Ultimo Aggiornamento:
24 aprile 2024
Iscriviti al nostro Feed RSS

Daniel Berrigan (1921-2016). Un uomo contro la guerra

Claudio Ferlan - 07.05.2016
Daniel Berrigan

Sabato scorso, 30 aprile, è scomparso all'età di novantaquattro anni il padre gesuita Daniel Berrigan. Il titolo scelto dal New York Times per annunciare la notizia lo descrive come “il prete che predicò il pacifismo”. Berrigan è stato un simbolo dell'azione politica di quella che negli Stati Uniti è stata chiamata la “nuova sinistra cattolica”.

 

I nove di Catonsville

 

L'opinione pubblica mondiale lo conobbe soprattutto per una clamorosa azione di protesta contro la guerra in Vietnam. Assieme al fratello Philip e ad altri sette attivisti cattolici entrò nel Centro di reclutamento di Catonsville in Maryland (17 maggio 1968) per bruciare le lettere di chiamata alle armi. La portata emblematica del gesto fu rinforzata dalla scelta di incendiare le carte usando del napalm fatto in casa.

Fu un'azione drammatica che contribuì alla crescita della protesta contro la guerra in Vietnam in tutti gli Stati Uniti, caratterizzata in seguito da sempre più frequenti  proteste e atti di disobbedienza civile. I “nove di Catonsville” furono condannati alla reclusione per distruzione di proprietà statale, ma si nascosero in clandestinità. Scoperti e catturati, furono effettivamente incarcerati. Daniel Berrigan scontò due anni di pena nella prigione federale di Danbury, dove ricevette anche la visita del generale della Compagnia di Gesù, Pedro Arrupe, uomo che nella propria esperienza missionaria aveva vissuto la scioccante esperienza della bomba atomica a Hiroshima. Fu un incontro dal valore fortemente simbolico, in un periodo nel quale l'ordine dei gesuiti viveva un periodo di grandi dissidi interni ed esterni, criticato dalla parte più conservatrice della Chiesa cattolica per le aperture alla pastorale popolare e per l'impegno politico di molti suoi membri, specie nelle Americhe. Si trattò di tensioni di lunga durata, alle quali contribuì anche la presa di posizione di Giovanni Paolo II, piuttosto critico con Arrupe nei primi anni del proprio pontificato. E non stupisce che tra le voci del dissenso per il conservatorismo ecclesiastico del papa polacco si segnalò proprio quella di Daniel Berrigan.  

 

Pacifismo e antinuclearismo

 

Al tempo dei fatti di Catonsville il gesuita statunitense era ben noto alle autorità, in particolare quelle religiose, soprattutto in seguito al suo impegno come insegnante nel college di Le Moyne (Syracuse). Qui strinse rapporti di stretta amicizia con molti studenti, diffondendo le proprie idee sul pacifismo e sui diritti civili. Erano convinzioni presenti fin dagli anni della sua formazione, ma sviluppatesi anche in seguito a un soggiorno in Francia, dove il gesuita si era a lungo confrontato con alcuni confratelli segnati dall'esperienza della guerra in Indocina. Berrigan fu rimosso dall'insegnamento dopo che un suo  allievo, David Miller, bruciò la cartolina-precetto di fronte a una nutrita folla di manifestanti (15 ottobre 1965). Fu, quello di Miller, un gesto pagato con la reclusione ma destinato a dare una spinta decisiva alla riforma del sistema della coscrizione obbligatoria.

Uscito di prigione nel 1972, Daniel Berrigan continuò le proprie azioni di protesta contro le guerre del pianeta (Nicaragua, Kosovo, Iraq e Siria per esempio) e a favore della denuclearizzazione. Per queste sue attività conobbe il carcere altre volte, ma non cessò mai di manifestare con forza le proprie convinzioni.

Scrittore prolifico, Berrigan è stato poeta apprezzato e premiato, ma certo è proprio il suo impegno civile ad averlo reso noto ai più. Mairead Corrigan-Maguire, premio Nobel per la pace nel 1976, lo ha commemorato come “un uomo di pace” e di grande coraggio, rimarcando come le sue azioni prima che le sue opere letterarie abbiano influenzato “milioni di persone”. Un nome forse oggi in parte dimenticato, quello di Daniel Berrigan, ma, come ricorda Corrigan-Maguire, è proprio grazie a uomini come lui e suo fratello Philip se al momento possiamo vivere in un mondo (almeno parzialmente, aggiungiamo) libero da armi e guerre nucleari. I conflitti però continuano e la memoria di menti che si sono spese per la politica della pace e della nonviolenza non vanno dimenticate. La loro eredità ci interroga.