Ultimo Aggiornamento:
13 aprile 2024
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Argomenti

La presidentessa Dilma Rousseff appesa a un filo

Rafael Ruiz * - 11.07.2015

Il susseguirsi degli avvenimenti politici brasiliani ha subito un’accelerazione estrema. La Convenzione Nazionale del PT (Partido de los Trabalhadores – Partito dei Lavoratori), svoltasi nel mese scorso, non ha portato nulla di nuovo. Tantomeno si sono calmati gli animi o si sono placate le critiche contro il ministro delle finanze, Joaquim Levy, che – come visto in un articolo precedente – stava incontrando una forte opposizione da parte di molti esponenti dello stesso PT.

Di lì in poi sono diventati abituali gli annunci di nuovi sospetti di crimini di corruzione, di mazzette, di riciclaggio di denaro. Sono tutte accuse che mettono in luce le collusioni delittuose degli ultimi anni tra le maggiori imprese di costruzione civile del Paese e il Partito dei Lavoratori. Il governo e la presidentessa Dilma Rousseff si sono lamentati perché la stampa nazionale propone un’informazione selettiva, attenta solo alle irregolarità del PT e non a quelle degli altri partiti. Probabile che il lamento sia fondato, ma la verità è che queste sono le notizie veicolate dai mezzi di comunicazione. E il bilancio dell’operato della presidentessa e del suo partito è estremamente negativo. La scorsa settimana l’indice di approvazione di Dilma è sceso addirittura al 9%, senza che nessuno potesse immaginare una cifra così bassa. L’indice di disapprovazione, al contrario, supera il 75%. leggi tutto

Brasile, una battuta d’arresto.

Rafael Ruiz * - 13.06.2015

Scrivo queste righe nei giorni in cui il Partido dos Trabalhadores (PT, Partito dei Lavoratori), adesso al potere, celebra il proprio Congresso Nazionale nel pieno di una crisi profonda. Non sono pochi i membri del partito – alcuni davvero di peso e piuttosto influenti – che stanno criticando sistematicamente la presidentessa Dilma Rousseff per le misure adottate negli ultimi mesi. Alcuni sono addirittura arrivati a dire che sarebbe stato meglio non celebrare il Congresso. È stato l’ex-presidente Lula a dover affermare che agli occhi dell’opinione pubblica non si sarebbe fatta una buona figura cancellandolo o rimandandolo.  

Nell’ottobre scorso, alla vigilia delle elezioni, nessuno avrebbe pensato che si potesse arrivare a una crisi di tali proporzioni. Che cosa è successo? Questa è la domanda che tutto il Paese si sta facendo, talvolta in modo esplicito ma più spesso in silenzio. Non è facile rispondere. Certo è che le elezioni sono state vinte con un margine davvero risicato: 52% contro 48%, il risultato peggiore per un presidente nelle ultime quattro elezioni.

Quanto più ha pesato nell’opinione pubblica, senza dubbio, è il cosiddetto “scandalo della Petrobás”. Poche settimane dopo le elezioni che hanno confermato al potere la presidentessa Dilma e il PT, una delle imprese statali più grandi e dal maggior fatturato è stata coinvolta in uno degli scandali-corruzione più aspri e importanti della recente storia brasiliana. Un buon numero di direttori di imprese di costruzioni civili sono ora sotto processo – alcuni già in carcere – perché coinvolti in un sistema di tangenti destinate a riempire le casseforti del PT e di altri partiti della coalizione governativa. leggi tutto

Ne mancano quarantatré. Censura e canzoni a proposito del massacro di Ayotzinapa

Claudio Ferlan - 18.12.2014

La vicenda è nota. Lo scorso 26 settembre ottanta studenti della Escuela Normal Rural “Raul Isidro Burgos” di Ayotzinapa (stato di Guerrero, Messico meridionale) si trovavano a Iguala, capoluogo del municipio. Erano lì per una colletta, programmata per raccogliere i fondi necessari a recarsi a Città del Messico, dove avrebbero dovuto partecipare alla commemorazione del massacro di studenti avvenuto nella piazza di Tlatelolco. Era il 2 ottobre 1968. Solo dopo trent’anni la giustizia acclarò che si era trattato di un attacco premeditato, organizzato per reprimere il movimento studentesco. Torniamo al 2014. Accanto alla raccolta fondi, i ragazzi della “Burgos” avevano organizzato un’azione di protesta, volta a occupare l’area destinata a un evento istituzionale del Partito della Rivoluzione Democratica, quello del sindaco di Iguala, José Luis Abarca Velázquez. Polizia e uomini in borghese hanno reagito sparando. La violenza è proseguita fino al giorno successivo, otto persone sono morte, quarantatré studenti sono scomparsi. I media hanno parlato di caccia all’uomo. Le indagini hanno portato alla scoperta di diversi cadaveri sommariamente sepolti in fosse comuni. La confessione di alcuni arrestati ha rivelato quello che molti si aspettavano: i desaparecidos sono stati torturati e uccisi. Da chi? La stretta alleanza tra la polizia locale e i narcotrafficanti suggerisce un’inquietante leggi tutto

La verità in ritardo. L’assassinio del vescovo argentino Enrique Angelelli.

Claudio Ferlan - 08.07.2014

Se ne è scritto molto, non solo in Argentina: venerdì scorso, 4 luglio, il tribunale della città di La Rioja ha condannato all’ergastolo due ex militari, Luciano Benjamin Menéndez e Luis Fernando Estrella. Li ha riconosciuti quali mandanti (autores mediatos), dell’omicidio del vescovo di quella diocesi, Enrique Ángel Angelelli, e del ferimento di un suo assistente, il sacerdote Arturo Pinto. Si legge nel dispositivo della sentenza che i due ex-militari, stretti collaboratori del dittatore Videla sono stati “responsabili di un’azione premeditata, provocata ed eseguita nella cornice del terrorismo di Stato”. leggi tutto

L’Argentina kirchnerista. Storia di un finale annunciato

Loris Zanatta * - 24.06.2014

Sull’Argentina volano gli avvoltoi: le finanziarie che hanno rastrellato il debito argentino ancora pendente dal default del 2001 e pretendono il rimborso dovuto, hanno ottenuto ragione dalla giustizia degli Stati Uniti, che ha giurisdizione sul caso. Poco importa che il governo di Washington avesse speso qualche buona parola per il governo argentino, che nulla ha in realtà fatto per farsi amare: la giustizia ha tirato dritto per la sua strada. Come stupirsi che a Buenos Aires siano suonate campane nazionaliste? Eppure dove volano gli avvoltoi c’è odore di carogna. La verità, insomma, è che ben poco possono ormai fare simili campane per coprire il boato di un ciclo politico – quello kirchnerista – vicino al mesto tramonto leggi tutto

Il bastone e la carota

Francesco Davide Ragno * - 10.06.2014

Mancano solo due giorni all’avvio dei mondiali di calcio in Brasile e gli occhi del mondo sembrano essere ancora troppo poco interessati alle vicende sportive. I grandi media, infatti, sono attraversati da una sola, grande domanda: si ripeteranno le proteste avvenute lo scorso giugno durante la Confederations Cup Le manifestazioni del 2013, sollevate dall’aumento del prezzo del trasporto pubblico nella città di San Paolo, rapidamente sfociarono in una critica sferzante verso una classe dirigente corrotta, che sperperava, stando a quanto sosteneva la piazza, il denaro pubblico. Ed è così che negli scorsi giorni i principali organi di stampa internazionali si sono affannati a descrivere ogni forma (sia pur minima) di protesta puntando i riflettori prima sui 22mila brasiliani scesi in piazza il 15 maggio scorso in quello che era stato definito il ‘giorno di lotta contro la coppa”, poi sulla suggestiva contestazione delle comunità indigene a Brasilia e, ancora, sui poco più di 200 docenti che hanno manifestato contro la nazionale di calcio brasiliana. Numeri minimi, questi, se confrontati con quelli del giugno 2013, quando scesero in piazza circa un milione e mezzo di brasiliani. La classe media, che era stata il cuore pulsante delle manifestazioni dello scorso anno, leggi tutto

La Colombia alle urne

Francesco Davide Ragno * - 29.05.2014

Le elezioni della scorsa domenica, in Colombia, hanno emesso un verdetto: vincitori e vinti. Nonostante sia necessario un turno di ballottaggio per definire il nome del prossimo Presidente della Repubblica, i risultati elettorali hanno già fotografato una realtà politica molto più complessa di quanto i numeri e le percentuali possano riflettere. Attenendoci a questi, il candidato Óscar I. Zuluaga (del Centro Democratico, movimento legato all’ex presidente Álvaro Uribe) ha ottenuto il 29,26% dei voti, mentre Juan M. Santos (Presidente in carica) si è fermato al 25,68%.  Questi candidati, che si sono guadagnati l’accesso al secondo turno, sono incalzati dall’esponente del partito conservatore, Marta L. Ramirez, e da Clara López, candidata della sinistra, che hanno raccolto  rispettivamente poco più del 15%. Staccato di molto il candidato verde, Enrique Peñalosa, che ha ricevuto l’8,28% dei consensi. leggi tutto