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24 aprile 2024
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La politica in Italia dopo la strage di Parigi

Paolo Pombeni - 19.11.2015
Attentati Isis a Parigi

I recenti attentati terroristici di Parigi che riflessi avranno sulla politica italiana? La domanda circola, ma la risposta è tutt’altro che facile. Innanzitutto perché non sappiamo ancora se quel che è accaduto è un episodio destinato a rimanere circoscritto o se sarà l’inizio di una “campagna” (per usare un vecchio termine politico-militare) che si estenderà nel tempo e che avrà una sua logica e una sua strategia di lungo periodo. Ovviamente l’uno o l’altro scenario cambierebbe non poco le coordinate dell’evoluzione della nostra politica.

Al momento abbiamo solo visto in Italia un sistema che ha reagito su un doppio binario: una certa capacità di dominio degli eventi da parte del governo, un populismo sciatto e provinciale nelle opposizioni. Queste ultime ovviamente hanno offerto tutto uno spettro di comportamenti: dalle intemerate da talk show di Salvini (ma ormai ci siamo abituati: oltre quello sembra non riesca ad andare), alle vaghezze dei Cinque Stelle (ritirare i soldati dall’Afghanistan è un non senso), alla sostanziale incapacità di presenza dell’arcipelago berlusconiano (il mantra del “coinvolgiamo la Russia” non è molto originale).

Bisogna invece riconoscere che Renzi è stato in questo caso particolarmente sobrio: ha evitato qualsiasi tono enfatico, ha sottolineato passaggi di buon senso (evitiamo di creare una Libia bis), ha dato l’impressione che si deve lavorare molto a livello di relazioni internazionali lasciando perdere gli annunci ad effetto. Va aggiunto che lo hanno sostenuto bene anche i principali ministri: serio e credibile Gentiloni, ma lo stesso Alfano, chiuso il pollaio polemico con Salvini (che poteva risparmiarsi), ha illustrato prese di posizioni equilibrate e realistiche.

Se la politica fosse un esercizio di razionalità, il governo avrebbe guadagnato molti punti sull’opposizione. Siccome non è così, dovremo aspettare per capire se l’opinione pubblica sarà in grado di valutare positivamente una politica responsabile che però può dare l’impressione di sottovalutare la drammaticità della situazione.

Il fatto è che al momento non esistono misure eclatanti che si possano prendere, per di più se si vuole evitare il rischio di far buchi nell’acqua. Il livello di allerta da parte delle forze dell’ordine è alto, ma quando i terroristi hanno deciso che ai loro fini qualsiasi obiettivo va bene, perché una strage in una pizzeria equivale all’attacco ad un luogo simbolico, diventa impossibile prevenire le loro azioni, perché tutto andrebbe considerato obiettivo sensibile. Le possibilità di intervento militare sono anch’esse ridotte per il nostro paese. Mandare qualche nostro aereo a sganciare un po’ di bombe sull’Isis non servirebbe a nulla. Ci sono già state oltre diecimila missioni di quel tipo anche senza di noi, francesi, russi, e anche americani, ne faranno ancora molte e dunque non si sa bene cosa potremmo colpire noi che non sia già stato nel mirino degli altri. Si rischierebbe solo di finire su obiettivi ambigui con possibili “effetti collaterali” (cioè coinvolgimento di civili, magari donne e bambini), cosa che servirebbe solo a far crescere il consenso all’Isis in molti ambienti islamici e forse non solo.

Rinunciare alle nostre missioni all’estero sarebbe poco saggio. Non solo è grazie a questo ormai lungo training che noi disponiamo di forze armate professionalizzate e abituate all’impiego sul campo, cioè abbiamo risorse che in caso di inasprimento della situazioni saranno preziose, ma è grazie a questi impegni che ci siamo guadagnati una credibilità internazionale che ci servirà se i tempi diventano più difficili.

Il problema è come si possono far capire queste cose ad un’opinione pubblica come la nostra che è poco abituata a ragionare con un occhio alla situazione politica del mondo piuttosto che con le orecchie piene di slogan grazie ai quali tutto si può facilmente risolvere.

Aggiungiamoci che la nostra non semplice situazione economica pone sulla schiena del paese un fardello in più. Finché non si riesce a vedere davvero una ripresa per cui la nostra gente possa guardare con un minimo di serenità al futuro, la presa di tutte le prediche di paura rimarrà forte. Dentro queste c’è inevitabilmente, perché la storia ci insegna che in questi contesti è spesso così, la paura del diverso che arriva da fuori e che, essendo non conosciuto e magari poco integrato, non riusciamo ad inquadrare e a controllare. E qui entra in campo il problema del governo dei flussi migratori.

In secondo luogo le politiche di rafforzamento delle difese sono costose, inutile negarlo, e di soldi nel bilancio pubblico ce ne sono pochi. Significherà affrontare prima o poi, se la situazione continua così, il problema di trovare le risorse necessarie per questo capitolo di bilancio togliendole da altri impieghi. Non sarà certo una passeggiata.

Infine in questo quadro c’è poco da contare sull’Europa. L’ottusità dei burocrati di Bruxelles è davvero superiore alle previsioni: i dubbi che hanno espresso l’altro ieri sul bilancio italiano sembrano scritti da un neofita di qualche business school che applica alla cieca le formulette che ha appena imparato a memoria su un manuale. Non è quello che serve se si vuole creare una solidarietà popolare in un momento di grandi tensioni a fronte di sfide epocali.

Se la situazione non si rasserena, il governo italiano non avrà davanti giorni facili.