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Il sano realismo del Quirinale

Luca Tentoni - 04.01.2017
Mattarella discorso Capodanno

Fra il primo messaggio di fine anno del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e quello dello scorso 31 dicembre c'è più di un punto di continuità, anche se il 2016 della politica italiana è stato un anno di svolta e - per certi versi - di cambiamento. La bussola del Quirinale, tuttavia, resta la stessa: la Costituzione. Se nel 2015 il discorso di Mattarella era stato una sorta di rassegna dedicata alla Carta repubblicana, nel 2016 il Capo dello Stato ha concentrato la sua attenzione su pochi punti essenziali, per primo il lavoro, "il problema numero uno del Paese", che impedisce a "troppe persone a cui manca da tempo" di "sentirsi pienamente cittadini". In altre parole, quell'articolo 1 della Costituzione, che molti reputano un artificio retorico ("la Repubblica fondata sul lavoro") è invece alla base della nostra convivenza: "non ci devono essere" - come ha detto Mattarella - "cittadini di serie B". Non è solo una questione di dignità personale, ma di rispetto del principio di uguaglianza e di piena appartenenza a quella comunità nazionale alla quale il Capo dello Stato ha più volte fatto riferimento: una comunità che "va costruita giorno per giorno, nella realtà", condividendo valori e doveri, rafforzando la coscienza civica, chiamando tutti - soprattutto chi ha maggiori responsabilità - a dare l'esempio e ad ascoltare "le difficoltà, le sofferenze, le domande sociali vecchie e nuove, decisive per la vita di tante persone". Quella del suo secondo messaggio di fine anno è dunque una diversa angolatura di un ragionamento avviato già dal discorso di insediamento al Quirinale. All'"arbitro del Colle" spetta, come disse nel suo primo discorso di fronte al Collegio elettorale che lo elesse, intervenire al momento giusto, nel rispetto dei "giocatori" (gli attori politici) e nell'interesse del Paese. In un anno nel quale la Presidenza della Repubblica è stata chiamata in causa (soprattutto nel momento della crisi di governo, il cui percorso è stato delineato dal Capo dello Stato in modo da offrire ai cittadini una spiegazione esaustiva delle scelte compiute) Mattarella ha avvertito il dovere di parlare agli italiani con estrema chiarezza. Alle tre parole d'ordine che hanno caratterizzato gli ultimi anni della politica italiana - narrazione, protagonismo, contrapposizione - ha risposto proponendone altre tre, quali chiavi interpretative per il prossimo futuro: realismo, impegno, coesione (sociale e politica). Anzichè dar spazio alla "Repubblica dei leader", il Presidente ha dedicato l'inizio del suo discorso ai tanti - "ragazzi, giovani, adulti, anziani" - che svolgono "con impegno il proprio dovere". Molti "vanno anche oltre, pronti a spendersi per gli altri e per la collettività, senza inseguire riconoscimenti o cercare la luce dei riflettori". È un'"altra Italia" - quella che vuole ricomporre il tessuto sociale di un "Paese come comunità di vita" - alla quale guarda Mattarella. I toni, che nel 2016 (in particolar modo, ma più in generale da almeno un quarto di secolo) hanno contribuito ad aggravare le divisioni, hanno accentuato le "fratture da prevenire o ricomporre": "tra il Nord e il Sud, tra città e aree interne, tra centri e periferie, tra occupati e disoccupati; barriere e difficoltà che dividono il lavoro maschile da quello femminile". Il Paese ha bisogno di crescere, ma "diseguaglianze, marginalità, insicurezza minano le possibilità di sviluppo". La politica non deve, non può sottovalutare "le ansie diffuse nella società", eppure, nella campagna elettorale permanente e nel clima di contrapposizione e di lontananza dalla realtà (che Mattarella non cita apertamente, ma ai quali fa tuttavia ampio e implicito riferimento in gran parte del suo messaggio di fine anno) tende a prevalere un uso nocivo della dialettica democratica: "vi è un altro insidioso nemico della convivenza; non è un fenomeno nuovo, ma è in preoccupante ascesa: quello dell'odio come strumento di lotta politica; l'odio e la violenza verbale, quando vi penetrano, si propagano nella società, intossicandola". Così, "una società divisa, rissosa e in preda al risentimento, smarrisce il senso di comune appartenenza, distrugge i legami, minaccia la sua stessa sopravvivenza". Una delle conseguenze di questo "avvelenamento" si rinviene nel web, "uno strumento che consente di dare a tutti la possibilità di una libera espressione e ampliare le proprie conoscenze, una grande rivoluzione democratica" che però "va preservata e difesa da chi vorrebbe trasformarla in un ring permanente, dove verità e falsificazione finiscono per confondersi". Invece la politica può essere diversa, soprattutto per dare nuova linfa alle istituzioni che, come Mattarella specifica in un'altra parte del discorso, "sono i luoghi della sovranità popolare, concepite come uno strumento a disposizione dei cittadini: vanno abitati, se non vogliamo che la democrazia inaridisca". Come aveva promesso di fare all'inizio del suo mandato al Quirinale l'"arbitro" richiama i giocatori in campo: "Tutti, particolarmente chi ha più responsabilità, devono opporsi a questa deriva". Visto al di fuori della cortina fumogena della campagna elettorale permanente, dei protagonismi, degli odi, delle narrazioni da "wishful thinking", il Paese descritto dal Capo dello Stato è davanti allo specchio, con i suoi problemi, le sue speranze, le sue risorse. Una comunità che sa unirsi in circostanze eccezionali come gli eventi sismici e gli atti di terrorismo (oppure, in occasioni più liete, per i successi dei nostri atleti olimpici e paralimpici) ma che è debole, insicura, sfibrata, intossicata dagli odi politici e dalle diseguaglianze sociali. Per evitare di "mancare di rispetto agli elettori" Mattarella ha preso la decisione di risolvere rapidamente la crisi di governo. Com'è noto, infatti, anche se "in alcuni momenti la parola agli elettori costituisce la strada maestra, occorre che vi siano regole elettorali chiare ed adeguate perchè essi possano esprimere con efficacia la loro volontà e questa trovi realmente applicazione nel Parlamento che si elegge". Sciogliere subito le Camere avrebbe prodotto una notevole sfasatura fra la composizione maggioritaria dell'Assemblea di Montecitorio (che sarebbe stata eletta con un sistema che peraltro è attualmente al vaglio della Consulta) e quella proporzionale di Palazzo Madama. Ora, un conto è constatare che gli elettori intendono ripartire i propri voti in modo da assicurare la maggioranza in Parlamento ad un soggetto politico (partito o coalizione) oppure da non assicurarla a nessuno; un altro conto, invece, sarebbe stato mandare gli italiani alle urne con la certezza di un esito ingovernabile. Di qui il richiamo di Mattarella all'interesse del Paese e la spiegazione - pressochè inedita, per un Presidente della Repubblica - delle ragioni che lo hanno indotto (sentite le forze politiche, che hanno ricevuto uguale ascolto e attenzione da parte del Capo dello Stato durante le consultazioni) a risolvere la crisi di governo scegliendo di far proseguire la legislatura. In conclusione del suo messaggio, Mattarella torna a parlare di solidarietà, mostrando un disegno ricevuto dai bambini di una scuola durante una visita presidenziale alle zone terremotate. Accanto al disegno c'è scritto: "La solidarietà diventa realtà quando si uniscono le forze per la realizzazione di un sogno comune". Un sogno che però, come il Capo dello Stato ha ampiamente ricordato nella parte centrale del suo messaggio, non è tale per molti giovani che - sebbene mediamente più istruiti delle generazioni che li hanno preceduti - sono costretti a condizioni di lavoro precario, sottopagati o "costretti a lasciare l'Italia per mancanza di occasioni; quando non si può riportare nel nostro Paese l'esperienza maturata all'estero viene impoverita l'intera società". Questa è, come afferma Mattarella, "una patologia cui bisogna porre rimedio", perchè studiare o lavorare in altri paesi "è spesso una grande opportunità, ma deve essere una scelta libera: i giovani che decidono di farlo meritano, sempre, rispetto e sostegno". Anche e soprattutto da parte della politica e dei politici, si sottintende chiaramente. Il lavoro, la necessità di una maggior coesione nazionale, la consapevolezza dei problemi e delle risorse del Paese: questa è l'analisi realistica che ci si attende da una matura classe dirigente e che, la sera dell'ultimo dell'anno, ci è giunta dal Quirinale dopo mesi durante i quali ben altre voci e altri toni hanno contribuito ad aggravare la situazione di fronte alla quale Mattarella appare ancor oggi solo e poco ascoltato dai suoi "giocatori".