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Le elezioni comunali e il “voto degli esclusi”

Luca Tentoni - 19.03.2016
Elezioni Comunali

Mentre i partiti definiscono, fra mille difficoltà, le candidature alle elezioni comunali, c'è già chi si prepara a dare al voto nei grandi centri urbani un valore politico nazionale. Ovviamente si tratta di comparazioni rischiose, fra consultazioni di diverso genere. In primo luogo, l'affluenza alle comunali è solitamente più bassa di circa il 15-20% rispetto a quella delle politiche. Se ci riferiamo ai soli dati aggregati relativi alle sette maggiori città dove si voterà fra un paio di mesi (Torino, Milano, Bologna, Trieste, Roma, Napoli, Cagliari) abbiamo un'affluenza oscillante fra il 54,1% delle europee e il 62% delle regionali (59,6% comunali) che sale però al 74,6% alle politiche (il periodo considerato va dal 2011 al 2015). La "platea" di riferimento, insomma, sarà stavolta meno ampia che nel 2013. Inoltre, ci sono appuntamenti nei quali i partiti e le coalizioni ottengono rendimenti diversi: più il voto è politico, ad esempio, più il M5S ha possibilità di conseguire una percentuale elevata. Non si spiegherebbe diversamente il 24,3% avuto alle politiche 2013 dai Cinquestelle contro il 21,7% delle europee e il 16,4% delle regionali 2013-2015. Senza contare, inoltre, che a Roma si votò lo stesso giorno, nel 2013, per comunali e politiche, con questi risultati: M5S 12,8% comunali, 27,3% politiche. In quella occasione il centrodestra ottenne invece il 31,7% per le amministrative ma solo il 23,7% per la Camera. Anche il centrosinistra ebbe un maggior risultato alle comunali romane rispetto alle politiche. Inoltre, bisogna considerare che alle amministrative una percentuale media di voti variabile fra il 7,3% e il 7,7% degli aventi diritto è costituita da schede dove il votante non ha optato per un partito ma ha scelto solo il candidato sindaco o "governatore". Quindi, i raffronti andranno fatti con molto giudizio. Ad ogni buon conto, però, queste comunali possono dirci molto più di quanto crediamo: basta cercare altrove i segnali più significativi. Per ottenere qualche indicazione potremmo prendere in considerazione due fattori: la "filosofia di fondo" del sistema di voto e il comportamento degli elettori. Per quanto riguarda il primo, è ben noto che fra il meccanismo per l'elezione dei sindaci e l'Italicum per la Camera esistono alcune affinità: il doppio turno se nessuno supera una certa percentuale (il 50% nei comuni, il 40% per Montecitorio) e il ballottaggio "chiuso" (a due). Restano, ovviamente, molte differenze, fra le quali la possibilità di apparentamenti fra il primo e il secondo turno (possibili nei comuni ma non - o non ancora - per l'Italicum) e il premio di maggioranza che in un caso è riservato alla persona (comunali: contano i voti dei candidati sindaci, non quelli delle liste) e nell'altro al partito (Camera dei deputati). Questo "patrimonio comune" ai due sistemi (il premio e il ballottaggio chiuso) ci permette di fare un passo ulteriore: cercare di comprendere come si comportano gli elettori dei partiti e dei candidati esclusi dal ballottaggio. Si tratta, com'è evidente, di dati che anche in tal caso vanno presi con molta cautela, perchè conta anche la personalità dell’aspirante sindaco “bocciato” al primo turno. Quello più vicino ideologicamente - in teoria - ad uno dei promossi al ballottaggio potrebbe – per esempio - essere un suo acerrimo avversario politico, quindi non necessariamente gli elettori rimasti "orfani" sarebbero disposti a tornare alle urne per sostenere il candidato "meno distante" (alcuni, piuttosto, potrebbero preferirgli lo sfidante). Fatte perciò le dovute distinzioni, resta però l'interesse che il comportamento di voto degli esclusi riveste in funzione di una possibile futura scelta analoga che potrebbe presentarsi loro in occasione del ballottaggio con l'Italicum. Poichè, secondo tutte le rilevazioni e i sondaggi, nella battaglia per la conquista del premio di maggioranza alla Camera i competitori in lizza sarebbero il Pd e il M5S, resta da vedere come si comporterebbe l'elettorato di centrodestra (sia nel caso che l’area di Berlusconi e Salvini tornasse unita e competitiva con gli altri due soggetti politici, sia nell’ipotesi di “corsa separata”). Sarà dunque importante confrontare i dati delle ultime elezioni politiche, europee e regionali con quelli delle comunali per capire se il centrodestra ottiene più voti andando diviso o unito e se - arrivato eventualmente al ballottaggio - è in grado di attrarre voti e da quale direzione. A Bologna sarà  interessante assistere alla lotta fra M5S e Lega. Altrove, invece (per esempio in qualche città non capoluogo di regione) potrebbero trovarsi a lottare per il secondo posto i Cinquestelle e il centrodestra: chi avrebbe la meglio (con nuovi o confermati rapporti di forza)? In situazioni del genere, come si comporterebbe l'elettorato escluso? I votanti di centrodestra appoggerebbero il M5S, si asterrebbero o darebbero un (poco probabile) sostegno al candidato di centrosinistra? Inoltre: in realtà come Torino, invece, la sinistra radicale accorrerebbe in massa per sostenere Fassino (nello specifico, ma si potrebbe fare anche il caso di Roma) in un possibile secondo turno? A Milano e Trieste, dove i favoriti appaiono i candidati di centrosinistra e centrodestra, a chi finirebbero i voti del M5S? E nella Capitale, con la Raggi (M5S) favorita, come si comporterebbero gli elettori di un centrodestra che potremmo eufemisticamente definire "plurale"? C'è poi il caso di Napoli, dove ogni combinazione è possibile e dove i concorrenti competitivi sono almeno quattro (quindi due o più verranno "eliminati" al primo turno, lasciando elettorati più o meno cospicui a fare da arbitri). Insomma, mentre i ballottaggi con l'Italicum che i sondaggi presentati da Mentana il lunedì al Tgla7 sono "esercitazioni", nelle città italiane potrebbero andare in scena davvero tutte le combinazioni possibili: Pd contro M5S; Pd contro centrodestra; centrodestra contro M5S. Senza contare gli outsider e De Magistris a Napoli. Si tratta, nelle città come a livello nazionale, di sfide fra partiti o “cartelli elettorali” che possono portare al ballottaggio soggetti politici con un consenso complessivo (come sembra verosimile) di circa il 50-60% dei votanti del primo turno. La questione del “voto degli esclusi”, dunque, diventa cruciale. Inoltre, sarà importante leggere con attenzione i dati delle elezioni nei capoluoghi di regione tenendo presente che in questa classe di comuni (in particolare, nelle sette città al voto) la Lega è fortemente sottorappresentata (abbassando così il dato complessivo del centrodestra) mentre il Pd è sovrarappresentato. Andranno infine valutati i rapporti di forza fra Pd e sinistra radicale (di solito, Democratici e altri di area hanno fra il 70 e l'85% dei voti dell'intero centrosinistra allargato) e quelli fra Forza Italia e Lega (nei sette comuni considerati il Carroccio ha ottenuto, nel periodo 2011-2015, fra il 2 e il 4% dei voti mentre gli azzurri hanno oscillato fra il 14 e il 21%). Una volta depurati i dati dalle tendenze locali e isolati i casi più significativi, anche questo turno amministrativo potrà insomma darci qualche indicazione tendenziale. Il che, lo ripetiamo, non sarà un pronostico sulle "politiche" ma aiuterà partiti e analisti ad orientarsi circa l'andamento dell'offerta elettorale e del comportamento dei (pochi, si suppone) votanti.