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La “Carta di Atene” dell’EUR-MED

Francesco Lefebvre D’Ovidio * - 21.09.2016
Carta di Atene EU-MED

Il 9 settembre 2016 si è riunito ad Atene il 1° Summit dei leader di sette “Paesi mediterranei” della EU (Francia, Italia, Spagna, Grecia, Malta, Cipro e anche Portogallo) e della “Carta di Atene” (“Athens Declaration”), firmata dai partecipanti. L’inclusione del Portogallo fra i Paesi mediterranei è una delle novità dell’evento, ma non la più rilevante. Più che per affrontare i problemi del Mediterraneo e dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo in quanto tali, il Summit EUR-MED ha riunito i leader di alcuni membri della EU per affermare una comune visione dell’UE, enunciata nella “Carta di Atene”. In cosa consiste tale visione comune?

 

La “Carta di Atene” (pubblicata qui http://primeminister.gr/2016/09/09/15173) esordisce ribadendo l’impegno comune all’unità europea e la convinzione che, agendo insieme, i Paesi europei saranno più forti e i suoi cittadini in una posizione migliore per controllare il proprio futuro. Inoltre i leader dei paesi mediterranei rispettano la volontà espressa dal popolo britannico e sperano che il Regno Unito sarà in futuro un partner stretto della EU. Fin qui le novità non sono molto rilevanti, trattandosi di enunciazioni su cui tutti sono d’accordo.

 

Quindi i sette leader affermano di esser convinti che la EU necessiti di “un nuovo impulso” per affrontare le sfide che si presentano, “affermando i valori della libertà, della democrazia e dell’applicazione delle leggi, così come della tolleranza e della solidarietà”.  Questa visione dovrà essere basata su “misure concrete” che possano contribuire alla sicurezza dei cittadini e a migliorare le loro vite, affermare il ruolo regionale e globale dell’Europa, migliorare il funzionamento delle istituzioni europee ed assicurare la loro responsabilità democratica. Il progetto europeo dovrebbe essere inoltre realizzato “su una prospettiva per il Mediterraneo come regione di pace, stabilità e prosperità”. E anche queste non sembrano affermazioni molto nuove e su cui non vi sia consenso generale.

 

Dopo questa enunciazione di principi generali, la “Carta” indica le soluzioni per cinque aree di problemi: la sicurezza europea interna ed esterna, il rafforzamento della cooperazione nel Mediterraneo e con gli Stati africani, la promozione della crescita e degli investimenti, il rafforzamento dei programmi per i giovani e affrontare la sfida dell’emigrazione.

 

Per assicurare la sicurezza interna ed esterna della EU (punto 1), quest’ultima deve “rafforzare la nostra capacità di garantire la sicurezza dei nostri cittadini e del nostro territorio ed essere all’altezza della nostra responsabilità di rispondere alle crisi e agire per la pace e la stabilità nel nostro ambiente e nel mondo, in appoggio per una Politica Comune di Sicurezza e Difesa e in pieno accordo con la Carta dell’ONU. A questo fine, dobbiamo intensificare la nostra cooperazione e i nostri mezzi comuni nelle aree della sicurezza e della difesa in uno spirito di solidarietà”. Il “rispetto per la sovranità e l’integrità territoriali” devono rimanere principi fondamentali. Per raggiungere tali obiettivi la EU deve “assicurare la protezione delle sue frontiere esterne mediante controlli sistematici, con le tecnologie necessarie, come l’interconnessione dei data base rilevanti e l’efficace implementazione della Guardia Costiera e di Frontiera Europea prima della fine dell’anno; rafforzare in modo decisivo la cooperazione nella lotta contro il terrorismo mettendo in atto gli strumenti appropriati specialmente nel campo della polizia e della giustizia” .

 

Per quanto riguarda la promozione della crescita e degli investimenti (punto 3), l’Europa deve “mantenere la propria promessa di prosperità e di giustizia sociale”; per superare la crisi economica, creare posti di lavoro, proteggere il suo modello sociale e preparare il futuro delle sue economie sono necessari più crescita e più investimenti. I sette leaders affermano il proprio impegno al processo di integrazione europeo e allo sviluppo sostenibile dell’Europa sulla base di una crescita economica equilibrate, della stabilità dei prezzi e di una economia di mercato altamente competitive, mirante alla piena occupazione e al progresso sociale. Per raggiungere tali obiettivi le soluzioni proposte indicano, anzitutto, l’attuazione del “piano Juncker” per il raddoppio del fondo europeo di investimenti strategici, concentrandosi su priorità quali l’economia digitale, progetti a basso contenuto di carbonio per l’energia, infrastrutture, ricerca e addestramento. Quindi devono essere affrontati I problemi di “strozzature a collo di bottiglia” per promuovere investimenti e crescita economica a beneficio dei cittadini, integrando  tali soluzioni con politiche europee che promuovano finanziamenti e investimenti, promuovere l’occupazione e migliorate condizioni di lavoro e di vita. A tali scopi, affermano i sette leader, “dobbiamo perseguire decisive riforme strutturali orientate alla crescita in modo da migliorare il funzionamento dei mercati, rafforzare la competitività e creare posti di lavoro”.

 

Per quanto riguarda gli altri punti del programma si rinvia alla lettura della “Carta di Atene”.

 

Come si può vedere, le soluzioni proposte dai sette leader sono puramente tautologiche: il contenuto essenziale del documento consiste nell’affermare che per promuovere la sicurezza interna ed esterna e per promuovere la crescita e l’occupazione è necessario mettere in atto i progetti e le riforme strutturali necessarie e più opportune per realizzare una maggiore sicurezza e per favorire gli investimenti finalizzati alla crescita e all’incremento dell’occupazione. Si tratta, in tutti i casi, di petizioni di principio, nelle quali la formulazione delle soluzioni non fa altro che ripetere quanto già contenuto nell’enunciazione del problema da risolvere.

 

Se la “Carte di Atene”, da ascriversi prevalentemente come successo personale del leader greco Alexis Tsipras, non sembra destinata a segnare un momento decisivo per i suoi contenuti, diverso discorso va fatto per quanto riguarda il dato politico della sua stessa firma in occasione del primo Summit dei sette leader mediterranei. A questo, infatti, è già annunciato che ne seguirà un secondo, che si terrà in Portogallo, proprio il meno mediterraneo dei sette. Dunque, si è, di fatto, inaugurata la formale creazione di un sottogruppo di sette Paesi membri della UE – sorvoliamo sul riferimento geografico – che si riuniscono per varare una linea comune prima di un consiglio europeo, in questo caso il consiglio che si terrà a Bratislava il 16 settembre con 27 Paesi membri. Tale creazione sembrerebbe dunque avviare la nascita di un’Europa a due velocità: se vi sono sette membri che si riuniscono per decidere una linea comune, è probabile che si riuniranno – più o meno formalmente – anche altri membri per sostenere una linea diversa.

 

Il Summit di Atene, al di là della rilevanza della “Carta di Atene”, potrebbe quindi essere ricordato a lungo per un diverso aspetto, forse non del tutto desiderato dai sette membri che lo hanno promosso e ancor meno per il Paese ospitante.

 

 

 

 

 

Professore Ordinario di Storia delle relazioni internazionali alla “Sapienza” Università di Roma