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27 marzo 2024
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L'Italia dei "sette campanili"

Luca Tentoni - 09.04.2016
Elezioni comunali giugno 2016

Fra due mesi, quando saranno aperte le urne delle elezioni comunali, i partiti non potranno fare a meno di dare ai responsi delle "amministrative" un valore politico. O, meglio, lo faranno soprattutto i vincitori. Ad ogni buon conto, se ci sarà un dibattito sui risvolti del voto sul quadro politico nazionale si terrà conto non delle centinaia di comuni che pure rappresentano una parte non trascurabile dell'elettorato, ma dei sette capoluoghi di regione dove avranno luogo le sfide principali, probabilmente le più incerte e appassionanti. Come nella storica trasmissione radiofonica "Tutto il calcio minuto per minuto", insomma, saranno le notizie provenienti dai "campi principali" ad occupare in modo pressochè totalizzante l'attenzione degli appassionati. Eppure quelle sette città, come del resto i ventuno capoluoghi di regione italiani (per il Trentino-Alto Adige si considerano Trento e Bolzano) hanno un comportamento elettorale molto diverso rispetto al resto del Paese. Per accorgersene, basta elaborare i dati relativi alle consultazioni dal 2006 in poi. In tutte le occasioni il centrosinistra avrebbe vinto le elezioni: non solo come Unione nel 2006 (51,9% contro il 41,6% nazionale) ma anche come "piccolo centrosinistra" nel 2008 (politiche: Pd e Idv avrebbero portato Veltroni a Palazzo Chigi col 43,6% dei voti contro il 37,6% nazionale; il centrodestra si sarebbe fermato al 41,7%, contro il 46,8% nazionale) e nel 2009 (europee). Alle politiche 2013 la coalizione di Bersani ha ottenuto nei comuni capoluogo di regione il 33,7% contro il 29,6% nazionale e il rispettivo 24,4%/29,2% del centrodestra). Alle europee 2014, inoltre, il solo Pd ha avuto il 43,5% a fronte del 40,8% nazionale, mentre il centrodestra si è fermato al 21,2% (molto al di sotto del 26,7% ottenuto in tutta Italia) e il M5S al 22,1% (meglio del 21,2% nazionale). I capoluoghi di regione pesano molto sul piano politico, ma non troppo su quello numerico: i loro elettori, infatti, sono poco meno di otto milioni, circa un sesto del corpo elettorale italiano. I sette capoluoghi dove si andrà alle urne il 5 giugno hanno però, da soli, circa il 70% degli aventi diritto al voto di questa categoria di comuni, contro il 30% (circa 2,4 milioni di italiani) degli altri 14 centri. Roma, Napoli, Milano, Torino, Bologna, Cagliari e Trieste, insomma, pesano parecchio sul complesso dei capoluoghi regionali e, politicamente, contano ancora di più. Sul piano del rendimento dei principali partiti c'è poca differenza fra il dato delle sette città al voto rispetto a quello delle altre quattordici. La caratteristica dei capoluoghi di regione in generale e, in particolare, di quelli dove si eleggeranno i sindaci nel prossimo giugno, è la minore affluenza alle urne rispetto al dato nazionale (-0,8% alle politiche 2008, -3,5% alle europee 2009, -0,6% alle politiche 2013, -4,6% alle europee 2014). In compenso, il dato delle schede bianche e nulle è più basso che altrove. Quella nelle sette città, insomma, sarà una competizione che è già strutturalmente diversa per i rapporti di forza più sbilanciati verso il centrosinistra e a sfavore del centrodestra rispetto al quadro nazionale, ma sarà ancora più complessa perchè la moltiplicazione delle candidature e le diverse combinazioni e alleanze nelle città renderanno difficile tracciare una sintesi che non risenta troppo dell'eterogeneità di domanda e offerta politica. Di sicuro il dato del M5S sarà omogeneo, perchè i Cinquestelle si presentano senza liste civiche e alleanze: i loro punti di partenza sono - nelle sette città capoluogo di regione - il 24,3% delle politiche 2013, il 21,7% delle europee 2014, il 16,4% delle regionali 2013-2015, il 7,4% delle scorse comunali (quasi tutte risalenti al 2011, quando il Movimento di Grillo era agli albori). Oscillante fra il 6 e il 9%, invece, è l'area della "sinistra radicale", mentre la "destra radicale" e la Lega hanno ottenuto, nel periodo 2011-2015, fra il 7 e il 10% dei voti (solo il 5% alle politiche, però). Molto variabili, inoltre, sono i dati riguardanti Pd e Forza Italia, che hanno oscillato parecchio negli ultimi anni, anche tenendo conto delle liste "di area" che si sono presentate alle regionali e alle comunali per sostenere i candidati sindaci o governatori. Va però tenuto conto, per un'indicazione di massima, che le liste di Forza Italia-Pdl hanno rispettivamente ottenuto il 21,7% alle comunali 2011 (liste di area: 7%), il 19,4% alle politiche, il 14,4% alle europee, il 15,8% alle regionali (liste del governatore: 3,3%) mentre quelle del Pd sono passate dal 27,2% delle comunali (liste del sindaco o "di area": 4,8%) al 28,9% delle politiche, al 44,1% delle europee e al 30,5% delle regionali (liste "del presidente": 7,1%). Questi dati - e la configurazione dell'elettorato delle sette città capoluogo - spiegano il successo del centrosinistra e della sinistra alle scorse “amministrative” (in sei comuni col Pd, in uno - Napoli - senza). In una "roccaforte rossa" come Bologna, ad esempio, la sola lista del Pd non ha mai ottenuto meno del 38-40% dei voti, mentre la seconda classificata non è mai arrivata al 20% (16,6% Pdl alle comunali 2011; 19,1% M5S alle politiche 2013, 15,3% M5S alle europee 2014; 14,5% Lega alle regionali 2014). In altre parole, in realtà del genere molto dipende dal rendimento dei Democratici, mentre in città come Roma e Napoli le distanze fra i possibili "poli" (e fra i candidati in lizza) sono meno nette, almeno stando ai precedenti più prossimi. In questa "Italia metropolitana" dei sette capoluoghi, insomma, che è un po' più astensionista e un po' più di centrosinistra rispetto al resto del Paese si gioca una partita che non è affatto scontata e che probabilmente sarà decisa, fra due mesi (al ballottaggio ovunque, si suppone) dalla capacità o meno delle "famiglie politiche" di restare coese. Questo è però il vero vulnus delle elezioni 2016: in molte realtà nei poli si giocano partite "tutti contro tutti", quindi i risultati complessivi delle liste di un'area potrebbero risultare in linea con i precedenti, ma l'esito della competizione potrebbe invece riservare più di qualche sorpresa.