Ultimo Aggiornamento:
20 aprile 2024
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Argomenti

Putin e l'Illuminismo

Tiziano Bonazzi * - 19.03.2022

Putin, purtroppo per noi, combatte una molto pericolosa battaglia di retroguardia che ci costringe a distogliere lo sguardo da altre in cui sarebbe più utile essere coinvolti. È una battaglia per l'eterna anima russa, legata a difendere la grandezza imperiale e spirituale della patria, la sua unità attorno alla Chiesa ortodossa e a un capo. Pare di leggere, con le dovute, profonde differenze storiche e intellettuali, le Considerazioni di un impolitico di Thomas Mann apparso nel 1918 e scritto negli anni immediatamente precedenti. Anche allora vi era una guerra, la Grande guerra, e Mann si poneva a difensore del nazionalismo contro l'universalismo illuminista e sosteneva l'assoluta superiorità della Kultur tedesca, spirituale, pura, una e imperiale, sulla Zivilisation britannica e francese, tutta tecnica e dibattito, materialista e distruttrice dell'anima dei popoli. Mann, però, era un grande ed ebbe il coraggio di diventare antinazista. A livello non di intellettuali, ma di popolo, abbiamo il caso dei sudisti statunitensi che per quanto in maggioranza non possedessero schiavi combatterono furiosamente contro il Nord per difendere “il focolare e la famiglia”, il loro tradizionale modo di vita identificato con la propria comunità prima che con la Confederazione. Un modo di vita fondato su un rapporto personale con leggi tutto

E ancora “Guernica”: dalla Ucraina con terrore

Raffaella Gherardi * - 16.03.2022

“Guernica” di Pablo Picasso è forse il quadro che più di ogni altro viene immediatamente in mente a ciascuno di noi quando immaginiamo di poter esprimere, in riferimento a una grande opera d’arte, l’orrore (e la condanna) delle guerre contemporanee, delle loro devastanti conseguenze e della trasformazione della violenza in qualcosa di totale e assoluto nell’era della tecnica. Non si farebbe certo molta fatica a reinterpretare ora “Guernica” attraverso la drammatica attualità della guerra di conquista scatenata da Putin in Ucraina, sulla base di un arsenale di armamenti fra i più potenti e devastanti del mondo.

Del resto la terribile dimostrazione di forza contro la popolazione civile, data attraverso il massiccio e vile bombardamento aereo della cittadina basca di Guernica (1937), che indusse Picasso a rappresentare così efficacemente tale orrore, non doveva certo rimanere un unicum nella storia successiva che da Guernica arriva fino a noi e che è segnata di tante e tante altre “Guernica”. E così la grande opera di Picasso dalle vette dell’arte è divenuta simbolo universale di denuncia contro la violenza cieca della guerra e in primo luogo delle guerre del presente che colpiscono allo stesso modo e indiscriminatamente un popolo fatto di donne, uomini, bambini, popolo contro il quale leggi tutto

Democrazia VS. Autocrazia: un confronto di prospettive e di interpretazioni

Fulvio Cammarano * - 16.03.2022

Le analisi che si stanno moltiplicando in queste settimane per cercare di comprendere le ragioni che hanno spinto Putin a invadere l’Ucraina e a condurre il mondo sull’orlo di una guerra nucleare concordano quasi tutte nel descrivere un Putin preoccupato dall’estendersi della morsa Nato attorno alla Russia e soprattutto reso inquieto dal timore del diffondersi del modello di democrazia liberale. È questo il tarlo che sta corrodendo il modello imperiale neo-zarista in cui si trova ingabbiata la Russia postsovietica, come sembra confermato dall’incremento della repressione del dissenso interno. A fronte di tale percezione di accerchiamento, vissuta anche come sfida personale, Putin ha deciso di aggredire l’Ucraina, completando un’azione già iniziata nel 2014, nella convinzione che l’Occidente - nelle diverse vesti di Unione Europea, Stati Uniti, Nato - non avrebbe trovato la forza e la compattezza, alla luce delle recenti “verifiche” (Crimea, Afghanistan), di reagire. Si è trattato di un errore di interpretazione che, a seconda della durata e degli esiti della guerra in corso, trasformerà il 2022 in uno spartiacque nella storia delle relazioni politiche ed economiche planetarie e soprattutto costringerà l’Occidente a ripensare la convivenza con le autocrazie. Le potenze autoritarie sono come vulcani a lungo leggi tutto

Un momento di riflessione sull'Occidente e gli altri

Tiziano Bonazzi * - 09.03.2022

Si parla molto di una rinnovata unità europea e occidentale nata dall’aggressione di Putin all’Ucraina. È vero, ma si tratta di un'unità dettata dall'emergenza che non risolve le tante divisioni esistenti in Occidente e quelle che nasceranno dalle conseguenze del conflitto. Mi pare che per affrontarle si debba dare il via fin da ora a una pulizia mentale, una vera e propria pulizia etica, di cui desidero schizzare quelli che ritengo siano alcuni tratti.

          A mio avviso occorre partire dalla storia e ricordare che l’Occidente è stato prima europeo, poi euroamericano e anche eurorussoamericano se riandiamo a un grande nemico di Putin, Pietro il Grande, e a un altro suo grandissimo nemico, Lenin, perché entrambi rientrano in pieno nella storia occidentale – dimentichiamo la Guerra fredda e ci accorgeremo che marxismo e bolscevismo ne fanno parte. Il contributo storico di questo variegato, uso un eufemismo, Occidente è stata la costruzione della modernità le cui origini troviamo nella rivoluzione scientifica e nell’Illuminismo. Ottimi entrambi, anche perché si proponevano come valori universali destinati a beneficiare tutti i popoli. Il loro universalismo diede vita a una teleologia storica che si riassunse, fin dal Settecento di Francis Hutcheson e Condorcet, nelle idee di progresso e di liberazione degli leggi tutto

Occorre dare una risposta all'aggressione russa in Ucraina

Francesco Provinciali * - 05.03.2022

Presentando il 26 gennaio (un mese fa) l’intervista a Giorgio Cella sul suo libro “Storia e geopolitica della crisi ucraina”, avevo evidenziato come secondo il Corriere della Sera, l’invasione di quel Paese da parte della Russia fosse l’evento più probabile del 2022. Ciò che appariva fantapolitica si è realizzato: come sottolinea Lucio Caracciolo…  Putin non ha voluto passare alla Storia come ‘l’ultimo Zar che perse l’Ucraina’.

Certe decisioni sembrano improvvise ma sono preparate da tempo, sul piano politico e militare.

In ogni caso vanno viste con un grandangolo che inglobi una visione mondialistica a livello geopolitico e geoeconomico. In questo caso un pull di fattori ha convinto Putin a stringere i tempi: la spinta separatista delle due autoproclamate Repubbliche filorusse di Donetsk e Luhansk nel Donbass (quella che sui libri di storia studiavamo come “causa occasionale”), la debolezza degli USA dovuta alle diaspore interne paralizzanti, all’abbandono dell’Afghanistan e alle prevalenti preoccupazioni sul fronte del Pacifico per le una possibile azione cinese di forza su Taiwan, che hanno reso non solo l’Ucraina ma l’Europa stessa più lontane dagli interessi americani, le stesse mire espansionistiche di Xi Jinping (illustrate magnificamente da Federico Rampini nel suo libro “Fermare Pechino”, una lettura imprescindibile per capire il mondo) leggi tutto

Il mondo accademico, della scienza e della cultura prende posizione sui fatti dell'Ucraina

- 02.03.2022

Il mondo accademico, della cultura, della scienza prende posizione sui fatti riguardanti l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Si levano appelli, si rendono pubbliche dichiarazioni, comunicati stampa, si organizzano iniziative di raccolta di firme, a livello nazionale e internazionale.

Tramite il contatto intercorso con l’Accademia nazionale dei Lincei, recentemente consolidato in occasione della recensione del libro “In un volo di storni”, del Premio Nobel per la Fisica Prof. Giorgio Parisi, ho ricevuto dall’Ufficio di Segreteria della Presidenza tre documenti di notevole rilievo, considerate le fonti da cui promanano. Il primo è la dichiarazione della Presidenza dei Lincei che aderisce al documento elaborato in sede ALLEA (la Federazione europea che riunisce le Accademie di Scienze e di Lettere) nel quale si esprime “profonda preoccupazione” per la sicurezza dei colleghi accademici ucraini. “Non c'è alcuna legittimità nelle azioni intraprese per sabotare la pace, la stabilità e l'autonomia della nazione ucraina. In questi tempi difficili, ci opponiamo agli spudorati attacchi del governo russo contro uno stato sovrano, contro la democrazia e contro persone innocenti”, così prosegue il documento che costituisce il secondo atto ricevuto dalla Presidenza dell’Accademia dei Lincei.

Il terzo documento pervenuto e riportato qui a margine consiste nell’appello di un gruppo numeroso leggi tutto

L’enigma russo e l’uomo occidentale

Tiziano Bonazzi * - 26.02.2022

È urticante accorgersi che leggiamo ancora gli eventi di questi giorni con gli occhi del Novecento, che l'invasione russa in Ucraina è vissuta con le lenti degli immutabili, supremi destini della civiltà universale europea. È così per chi ha piantata nella mente la Guerra fredda, lo scontro formidabile fra due sistemi universalistici che si rifacevano all'illuminismo e al pensiero universale dei grandi del liberalismo e del marxismo. Avevamo paura, parteggiavamo; ma ci sentivamo, sentivamo l'Europa al centro del mondo perché le due superpotenze, europee entrambe anche se proiettate al di là dell'Europa, lottavano per omogeneizzare a sé un continente che era il centro del mondo in quanto aveva dato vita alla modernità, dalla Riforma alla Gloriosa Rivoluzione inglese del 1688 alla Rivoluzione francese a quella industriale ai grandi classici del liberalismo e del socialismo giù giù fino alla Rivoluzione d'Ottobre. La morte di fascismo e nazismo, le due tragiche eresie europee, non faceva che rafforzare le nostre convinzioni. Eravamo l'universale. Del fardello dell'uomo bianco negli anni della decolonizzazione si parlava poco; ma era ancora lì, fossimo di sinistra, di destra o del sempre dominante centro. Ci si aspettava che il mondo si arrendesse con gioia a uno dei due modelli avanzati dall'uomo bianco. leggi tutto

La tratta delle bambine in Afghanistan, aspetto agghiacciante di una crisi umanitaria

Francesco Provinciali * - 19.02.2022

A sei mesi dalla caduta di Kabul (15/08/2021) per l’evacuazione precipitosa delle forze militari occidentali (ricordo le parole del Prof. Lucio Caracciolo, Direttore di Limes: “gli americani se la sono squagliata”) e la presa di potere dei Talebani, per l’Afghanistan – già dilaniato da circa 40 anni di faide e di guerre tra fazioni – questo è certamente l’inverno più terribile della sua storia più recente. L’ordine imposto dal nuovo regime non ha apportato alcun miglioramento sotto il profilo delle condizioni di vita della popolazione, consumata dalla miseria, dalla fame, dalla precarietà delle condizioni igieniche, dal clima infame, dall’inesistenza di servizi pubblici, dalla mancanza di lavoro. L’ONU – attraverso il Segretario generale Antonio Guterres, il direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale (PAM) David Beasley e il direttore generale della FAO, Qu Dongyu - ha ufficialmente definito quella Afghana “la più grave crisi umanitaria del pianeta”, ormai sull’orlo di una catastrofe irrecuperabile. La commissaria europea agli Interni Ylva Johansson ha spiegato: “Per evitare che la crisi umanitaria diventi una crisi migratoria, dobbiamo aiutare gli afghani in Afghanistan”. Ma l’ingresso nel Paese di aiuti esterni diventa problematico a motivo dei vincoli di accesso, delle pregiudiziali ideologiche e delle restrizioni di transito imposte da un regime che non ammette ingerenze leggi tutto

L’Afghanistan e il mondo occidentale. La lotta al terrore di Bush e la sua eredità

Alessandro Micocci * - 27.11.2021

L’annuncio ufficiale del presidente degli Stati Uniti Joe Biden riguardante il ritiro delle truppe dal territorio afgano ha scatenato una serie di reazioni sconvolte e piccate in tutto il mondo. Il discorso di Biden ha sancito la definitiva ufficializzazione del ritorno al potere e alla gestione del derelitto paese nelle mani dei resuscitati talebani, ai quali il presidente Bush aveva dichiarato la guerra spietata al terrore, post 11 settembre 2001. Trattative per la fuoriuscita degli americani dal pantano afgano erano state già avviate dall’ex presidente Trump, come chiaro segnale della volontà USA di lasciare la patata bollente Afghanistan.

Lo scalpore maggiore è stato suscitato dal ritorno al potere dei talebani, i principali fiancheggiatori di Al Qaeda e del responsabile dell’attacco alle Torri Gemelle: Osama Bin Laden. Venti anni dopo, l’Afghanistan sembra essere ritornato ad essere una roccaforte della reazione islamica antioccidentale. Le violenti polemiche piovute sugli USA, le strazianti scene delle donne afgane e dei profughi che cercano di sfuggire alla inevitabile mannaia dell’ortodossia fanatica talebana, hanno dominato ogni social network, ogni testata giornalistica e ogni telegiornale. Sono scenari tragici, premonizioni di un futuro di regime violento sul popolo afgano, soprattutto su chi ha cercato di sfuggire il giogo dei talebani all’ombra dell’esercito statunitense. leggi tutto

Riflessioni sull'Afghanistan

Francesco Provinciali * - 13.10.2021

Direttore Prof. Caracciolo, in un editoriale per il settimanale londinese “The Economist” Henry Kissinger ha scritto che gli USA hanno fallito la lunga missione in Afghanistanperché “gli obiettivi militari sono stati troppo assoluti e irraggiungibili e quelli politici troppo astratti e sfuggevoli”. È una valutazione sintetica ma sostanzialmente esplicativa ed attendibile?

 

Credo di si, la condivido in linea di massima. Il punto sta nel fatto che gli americani sono andati in Afghanistan senza un progetto che non fosse quello di dare all’opinione pubblica americana il senso della reazione all’attacco dell’11 settembre. Tutto questo è stato deciso, tra l’altro, in una atmosfera di paura e di rabbia che certamente non ha favorito una lettura strategica dell’operazione. Risultato: gli americani sono rimasti incastrati venti anni in un Paese dove non avevano nulla da fare e lo hanno lasciato in malo modo, con un grave danno di reputazione che sicuramente dovranno scontare anche in futuro.

 

 

Indubbiamente il ritiro dei militari americani dopo venti anni di presenza logorante e – alla fin fine – inconcludente ha fatto cadere come un castello di carte un equilibrio precario che ha coinvolto la politica estera USA (ripetendogli errori commessi in Vietnam) e quella del mondo occidentale.

In particolare USA ed Europa leggi tutto