Ultimo Aggiornamento:
27 marzo 2024
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Argomenti

Il Sigillum Magnum dell’Ateneo di Bologna a Ricardo Lagos

Francesco Davide Ragno * - 01.10.2016

Lo scorso 22 settembre, la Sala VIII Centenario del Rettorato dell’Università di Bologna ha ospitato la cerimonia di consegna del Sigillum Magnum a Ricardo Lagos Escobar, già Presidente della Repubblica del Cile tra il 2000 e il 2006. Un’onorificenza, quella del Sigillum Magnum, che in passatoha avuto per protagonisti personalità di primo piano negli ambiti politico e culturale (tra loro, Shimon Peres, Jacques Delors, Jean-Claude Juncker, Helmut Kohl, Romano Prodi e Umberto Eco).

Politico di lungo corso, Lagos ha iniziato il proprio cursus honorum come rappresentante cileno alla ventiseiesima Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel 1971, e alla Terza Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), svoltasi a Santiago del Cile tra aprile e maggio del 1972. Già allora, Lagos aveva avviato una brillante carriera accademica, muovendo poi i primi passi nel mondo della politica. Formatosi alla Scuola di Diritto dell’Universidad de Chile, Lagos si era trasferito negli Stati Uniti dove, nel 1966, aveva conseguito il titolo di dottore di ricerca presso il Dipartimento di Economia della Duke University. Tornato in Cile, aveva iniziato la sua carriera accademica presso la Scuola di Scienze Politiche e Amministrative dell’Universidad de Chile che avrebbe diretto per due anni, prima di passare alla Segretaria General della stessa università. leggi tutto

Pace in Colombia. Il principio di una stagione nuova

Claudio Ferlan - 17.09.2016

Fin dagli esordi del pontificato Bergoglio è stato chiaro che il ruolo della Santa Sede nelle vicende latinoamericane avrebbe assunto una marcata importanza, in particolare in situazioni particolarmente complesse come quella colombiana. Agevolato dalla diplomazia vaticana, il procedere dei negoziati di La Havana tra i rappresentanti del governo e quelli delle FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia - Ejército del Pueblo) ha effettivamente portato dei risultati concreti.

 

Le ultime tappe

 

È del 25 agosto scorso l’annuncio congiunto della chiusura delle trattative, cui ha fatto seguito il “cessate il fuoco” definitivo, dopo più di cinquant’anni di lotta armata. Contestualmente è stato definito il calendario costituzionale che definisce la fase di transizione: il 26 settembre è la data della firma ufficiale dell’accordo, mentre il 2 ottobre sarà celebrato un referendum popolare per la ratifica dell’accordo finale. Più che di un referendum, si crede, dovremmo parlare di un plebiscito, anche perché un eventuale mancata ratifica porterebbe a una poco pronosticabile (e auspicabile) riapertura dei negoziati.

Al di là di queste due fondamentali scadenze, vi sono ulteriori momenti importanti a definire la concretizzazione degli accordi di pace. Uno di questi è il ritorno alla vita pacifica di migliaia di bambini guerrieri, fino a ora “arruolati” nelle truppe delle FARC. Il percorso è iniziato lo scorso dieci settembre, leggi tutto

Dilma vs Temer: partita finita?

Rafael Ruiz * - 14.09.2016

L’ultima settimana di agosto ha definito il palcoscenico sul quale si è rappresentato il finale del dramma dell’impeachment della presidentessa Dilma Rousseff. Tutto è andato nella direzione del copione costituzionale: prima i voti della camera dei deputati per accogliere o meno la denuncia (367 voti a favore, 137 contro). In un secondo momento, è stato dopo il turno della votazione al senato, dove era necessario un minimo di 54 voti per la condanna. Questo il risultato finale: 61 voti pro impeachment e 20 contro. Dilma Rousseff è stata destituita dall’incarico di presidentessa del Brasile, al quale era stata eletta alla fine dello scorso anno. Fine della rappresentazione. Cala il sipario.

È finita? Questo è quello che sembra, almeno a chi ha assistito allo spettacolo messo in scena a Brasilia, ma in verità non pare che si possa mettere tanto presto il punto. La difesa di Dilma ha utilizzato una strategia che, al momento di scrivere queste note, non si sa quale esito potrà avere. La condanna della presidentessa, oltre alla sua destituzione, a norma di legge comporta anche la sua ineleggibilità per i prossimi otto anni. La difesa però ha domandato che si procedesse a due sessioni di voto, una per l’impeachment e l’altra per l’ineleggibilità. E nella seconda votazione Dilma è stata “perdonata”. leggi tutto

Cronaca di una morte annunciata

Rafael Ruiz * - 21.05.2016

Come ci si aspettava, Dilma Rousseff è stata sospesa dalla carica di presidente per 180 giorni, in seguito a decisione del senato federale, nell’attesa che lo stesso senato si pronunci sulle accuse a suo carico pronunciate dalla camera dei deputati. Come frequentemente ripete quella che prima era opposizione e ora è governo, si tratta di un procedimento legale e costituzionale, che, curiosamente, porta un nome inglese: impeachment.

In diritto, l’argomentazione è ineccepibile. Ma la questione non è questa. Tutto quello che è successo finora in Brasile non serve ad altro che a constatare come i meccanismi legali non siano più sufficienti a disciplinare le giocate, machiavelliche, che i politici stanno facendo. Di fatto, Dilma Rousseff è forse la più onesta e la meno colpevole tra tutti quelli che a questo gioco hanno partecipato.

Solo per dare una pallida idea di quanto affermato, basta vedere come pochi giorni dopo (in effetti è accaduto poco dopo e non molto prima, è una constatazione in più del marcio che c’è nel “Regno” del Brasile, come avrebbe tristemente detto Shakespeare) un membro del Supremo Tribunale Federale, in una decisione motivata con più di settante pagina, ha accettato la denuncia contro Eduardo Cunha, ora ex-presidente della camera dei deputati. Proprio Cunha aveva giocato un ruolo fondamentale leggi tutto

Scacco matto alla presidentessa?

Rafael Ruiz * - 23.04.2016

Domenica scorsa, 17 aprile, passerà senza dubbio alla storia del Brasile. Tutto si è fermato. la La potente rete televisiva “Globo” è riuscita persino a determinare il rinvio delle partite di calcio al sabato o al lunedì. Nulla si poteva sovrapporre alla seduta della Camera dei deputati nella quale si decideva se ammettere o meno l’impeachment contro la presidentessa Dilma Rousseff. Tutti hanno potuto seguire la seduta in qualsiasi canale televisivo (dalle 14 fino alle 23.50) o nelle principali strade delle capitali federali, dove erano stati innalzati dei maxischermi.

Il clima era quello di una finale di Coppa del Mondo. A Brasilia le “tifoserie” erano divise da un muro altro due metri, eretto nella Avenida de los Ministerios. Alla destra i favorevoli, alla sinistra i contrari. A Rio Copacabana è stata divisa in due. A San Paolo, chi era pro Dilma si è riversato nella Avenida Paulista, chi era contro nell’Anhamgabaú; due luoghi simbolo delle manifestazioni sportive e politiche.

È difficile spiegare quanto successo. Senza voler essere né cinico, né scettico, mi pare che abbiamo assistito a un pezzo di teatro, una tragicommedia, nel senso più stretto del termine. Si stava giudicando la presidentessa del Brasile, sulla quale pesavano gravi accuse di crimini fiscali. A giudicare era chiamato un presidente della Camera dei deputati, Eduardo Cunha, leggi tutto

Le idi di marzo in Brasile

Rafael Ruiz * - 17.03.2016

Quello che fino a pochissimo tempo fa sarebbe stato non solo impensabile, ma inimmaginabile, può succedere in pochissimo tempo. L’ex-presidente Lula è stato coinvolto nel processo che sta giudicando i crimini di corruzione per riciclaggio di denaro e tangenti nell’impresa statale Petrobrás.

La settimana scorsa, il giudice della causa, Sérgio Moro, ha autorizzato che Lula fosse accompagnato coercitivamente in tribunale per rendere le proprie dichiarazioni. Lula si era negato precedentemente in due occasioni, com’era suo diritto secondo il diritto brasiliano, in quanto citato come testimone. Tuttavia, dopo il rifiuto di comparire il giovedì, il giorno seguente alle sei della mattina la Polizia Federale si è presentata a casa sua e lo ha accompagnato in incognito – provvedimento motivato dal giudice con la volontà di non provocare disordine pubblico – all’aeroporto cittadino, dove è stato interrogato per tre ore.

A partire da mezzogiorno ci sono stati degli scontri in vari luoghi della città, a favore e contro l’ex-presidente e il giudice. Alcuni accendevano fuochi di artificio a favore del giudice, come nel corso delle partite di calcio, altri gridavano slogan di appoggio a Lula.

Le accuse sono serie e il fatto che Lula non abbia risposto o si sia limitato a dichiarazioni alla stampa ben poco significative non ha fatto che aumentare la tensione nella già agitata politica brasiliana. leggi tutto

Ayotzinapa. Una battaglia nella guerra dei nostri giorni

Claudio Ferlan - 25.02.2016

Nel corso del recente viaggio messicano, il papa non ha mancato di dedicare parte del suo tempo ai confratelli gesuiti. Limitato da un’agenda davvero incalzante, Bergoglio ha infatti trovato il modo di riunirsi con alcuni esponenti della squadra di governo della provincia messicana della Compagnia di Gesù. Guidati dal padre provinciale Francisco Magaña, i sei gesuiti che si sono incontrati con Francesco gli hanno consegnato una lettera scritta dai familiari dei quarantatré ragazzi di Ayotzinapa.

 

I desaparecidos

 

Il riferimento è alla vicenda datata 26 settembre 2014. In quell’occasione ottanta studenti di una scuola della città di Ayotzinapa (Messico meridionale) avevano partecipato a una manifestazione organizzata per raccogliere i fondi necessari a recarsi a Città del Messico, dove avrebbero dovuto intervenire alla commemorazione della strage di studenti avvenuto nel 1968 a Tlatelolco, un massacro premeditato, organizzato per reprimere il movimento studentesco e riconosciuto come tale solo trent’anni dopo i fatti. La rievocazione però costituiva anche l’occasione per un’azione di protesta contro il Partito della Rivoluzione Democratica e gli studenti di Ayotzinapa hanno conosciuto un destino simile a quelli di Tlatelolco. La loro manifestazione è stata repressa con violenza e crudeltà, ci sono stati molti spari, otto persone sono morte, leggi tutto

A cinquant’anni dalla morte. Camilo Torres, un prete guerrigliero simbolo di pace per la Colombia.

Claudio Ferlan - 04.02.2016

Abbiamo già ospitato su queste pagine alcune riflessioni sul processo di pace colombiano, un cammino intricato che cerca di mettere in dialogo costruttivo il governo e la guerriglia (FARC, ELN), con la mediazione della Chiesa: quella locale ma anche quella di Roma, guidata dal papa che proviene “dalla fine del mondo”. Nuovi passi sono stati fatti, passi concreti che trovano la propria forza nel valore della memoria.

 

Camilo Torres

 

Nel novembre scorso l’arcivescovo di Cali Darío de Jesús Monsalve ha sollecitato la necessità di una rivalutazione del nome di Camilo Torres Restrepo, prete guerrigliero caduto il 15 febbraio 1966. Camilo, ha evidenziato Monsalve, ha molto da dare, molto da insegnare a una Colombia che si sta muovendo sulla strada della riconciliazione, della verità e della giustizia di transizione.

Nato nel 1929 in una famiglia altolocata di Bogotá, Camilo Torres fu ordinato sacerdote nel 1952 e si spostò presto a Lovanio per studiare sociologia. Rientrato in patria, fu nominato cappellano dell’Università Nazionale, dove fu tra i protagonisti dell’apertura della prima facoltà di sociologia dell’intera America Latina. Promosse diversi progetti volti al riscatto dei settori più marginali della società colombiana, teorizzando la necessità urgente di un radicale cambiamento nell’organizzazione stessa del suo paese. L’iniziativa più rilevante fu la fondazione del Frente Unido del Pueblo (Fronte Unito del Popolo), un movimento che si opponeva alla “Grande Coalizione” di governo, leggi tutto

Brasile: patta la prima partita

Rafael Ruiz * - 28.01.2016

Il mese di dicembre scorso potrà essere ricordato come quello di una delle partite più istruttive nello scacchiere politico degli ultimi tempi. Il cimento tra la presidentessa del Paese, Dilma Rousseff, e il presidente dalla camera dei deputati, Eduardo Cunha, ha avuto nel corso del mese tanti andirivieni, tanti tira e molla, che possiamo considerarlo, almeno per il momento, terminato in parità.

Tutto sembrava far pensare che la richiesta di impeachment della presidentessa cominciasse a essere “ben ricevuto” da deputati e senatori, così come da una gran parte della popolazione. Anche il vicepresidente del Paese, Michel Temer, ha scritto una lettera privata (curiosamente trasformatasi in pubblica) alla presidentessa nella quale affermava di sapere di non avere mai avuto la piena fiducia di Dilma e di essersi reso conto di doversi staccare dal governo. A quel punto (inizio dicembre) i sondaggi d’opinione davano un indice di gradimento del governo Rousseff più basso di quello dell’inflazione, che risulta essere del 10% mensile.

Allo stesso tempo, si è aperto un procedimento contro il presidente della camera per evasione di imposte, conti segreti all’estero e riciclaggio di denaro. Mentre la Svizzera informava che c’erano uno, due, tre o forse più conti in banche locali, ha preso il via, nel mondo politico brasiliano come nelle strade, un movimento che chiede le dimissioni di Cunha da presidente della camera. leggi tutto

L’equilibrio di poteri in Brasile

Rafael Ruiz * - 29.10.2015

Di certo quando Montesquieu scrisse sull’equilibrio dei poteri non avrebbe mai pensato che si potesse arrivare all’attuale situazione politica brasiliana. Siamo di fronte a un equilibrio “sui generis” che nella stampa scritta e in quella digitale così come nell’opinione popolare si può riassumere così: se la presidentessa del Paese non cade, tantomeno cadrà il presidente della Camera dei deputati. E se cade uno dei due, lo stesso capiterà anche all’altro.

Come si è arrivati a questo singolare equilibrio? I fatti, arrivati a questo punto, sono la cosa meno importante. E nessuno sembra effettivamente voler sapere se è andata davvero così oppure no. Ora la cosa importante è mantenere il potere, per l’uno come per l’altra. Anche se le cose non stanno proprio in questo modo, purtroppo tali sembrano, visto lo sviluppo della tragicommedia politica degli ultimi mesi.

Proverò qui, nonostante tutto, a riassumere nella miglior maniera possibile “i fatti”. Tutto ha iniziato a mostrarsi in una strana tonalità, una specie di grigio scolorito, quando il relatore del Tribunale de Cuentas de la Unión (TCU, la Corte dei Conti brasiliana), lui che dovrebbe effettivamente essere imparziale nei giudizi, ha informato la stampa del suo verdetto finale: la mancata approvazione del bilancio presentato dal governo di Dilma Rousseff con riferimento al mandato precedente. leggi tutto