.Nel caso di Amazon, primo venditore online al mondo,  forse tra un po’ si sveglierà anche l’autorità Usa visto che sta facendo terra briciata in una miriade di settori commerciali, dalle librerie ai supermercati per il cibo.  La dimostrazione che Amazon sta agendo in maniera predatoria è data dal fatto che dopo aver fatto chiudere infinite librerie in mezzo mondo e soprattutto in Usa, ora apre le sue prime librerie in California ove ovviamente vende ai suoi prezzi. Ma allora tutto torna come prima? Per nulla perché prima le case editrici si trovavano di fronte tante librerie cui vendere e con cui potevano spuntare prezzi decenti e ora si trovano di fronte un solo venditore che impone prezzi capestro facendo così profitti enormi.  In più il deserto degli esercizi commerciali e l’erosione perfino della grande distribuzione che produce la vendita on line negli Usa ha effetti drammatici  sul volto delle città e non è facilmente reversibile.  E dovremo presto farci i conti anche noi.