Ultimo Aggiornamento:
24 aprile 2024
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Dall’Islam politico alla democrazia musulmana in Tunisia: una prospettiva storica

Leila El Houssi * - 04.06.2016
Rashid Ghannushi

Nel corso del X congresso del partito Ennahdha, che si è tenuto la scorsa settimana in Tunisia, si sono affrontate questioni importanti che potrebbero modificare profondamente la visione dell’Islam politico e favorire una sua ridefinizione.

Si tratta di questioni che erano state anticipate dal leader del movimento Rashid Ghannushi in un’intervista a Le Monde, apparsa alla vigilia del congresso.

Ghannushi ha infatti rivelato che l’Islam politico in Tunisia avrebbe ormai “perso una sua giustificazione” ed Ennahdha sarebbe pronto a proseguire il proprio percorso verso una “democrazia musulmana”. Ghannushi ha sottolineato il carattere democratico del partito e ha insistito sulla necessità di distinguere tra la «democrazia musulmana» cui si richiama  Ennahdha e «l’islam jihadista estremista» da cui il partito prende le distanze.

In questo quadro, pur ribadendo la centralità della Moschea come luogo di culto, il leader del partito ha però separato la sfera dell’attività politica da quella religiosa. Si tratta indubbiamente di affermazioni importanti che rivelano l’evoluzione compiuta dal movimento/partito Ennahdha rispetto a quanto Ghannushi aveva dichiarato in una videointervista rilasciata nel giugno 2011 in cui aveva affermato che il suo partito riconosceva “il sistema multipartitico, la libertà di espressione, la dignità umana, la libertà individuale e le libere elezioni democratiche”in una cornice in cui – come osservava tuttavia lo stesso Ghannushi - “non si ritiene necessaria la separazione tra Religione e politica”.

Provando a ripercorrere la storia di questo movimento, possiamo far risalire la sua origine alla fine degli anni ’70 quando il suo fondatore e leader, Rashid Ghannushi, diede inizio al movimento  al - Jamâat al-Islamiyya, associazione culturale e religiosa  che si opponeva alla politica perseguita dall’allora Presidente della Repubblica tunisina Habib Bourguiba. La trasformazione in partito politico, con il nome di Movimento di tendenza islamica (MTI), avvenne nel 1981 in un momento delicato che vedeva la Tunisia attraversata da gravi tensioni socio-politiche.

Ghannushi era fortemente critico nei confronti della visione laica e modernista, a suo avviso,  “imposta” al paese da Bourguiba, cui imputava di aver scelto la laicità con il solo scopo di opporsi all’Islam e non nella prospettiva di promuovere le libertà fondamentali. Nel considerare la politica bourguibista quale negazione assoluta dell’identità arabo-musulmana del popolo tunisino e della sua storia, Ghannushi concordava solo in parte con le posizioni di alcuni pensatori più radicali come Cheikh Ben Baz ed El Qardawi. Questi arrivarono, infatti, a scomunicare il Presidente tunisino inserendolo nel gruppo dei miscredenti che si opponevano all’Islam, a fianco dell’esecrato leader turco Mustapha Kemal (Ataturk). Ghannushi manifestò il suo dissenso contro il laicismo del governo che, nella storia della Tunisia contemporanea, per dirla alla Monder Kilani, avrebbe agito come «fonte di giustificazione per la censura delle coscienze» assumendo «i contorni di una religione temporale». La battaglia contro il laicismo sarà portata avanti da Ghannushi anche nel periodo della presidenza di Zine El Abidine Ben Ali.

Nella primissima fase della gestione Ben Ali, tuttavia, si respirò in Tunisia un clima sociale più disteso, con nuove speranze per il futuro; al tal punto che lo stesso Ghannushi aveva manifestato segnali di fiducia nel nuovo corso che il paese sembrava aver intrapreso. In questo quadro si era progressivamente attenuata la diffidenza del governo nei confronti del movimento islamico (MTI), tanto che Ghannushi, condannato da Bourguiba alla pena di morte nel 1987, aveva ottenuto la grazia dal nuovo presidente tunisino il 14 maggio 1988. Con questo gesto Ben Ali aveva mirato ad acquisire il consenso di quella parte non trascurabile della popolazione tunisina che si riconosceva nel movimento islamico. In realtà l’apertura democratica si arenò presto e il sistema inclinò prepotentemente verso la dittatura. L’inversione di rotta si verificò nei primi anni novanta quando, dopo la Guerra del Golfo del 1991, la minaccia dell’integralismo islamico venne ad inquietare l’Occidente e in particolare il partner commerciale più importante della Tunisia, la Comunità Europea. Diveniva pertanto fondamentale rassicurare i propri partner rispetto alla stabilità politica della Tunisia.

Nel corso degli anni novanta Ben Ali rilasciò molte interviste alla stampa internazionale in cui rassicurava che il “fenomeno integralista” non aveva intaccato in alcun modo il paese, in quanto si trattava di un fenomeno “incompatibile con la natura e il temperamento del popolo tunisino di cui chiunque conosceva lo spirito di apertura, di tolleranza e di moderazione”. In realtà, si innescò un processo involutivo che ebbe ripercussioni importanti in termini di limitazioni delle libertà civili e dei diritti umani. La sovranità nazionale e l’indipendenza del paese andavano salvaguardati e in nome di questo si rendeva indispensabile l’esclusione dalla scena politica e dallo spazio pubblico degli islamisti e di tutti coloro che potevano dare un’immagine negativa della Tunisia. Fra questi fu collocato il partito islamico, che nel frattempo aveva assunto il nome di Ennahdha, considerato dallo stesso Ben Ali “di natura violenta e terrorista”. Rachid Ghannuchi tornava così ad essere nuovamente il nemico della patria, ma soprattutto il nemico della modernizzazione autoritaria del paese. Egli fu costretto all’esilio insieme a molti altri.

Gli anni della clandestinità portarono indubbiamente ad una progressiva evoluzione del movimento/partito conducendolo per alcuni versi a elaborare un nuovo modello di Islam politico assente in altri contesti. La peculiarità tunisina aiuterà questa evoluzione che porterà Ennadha ad essere uno dei principali attori politici protagonisti della stagione di transizione alla democrazia dopo la caduta di Ben Ali. Alle elezioni del 2011 il partito ottenne infatti la maggioranza relativa dei voti assumendo la guida di un governo di coalizione. Premiato indubbiamente da parte della popolazione tunisina per essere stato a lungo il più coerente oppositore del regime di Ben Ali, il partito di Rashid Ghannuchi inaugurava una nuova stagione nella Tunisia post rivolta culminata nella promulgazione della Costituzione nel 2014.

In questo contesto non mancavano, tuttavia, tensioni sociali e politiche che rivelavano fragilità e talvolta ambiguità nelle politiche di governo. Alcuni interrogativi cominciarono a essere posti da parte della società civile e di alcuni partiti dell’opposizione in merito alla posizione tenuta da Ennahdha nei confronti delle correnti di stampo salafita. Queste rappresentavano un fenomeno di proporzioni ridotte rispetto ad altri contesti regionali, ma nondimeno tali correnti erano molto attive nel Paese suscitando un certo allarme. La questione dell’atteggiamento da tenere nei confronti della galassia salafita ha condotto a un dibattito in seno al partito, coinvolto in un processo di “istituzionalizzazione”. In questa fase Ennahdha non aveva ancora effettuato una rielaborazione critica del legame fra politica e religione.

L’esperienza di governo non è stata per Ennahdha delle più felici a causa delle tensioni socio-economiche prodotte da vari fattori, tra cui la crescita della disoccupazione, gli omicidi politici di Choukri Belaid e Mohammed Brahmi e l’emergenza terrorismo. In questo frangente hanno giocato un ruolo fondamentale la società civile e il sindacato tunisino, fortemente radicato nel paese. La dirigenza di Ennahdha ha compreso la complessità della situazione garantendo una collaborazione con l’attuale partito al potere, Nidaa Tounes.

Nel frattempo i profondi cambiamenti dell’ultimo periodo, sia sul fronte internazionale sia su quello interno, caratterizzati soprattutto dall’emergenza terrorismo e dal reclutamento su larga scala di adepti da parte di Da’sh (Isis), hanno imposto un cambiamento di rotta repentino a tutte le forze politiche che operano nel paese. In questo contesto Ennahdha ha mostrato risolutezza nel rivisitare i princìpi fondamentali segnando il passaggio da “partito islamico” a “partito civile”, con un chiaro riferimento alla separazione della sfera politica da quella religiosa.

L’atteggiamento di Ghannushi appare pragmatico e lungimirante. Ciononostante sono in molti a non credere a un vero e proprio mutamento.

Vedremo nel prossimo futuro se davvero Ennahdha si sia posta su una strada di effettivo rinnovamento, presentandosi come un possibile modello di riferimento per altri partiti di ispirazione islamica.

 

 

 

 

* Leila El Houssi è docente di Storia dei paesi islamici presso l'Università di Padova